Alessandro Rizzo. Rivista-passparnous-xv-numero (on line)

Alejandro De Luna non può, come pittore, essere separato dal contesto poetico, che è componente sua propria: qualcuno diceva, Ugo Foscolo precisamente, che questa arte, quella poetica, è summa di tutte le arti, le espressioni artistiche ed estetiche, in quanto raccoglieva su di sé la forza musicale della parola, la sua portata significativa e, infine, la capacità evocativa e, quindi, immaginifica, che sprigiona da essa. In Alejandro De Luna questo “insegnamento” è stato fatto proprio: l’autore, madrileno, insegnante di storia dell’ar- te al liceo artistico di Brera e professore liceale di spagnolo, madrelingua, è anche poeta e ha voluto unire in una sintesi estetica unica l’universalità dei due messaggi, quello visivo, pittorico, e quello della parola, che diventa significante. Ma a narrare la valenza lirica dei versi e la capacità figurativa che da essi sprigionano, sono gli stessi poeti che Alejandro ritrae molto spesso, e che riportano le pieghe esistenziali, quindi di alta valenza narrativa e poetica, della propria personalità, del proprio sguardo, della dinamica del proprio corpo. Il gioco lirico, così possiamo chiamare il connubio tra poesia e arte visiva ritrattistica, diventa mutazione continua di stile e di espres-sività, tecnica e composizione, nelle opere di Alejandro De Luna: una continua sensazione di esplorazione si comprende nella sua produzione, che nasce anche dalla constatazione del suo ope- rare, spesso, in seduta stante, ossia creare l’opera d’arte immediatamente, nello stesso istante in cui riceve quell’ispirazione che proviene dal viso di una persona, dalla sua espressione, dalla sua ma- nifestazione di personalità. Legge, ci legge, e inter-preta, ci interpreta, secondo una sua ottica, ed è qui la sua originalità e autonomia autorevole, che lo porta a evidenziare la consapevolezza nella sua pittura e, allo stesso tempo, uscendo fuori dal manierismo formale di stampo accademico. La persona, il poeta, visto, spesso, come persona ai limiti della società, non com- presa facilmente, quasi visionario onirico di momenti di aulica scrittura, è la centralità di un soggetto che si percepisce come filo conduttore in una sua collezione, in mostra presso la Galleria Artecultura di Milano, si titola proprio I volti della poesia - l’immagine dell’anima. È il lato personale dell’artista che si evidenzia, lasciando, però, libera l’interpretazione allo spettatore: un punto di vista soggettivo, che si percepisce chiaramente nella medesima composizione dell’opera, spesso frammezzata da versi poetici, da lui stesso composti o dei poeti rappresentati, che non sviliscono la portata del messaggio estetico ma, anzi, ne corroborano la portata, il significante appunto, che non invade la contemplazione dello spettatore, ma che avvalora un percorso esistenziale che va oltre al dato fisico, quindi tangibile, del ritratto in se. I ritratti di Alejandro De Luna indagano, scandagliano, si inoltrano nelle pieghe dell’animo umano: l’istante viene immortalato a colpi di pennello, per donare, anche con il contributo di un uso sapiente e calibrato, contestualizzato, del colore e delle tinte cromatiche, quella capacità penetrativa dello sguardo che si spinge oltre al reale per accedere all’iperreale, a volte surreale, spesso intimismo del raffigurato. È un’indagine psicologica di un interprete che riesce a tradurre nell’alfabeto delle figure e dei colori l’aspetto psicologico e personale del carattere del ritratto: con decisione, determinatezza e fermezza le tinte, che si esplicano sul quadro e, quasi, raccolgono e colgono in un abbraccio la figura rappresentata e ritratta, danno maggiore significante a quella poetica dell’opera, vera indagine interiore. Non possiamo attribuire ad Alejandro una particolare appartenenza a una corrente artistica determinata: sarebbe come ridurre a un’unica scuola un tripudio estetico e compositivo che si ciba e si nutre di eredità di correnti diverse, il cubismo e