Carlo Lapucci
Un’attenzione spontanea ha accompagnato da sempre Alessio Bandini verso le varie forme artistiche, privilegiando quelle d’immagine, pittura e scultura con una spiccata sensibilità verso il cinema e le espressioni a questo vicine.
Possiamo considerare tale «periodo di latenza» una preparazione remota, ma attiva, alla decisione di dedicarsi alla pittura, inizialmente in forma estemporanea, poi con metodo e studio. La lunga riflessione anteriore spiega i risultati ottenuti in un breve periodo di tempo con affermazioni e consensi fin dalle prime esposizioni.
Dall'opera che qui presenta si può individuare una linea di quanto, in uno stile che va facendosi sempre più proprio e definito, Bandini abbia percepito il nostro tempo in una sintesi tanto essenziale quanto feconda di ulteriori sviluppi capaci di suscitare vitali emozioni.
La figura di riferimento che s’impone è quella di Blake nel versante della sua attualità: ci riferiamo ai corpi nella gloria del movimento, librati fuori della gravità, nella libertà assoluta, condizione delle divinità antiche, fuori della prigione corporea. La forma umana, spogliata della sua gravità, assume una bellezza ideale d’altra dimensione, che non ha quando la materia la spinge al suolo.
Il suggerimento può sfiorare appena il volo spaziale, ma passa subito alle figure alate che rimandano all'angelo creando una visione bifronte di forza che oltrepassa l’umano e le leggi naturali, evocando il dramma cosmico, l’autoesaltazione che spinge tanto gli angeli ribelli che Icaro a sentirsi entità assolute, precipitando poi nell'immancabile rovina, fonte anche questa di bellezza e di mistero.
Pare questo il paradigma, credo inconscio, con cui nell'opera Bandini coglie il dramma dell’essere in questo tempo, avvertendone la spinta travolgente verso l’incondizionata libertà, promessa dalle favolose realizzazioni della nostra epoca, espressa dalla magia della velocità, del movimento in volo, con la totale esplicazione della bellezza. Al tempo stesso ne avverte il rischio e l’orrore della rovina e dell’abisso. Di queste due condizioni il mitico anello di congiunzione è Icaro, ovvero ciò che è insito nella natura umana, la temerarietà ingenerata dalla fallace sicurezza e quindi dalla violazione e dallo scardinamento del limite.
Questa visione, duale e unitaria, governa nella pittura la percezione della realtà contemporanea nelle sue principali manifestazioni e tutto viene tradotto esteticamente in un volo fascinoso di angeliche farfalle umane, già quasi fuori del tempo e dello spazio.
Altrettanto forse sarà da dire di fronte ad altri documenti di soggetti in cui la materia si presenta come apparente abisso immobile da navigare. Sarà, e lo auguriamo a Bandini, un’altra avventura nella scoperta d’un altro frammento della verità fantastica del Cosmo; sarà per noi un viaggio nell'opera d’un pittore in gran parte ancora da scoprire.
Presentazione della personale di Alessio Bandini "Onirica", Firenze, Aprile 2015