Daniele Radini Tedeschi
La produzione di Carla Pugliano cela una minuziosa analisi “warburghiana” della storia artistica rapportata alla contemporaneità. Le tele sono connotate da una ripresa filologica dove a simboli più conclamati come il teschio e la bilancia (in Vanitas) si uniscono volatili -iconici della libertà- con strette catene di lontana memoria (in Lost freedom) per poi arrivare a una nuova grammatica segnica (in Sublimazione) in cui la pulsione sessuale, visivamente rappresentata dal corpo nudo della donna, viene imbrigliata in un eterno cerchio, poiché freudianamente impossibile da reprimere. In un indefesso soppesare di tecnica e creatività, l’arte di Pugliano trae linfa da maestri di ogni nazionalità sorvolando il preraffaellismo (con Incanto) per guadagnare riprese più ecdotiche (basti guardare Consapevolezza o La ragazza con la chitarra). Se in queste ultime si legge un accostamento alla tavolozza di Renoir, in altre, invece, fondali realistici sono caratterizzati da veloci tocchi di colore (Incanto) o lirici (Lacrimosa) fino a giungere ad energiche spatolate (Aquarius) dove la figura viene esaltata, o a rapide pennellate (Lost thoughts) volte a dar forza al primo piano, dacché qui lo sfondo si inabissa per far emergere il femmineo viso cogitabondo. Tra le pieghe di sapienti panneggi si riconosce un’attenzione anatomica alle membra, solcate da protuberanti costole e vertebre, giammai rappresentazioni meramente virtuosistiche, bensì riflessione dei tumulti interiori dei soggetti. I corpi appaiono contratti o distesi, visuali proiezioni della psiche. Scorrono dinanzi all’osservatore ritratti estatici (Angel) o in conflitto con l’Es (Armonia degli opposti), ripiegati su se stessi in protettive pose (Il giudizio e Resilienza). Spirito umano e al contempo panico, i personaggi si fondono con gli elementi naturali riflettendo le proprie tribolazioni (Blood flowers) laddove persino le nature morte talvolta divengono compagne del pessimismo cosmico, latrici di umani patimenti. In tutta la produzione le figure non appaiono mai completamente di schiena; talvolta si ricorre al profilo, sino a giungere a drammatiche riprese frontali nelle quali un affranto volto fanciullesco, segnato da sofferenze (si veda Innocenti fragilità), è alla perpetua ricerca di sogni e speranze. Perché in fondo l’artista tesse una storia d’amore col colore e a lei più che interessare la scena, la vicenda o il soggetto preme trattare la solitudine, l’abbandono, la mestizia. Dipingere allora diviene un viaggio nei sentimenti più profondi dove Pugliano lascia di sé quelle tracce più intime, dando agli altri il rumore dei suoi passi e le sue paure.
(Daniele Radini Tedeschi).