A l b e r t o A l t a m u r a
C A R M E N M A N C O : I L C O R P O, I L M I T O, I S I M B O L I…
A un’attenta analisi della società contemporanea non sfugge un dato inquietante: il corpo viene considerato uno dei miti per eccellenza, mentre la mente sembra essere stata congedata! In questo privilegiare la forma rispetto al contenuto, l’apparire rispetto all’essere, la dimensione umana sembra essersi smarrita nel caos dei modelli preconfezionati dalla spietata logica consumistica che le tiene testa e le fa, per molti versi, da padrona.
Carmen Manco, con la sua arte, indaga tale dimensione ripercorrendo i luoghi e i tempi della cultura, alla ricerca di un confronto epocale che possa far riflettere sull’esperienza del “corpo oltre la mente” , viaggiando nella direzione della mitologia.
La sua attività artistica si rivela dunque in palese armonia con l’esigenza di esprimersi privilegiando la figura umana , da sempre molto enigmatica e che non si finisce mai di esplorare. Proiettandosi nel mondo del mito di ascendenza classica e biblica, mette al centro della sua indagine l’elemento femminile, caricandolo di segni e di simboli. Nello specifico, la scelta tematica cade sulla nudità, intorno alla quale ruotano l’analisi e la ricerca stilistica. Bisogna subito rilevare che tale scelta, si pone al servizio di un’arte che fa del corpo il teatro dell’anima. Cosicché, l’artista scandaglia il versante biblico, coinvolgente e ricco di richiami e realizza opere di indubbio impatto visivo ed emotivo.
La tela : “Nell’ Eden”, ci mostra Eva nell’atto in cui medita davanti alla mela, affranta e pentita del peccato commesso. La sua nudità non è causa di una vergogna riferita esclusivamente al corpo ma esprime la condizione dell’anima ormai distante dal suo Creatore. In sostanza, Eva dopo aver mangiato il frutto proibito perde la certezza originaria dell’ “ immagine di Dio” espressa nel suo corpo.
Sul versante della connotazione mistica del nudo, l’autrice ritaglia un giusto spazio a figure angeliche, intermediarie tra Dio e l’uomo, che fanno quasi da pendant a Eva e sottolineano il tema della fedeltà e dell’obbedienza. In esse, la condizione della nudità viene impiegata per rappresentare l’essere puramente spirituale ed intellettuale, l’essere ultraterreno.
Molto interessanti le tele in cui domina il tema del ‘bagno’ come momento della rivelazione della nudità che agisce sull’istinto incontrollato. La vergogna dell’osservato innesca la colpa del voyeur che viene inevitabilmente punito per essersi appropriato di una intimità non concessa. La donna, nello splendore delle sue forme, diventa oggetto del desiderio: si vedano le tele, davvero intense, dedicate a Betsabea e Susanna, due episodi salienti della Bibbia. “Betsabea al bagno”, suscita, come si sa, con la sua bellezza gli appetiti di Davide e alla fine, sia pur con l’inganno, capitola, mentre Susanna suscita la passione dei vecchioni (che si intravedono sullo sfondo), restando però fedele ai suoi principi (la fedeltà è simboleggiata dalla presenza, in basso, dei limoni) e riuscendo, con l’aiuto di Daniele, a far condannare i vecchi libidinosi.
Il riscatto della nudità come espressione di una identità specifica aliena da qualsiasi elucubrazione di ‘domino’, si gioca nel pantheon classico, quando
la figura femminile, incarna il ‘principio della vita’ : si pensi per un istante a Gea, la madre-terra di ascendenza mediterranea, nata dal Caos, madre degli uomini e della stirpe divina.
In una bella tela, dai colori fusi e terrosi, l’autrice rappresenta il dipanarsi della figura di Gea dal caos indistinto e primordiale, proprio nel momento in cui va assumendo le proprie forme e la propria identità. Tuttavia, anche nella mitologia classica, l’esperienza del corpo nudo va oltre la mente,nel momento in cui conduce alla trasgressione che diventa dominio sull’altro. E’ la volta di “Artemide al bagno”, il famoso mito di Atteone , scoperto dalla dea mentre la guardava, trasformato in cervo e sbranato dai suoi cani. La dea è piegata sulle ginocchia, quasi a nascondere la sua nudità e rivolge uno sguardo attonito e sorpreso al giovane, attratto dalla sua bellezza. La qualità dell’opera è tutta nella forza dello sguardo reso con plastica evidenza.