l’impronta picassiana che si legge nel dare alla figura un movimento, uscendo da quella fissità e staticità, che tanto ritrattismo di maniera ci ha regalato e donato. Sembra, quasi, che la figura si sposti dal quadro, ne esca fuori, dato che il momento in cui opera Alejandro è quello di azione del raffigurato. L’intimismo ci porta, quindi, in un surrealismo, iperrealismo possiamo dire, dove il concetto è lo stato e la lettura dell’animo umano, la personalità del rappresentato. Il virtuosismo, che si accende di quella particolarità tipica di essere sperimentale, porta Alejandro a verificare sempre nuove strade estetiche e contenutistiche, esprimendo attraverso diverse tecniche, l’autore non è mai soddisfatto del punto raggiunto, dall’acrilico all’olio, dal carboncino alla matita, anche la china a volte, la capacità di saper comunque tradurre in modo quasi naturale e diretto il viso, la sua espressività e, infine, il corpo, la fisicità, dandogli una configurazione quasi plastica, viva, pulsante. Si può ritrovare nelle opere di Alejandro una certa influenza onirica, molti ritratti respirano di quell’es-pressionismo che porta a reinterpretare la realtà sotto gli occhi, quasi visionari, dell’autore, che si immerge in una continua ricerca senza steccati e senza confini, facendo anche delle scelte stilistiche e contenutistiche chiare e personali, apprezzabile questo lato: l’artista assume un “ruolo intermedio”, quasi ponte inter-pretativo, tra una realtà oggettiva e la comunicazione di idee, sentimenti, emozioni che si autoalimentano attraverso quelle linee dei volti e dei corpi che offrono una loro tendenza narrativa, vivendo una citazione dei paesaggi di un Van Gogh o dei suoi ritratti, così come dei soggetti immortalati da un Gauguin, così come quel colore e quelle tinte, che sono stru- menti per meglio incidere nella coscienza dello spettatore. Non possiamo attribuire ad Alejandro una particolare appartenenza a una corrente artistica determinata: sarebbe come ridurre a un’unica scuola un tripudio estetico e compositivo che si ciba e si nutre di eredità di correnti diverse, il cubismo e l’impronta picassiana che che si legge nel dare alla figura un movimento, uscendo da quella fissità e staticità, che tanto ritrattismo di maniera ci ha regalato e donato. Sembra, quasi, che la figura si sposti dal quadro, ne esca fuori, dato che il momento in cui opera Alejandro è quello di azione del raffigurato. L’intimismo ci porta, quindi, in un surrealismo, iperrealismo possiamo dire, dove il concetto è lo stato e la lettura dell’animo umano, la personalità del rappresentato. Il virtuosismo, che si accende di quella particolarità tipica di essere sperimentale, porta Alejandro a verificare sempre nuove strade estetiche e contenutistiche, esprimendo attraverso diverse tecniche, l’autore non è mai soddisfatto del punto raggiunto, dall’acrilico all’olio, dal carboncino alla matita, anche la china a volte, la capacità di saper comunque tradurre in modo quasi naturale e diretto il viso, la sua espressività e, infine, il corpo, la fisicità, dandogli una configurazione quasi plastica, viva, pulsante.  Si può ritrovare nelle opere di Alejandro una certa influenza onirica, molti ritratti respirano di quell’es-pressionismo che porta a reinterpretare la realtà sotto gli occhi, quasi visionari, dell’autore, che si immerge in una continua ricerca senza steccati e senza confini, facendo anche delle scelte stilistiche e contenutistiche chiare e personali, apprezzabile questo lato: l’artista assume un “ruolo intermedio”, quasi ponte inter-pretativo, tra una realtà oggettiva e la comunicazione di idee, sentimenti, emozioni che si autoalimentano attraverso quelle linee dei volti e dei corpi che offrono una loro tendenza narrativa, vivendo una citazione dei paesaggi di un Van Gogh o dei suoi ritratti, così come dei soggetti immortalati da un Gauguin, così come quel colore e quelle tinte, che sono stru- menti per meglio incidere nella coscienza dello spettatore. Alessandro Rizzo