GUGLIELMO GIGLIOTTI critico d’arte

GUGLIELMO GIGLIOTTI critico d’arte

Per Pitti l’opera non nasce, esplode... Pitti, ovvero segno, materia e luce Non esiste il modo più efficace di evidenziare la vitalità di un universo linguistico che l’esaltarne l’intera libertà dialettica che la compone. L’„Espansionismo“ nasce per questo. L’arte „astratta“ anche quando è „figurativa“ perché, per dirla con il Fielder, principio scopo dell’attività artistica è la creazione delle forme il cui unico fine è la visione, come per la musica è l’ascolto. L’arte non è la natura, e neanche la sua copia. Come non esiste Arte Figurativa, quindi non esiste in fondo neanche Arte Astratta (del latino ab-trahere, togliere via), ma solo uno specifico autonomo, con le sue regole e le sue infinite varianti fenomenologiche. Pitti trova rappresentazione nella produzione dell’arte Espansionismo. Pitti ha fatto del macrosegno il perno della propria poetica. Un macrosegno che si pone tuttavia agli antipodi, per farsi veicolo di un vitalismo espressivo ed espressionistico che trova ancoraggio storico e stilistico nella più radicali manifestazioni dell’informale lirico. Per Pitti l’opera non nasce, esplode. È la tela non è più solo campo, ma bersaglio. Bersaglio il cui centro è ovunque, perché la gestualità imperiosa è sostanza dilagante, capace di vibrare anche dove non lascia fluente traccia. La questione è che in Pitti il dipingo „ergo sum“ non assume valori traslatamente letterari e allusivi, ma si fa cocente e diretta testimonianza di un „esserci“ totalizzante e repertorio. Sulla tela al momento della creazione, vengono così a rovesciarsi, indistintamente fuse nello stesso gesto, tanto le certezze e la paura del vivere, quando gli slanci e le fragilità dell’intimo. Una pennellata larga, a scia, riversa nel bianco della tela serpentoni di colore blu, ocra, nero o porpora, che scuotono il piano con flussi energetici ad andamento quanto sussultorio, quanto oscillatorio. È un terremoto che segue impetuosamente un prima e un dopo, cui partecipa tutto il corpo, coinvolto in una danza che mette in contatto l’occhio con l’articolazione della spalla, sotto la vigile regia dell’io più profondo. E sono le pulsioni di quell’io che senza eccessive mediazioni, prorompono in forma di dramma pittorico – gestuale, non dissimulando l’edonismo spettacolarizzante di un atto che si fa teatralizzazione di se...