Eliana Del Prete

In uno spazio surreale, nella paradossale immobilità di un tempo che scorre inesorabile, Bruno rivede e rivive, con occhi nuovi e con nuova sensibilità, l’arte dei maestri del passato. Dimensioni sconosciute riaffiorano sulla nuda tela come retaggio metafisico dechirichiano, in cui vuote e improbabili architetture ed esasperate prospettive, simboleggiano un profondo senso di solitudine e di alienazione dell’essere umano. Sparute figure di omini –quasi accennate pur nella loro completezza – ingaggiano una utopisticamente lotta contro il tempo. L’Artista ripercorre, attraverso sapienti giochi di linee e colori, le forme astratte delle arti non figurative del secolo scorso, riproponendole in una visione del tutto personale; in una ricerca interiore dell’autore in cui spesso l’elemento sacro è fulcro e motore dell’intera opera. Accade allora che oggetti e personaggi, che nelle opere di De Chirico non sembrano trovare nessuna collocazione spiegabile, qui diventano simboli altamente “leggibili”. Non più uomini o manichini in primo piano; cambia il contesto e con esso il messaggio. Le opere di Bruno, nella loro singolarità, rappresentano un passaggio tra l’antico e il nuovo; un ponte virtuale che abbraccia l’essere umano dalla creazione dell’Universo al sofisticato mondo moderno La “qualità” pittorica di Bruno arriva, quindi, da lontano; essa perviene dalla conoscenza e dalla capacità di assimilare e riproporre in chiave moderna la grande cultura artistica dei maestri del passato La sua genialità consiste appunto nel non dimenticare la storia, ma raccontarla assecondando una modernità che ci appartiene. Nella geniale interpretazione pittorica del maestro napoletano non mancano, inoltre, chiari riferimenti alle opere fiamminghe. Di Hieronymus Bosch egli coglie infatti il sentimento del “conflitto cosmico” e le sue figure esili, svuotate di ogni peso e forma, sono astratte dal contesto caotico e fantastico, pur conservando quella chiave di lettura simbolico-psicologica.