Prof. Alfio Coccia
Anche il privilegio d?essere nato in terra trevigiana ha certamente avuto il suo peso nella vocazione e nella formazione istintiva di Aurelio Villanova.
Non a caso la sua pittura si caratterizza con pitture calde, innervate da toni scuri diversamente svuotati. Un modo di trascrizione sensuale che al momento in cui diventa fatto struttivo e anima delle cose, assume una veloce vibratilità. Siamo di fronte alle ultime propaggini di un post-impressionismo attento alla verità oggettiva, ma capace di mantenerla in costante contatto con sottili scoperte liriche, illuminandole col fremito di una luce che, sulle diverse intensità del suo modo di premere sotto il tessuto pittorico, dà, allo scenario naturale e agli oggetti più semplici, una incandescenza mutevole, ma partecipante comunque dello stesso fuoco fantastico. Anche a non condividere totalmente gli accenni compiaciuti e ambiziosi di chi osa parlare di una cromia in cui si sente la tradizione della grande pittura veneta, è certo che il discorso pittorico di Aurelio Villanova è ricco, i suoni della tavolozza sono radicati e profondi e nella sua aggressione del vero c?è un impeto che annulla ogni fermo pleonastico, sul piano di una sintesi balzante dalla narrazione delle cose alla scoperta della loro vitalità poetica.
Talvolta tuttavia i riflessi di intorbidano.
Me è l?intorbidarsi di una sensualità autentica e inarginata che si specchia nel suo gesto di possesso.
C?è un rapporto costante fra la conquista del tema e la trascrizione delle sensazioni convergenti nella contemporanea creazione dello spazio pittorico.
E? così che gli accade di istituire un valore spontaneo di successione diretta fra l?improvvisa prospettiva e l?ampia esauriente realtà visuale, quando la stenografia diventa rabesco e la sintesi nasce dalle misure musicali di una diversa ma concorrete partecipazione, ugualmente sollecitata da un istinto vitalissimo: l?immaginazione e la memoria.
Né la fantasia cancella mai la realtà, così come non avviene mai che la velocità della scrittura ottenebri l?innato senso della eleganza formale, che è un risultato connaturato al modo stesso che egli ha di condurre il pennello sciabolando le calde vampate del colore.
Tutto questo conduce ad una ridondanza barocca, meno avvertibile nei ritratti dove domina un desiderio ben preciso e scoperto che è quello di arrivare all?essenza della forma riducendo al minimo le notazioni descrittivistiche e tenendo alla solidità della costruzione più che alle sapienze dei giochi luministici, dai quali è tuttavia sempre affascinato e che finiscono per rifugiarsi nell?ambiente in cui la figura si incornicia.
Qui l?esplosione è quella di un temperamento conscio della sua piena terrestrità, mentre il paesaggio modula motivi romantici appena accennati in un linguaggio fatto di colori folti e densi.