Prof. Alberto D'Atanasio - Docente di Storia dell’Arte, discipline pittoriche e Semiologia dei linguaggi non verbali, curatore e critico d'arte.

Andreas McMuller

Andreas McMuller  è il nome d’arte di Andrea Centrone, ma dopo aver conosciuto prima le sue opere e poi l’uomo ho capito che il suo nome d’arte era quello giusto.

A volte sono i nomi a scegliere la persona perché diventi personaggio, perché la maschera non celi ma riveli piuttosto il vero volto, il senso di una esistenza. È stato lo pseudonimo, per una particolare congettura che Carl Gustav Jung chiamava “sincronicità “, a scegliere l’uomo e a sottolineare maggiormente la vocazione a vivere per l’arte e a permettere alle opere di dare un senso al vivere.

Andreas McMuller Nasce a Verona nel dicembre del 1966 ma il suo atelier dove inventa le sue opere è a Cadelbosco (RE) Italia.

A sette anni che con una Rolleiflex scatta la sua prima immagine fotografica. Un bimbo che però aveva già compreso la differenza tra il guardare e il vedere, un bimbo che ha saputo far tesoro degli insegnamenti dei familiari. Una famiglia composita, particolare che fu fondamentale perché maturassero quelle conoscenze che con gli anni trasmutarono in competenze, attitudini, talento che si evidenzia tutt’ora nella sua cifra stilistica.

Dalla nonna austriaca ha appreso la precisione e l’ordine, dalla vita in Puglia ha imparato la consapevolezza della giovialità e dell’allegria, dalla zia altoatesina la capacità di cogliere il bello in ogni cosa, dalla più piccola all’immensità, dalla mamma veronese ha avuto in dono la creatività.

Nel 1991 con una Nikon F3 effettua la sua prima foto per lavoro. Da allora fino al 2001 alterna la fotografia di reporter per lavoro a scatti per “vocazione creativa”.

Nel 2012 un quadro di Monet esposto nella mostra genovese “Da Gauguin a Van Gogh”, gli apre nuovi scenari e riflessioni che aprirono un nuovo percorso artistico. un percorso che Andreas ha visitato con l’anima e gli permette di riconoscere ancora meglio gli archetipi che fino ad allora lo hanno formato e chiamato ad esprimere per immagini al sua poesia.

Studia, ricerca, medita ed esegue elaborazioni di notevole importanza artistica.

È in questo periodo che in occasione di esposizioni nazionali e internazionali riceve riconoscimenti e premi.

Il suo fare arte è vera ricerca del soggetto che con la luce si rivela nello spazio.

Lo spazio che costruisce non si percepisce con la ragione, non servono né ascisse né ordinate, è uno spazio che sa di universo, di pensieri sconfinati. In questo spazio il buio non è assenza di luce, ma luogo dove la forma trattenendo la luminosità rivela la conoscenza di un pensiero che si identifica nel soggetto.

È in questo spazio scuro che la luce si rivela illuminando la forma. L’ombra non è coscienza, non è oscura presenza della materia che si oppone all’immaterialità luminosa. Nell’opera la poetica di Andrea McMuller si rivela nei dettagli e nell’insieme, è come se, con lo scatto fotografico, avesse soltanto scoperto qualcosa che era già, era lì presente e viva nella materia. Nell’immanenza l’artista ha solo rilevato l’oggetto illuminandolo in modo che la percezione diventi dialogo, comunicazione. Andreas McMuller fissa l’incanto e lo fa divenire presenza reale, ricordo, poesia.

Le opere di Andreas non sono soltanto immagini e rappresentazioni di un femminile che esprime bellezza indicibile, ogni sua opera diviene piuttosto la genesi di una ricerca che prosegue, continua oltre la figura. Ciò che lui vuol rappresentare è una sorta di varco, un ponte che congiunge l’immagine alla figura immaginata. Ogni sua opera ha in se la forza di una vera e propria evocazione.

Tutte le immagini che Andreas studia, pubblica ed espone portano l’osservatore a perdersi nello spazio ed è proprio in questo smarrimento che si ha la possibilità di riscoprire una nuova razionalità. È l’essenza neoplatonica che ha costituito l’Estetica del Buonarroti.

Dopo averci disorientati le sue figure ci portano ad un’isola, ci permettono un approdo proprio in quella forma in cui Afrodite, trovò manifestazione.

Ogni sua opera è la ricerca di quel femminile, essenza della dea che dal Caos originario, dal nero primigenio, creò il Cosmo, la Summa Bellezza.

La fotografia, per Andreas, diviene strumento attraverso il quale egli dà figurazione ai sentimenti, quali la voluttà, la passione, rivive quel ragazzo che scalpita dentro di lui e che non sente né il peso, né il vincolo dei tempi e delle età.

Lo studio di Andreas attinge e fa parte di quella ricerca che nella prima metà del Seicento fu l’Estetica caravaggesca. Il buio e l’oscurità diventano entità necessarie affinché la luce si manifesti, dando forma a quel contrasto che permette di figurare la Veritas.

Ecco perché le sue immagini trattengono la luce e fanno in modo che riveli, apra un varco verso la vera conoscenza.

Ecco perché Caravaggio diventa la fonte primaria per leggere il fare arte di Andreas. Egli ferma il tempo in maniera assoluta, usando ciò che è Veritas, evidente materia, carne. Ed è così che la materia assume le connotazione luminose e teologiche della Lux. La Veritas quindi è nuda, non perché il nudo sia più bello, quanto perché esso è sacro, così come viene rappresentato nella figura a destra nel dipinto di Tiziano Amor sacro e amor profano.

Il nudo è sacro, permette l’unione di due entità assolute e contrastanti: la trascendenza e l’immanenza.

Soltanto l’artista sa e può creare un nuovo equilibrio da ciò che è in opposizione e in conflitto. Il contrasto nell’arte di Andreas McMuller diventa armonia, melodia, grazia e apre la via per uno spazio in cui l’osservatore si perde, riscopre il gusto di emozionarsi, di provare sentimenti, naufraga in quel mare unico, infinito che permette di ritrovarsi.

Prof. Alberto D’Atanasio