Afrodite nata dal mare è un motivo variamente trattato sia in poesia che in arte (e gli esempi potrebbero essere innumerevoli); l’artista è riuscita a darle un tocco personale, vorrei dire di dolcezza, presentando la dea dormiente, distesa su un fianco tra le onde del mare e associata a quegli elementi decorativi che la rendono subito riconoscibile. La sua nudità si pone non già come idea di perfezione o vanità , tanto meno come archetipo che evoca volgari appetiti , bensì come simbolo della bellezza nella sua unicità e dell’amore civilizzatore, come energia della natura.
Tra le altre, una parola merita “La metamorfosi di Aretusa che per caratteristiche formali e stilistiche richiama senz’altro la figura di Gea, ma in più c’è in questo caso un qualcosa di incòndito e magmatico. Aretusa, come racconta il mito, fu trasformata in fonte da Artemide per sfuggire alla passione e alle mire di Alfeo, figlio del dio Oceano, riparando nell’isola Ortigia.
Completano questa sezione alcune opere, di squisita fattura, dedicate alle ninfe Esperidi, a Galatea, a Teti e ad alcune Driadi. Le ninfe erano considerate forze elementari della natura e la loro bellezza fisica è simbolo di virtù morale e spirituale.
Con la tela “Dedicato ad Ermione” l’artista, ispirandosi alla donna del D’Annunzio, approda nel mondo moderno e avvalora la nudità inebriata dalla melodia della natura, la bellezza del corpo che si esprime nell’universo delle emozioni e dei sentimenti. Di contro “Nel sogno”, raffigurante un nudo di donna matura che riposa, la bellezza del corpo rimanda all’ inesorabile scorrere del tempo e pertanto a quella caducità, da sempre temuta e demonizzata, alla quale tuttavia nessuno può sottrarsi.
L’incanto del corpo nudo restituito alla sua aurea connotazione di principio della vita, spinge l’artista a dipingere tele dedicate alla maternità che intitola “Sublime contatto” per sottolineare il legame viscerale tra madre e figlio, quasi la prosecuzione di quello prenatale, in sequenze delicate e avvolgenti : il bambino fra le braccia della mamma, che succhia il latte dal seno, che dorme sicuro e beato.
Tutta l’analisi pittorica si completa con i paesaggi: un ritorno alla terra, al creato, a un ‘ Eden’ che si configura, nella sua nudità, come l’incantevole palcoscenico dove si gioca la grande partita dell’essere e del suo divenire.
Se c’è un aspetto importante da sottolineare in questo ciclo pittorico è senz’altro la sua unità sia sul piano tematico che su quello stilistico e formale.
In Carmen Manco la rappresentazione del nudo sembra continuare la tradizione figurativa di età classica, rinascimentale e neoclassica, ma nello stesso tempo si arricchisce di nuovi significati e di una stesura attuale che si avvale dell’uso accorto dei materiali per illustrare il senso della sua ricerca.
Carmen Manco ha raggiunto ormai una sua maturità, che le consente di trattare la materia con sicurezza ed eleganza . Come ho osservato altrove, la sua è una pittura colta, ricca di richiami e di simboli ora espliciti ora sottesi al racconto. L’artista, lungi dal rappresentare i soggetti con distaccata perizia, si cala in essi facendoli rivivere grazie ad una composizione attenta e ad una pennellata sfumata e vaporosa. I vari personaggi, infatti, risentono della sensibilità propria di un’artista moderna che rivisita il passato e il presente, versandovi i frutti della nostra inquietudine e precarietà esistenziale.
Sul piano squisitamente formale, devo rilevare in Carmen Manco una felice fusione tra l’antico e il moderno, tra tradizione figurativa e ricerca artistica, per non dire della ‘scrittura’, che appare tributaria della lezione delle correnti moderne, sia pur utilizzata con equilibrio e vigile senso della misura, ed è comunque finalizzata ad una propria originale linea di ricerca.
A un’attenta analisi della società contemporanea non sfugge un dato inquietante: il corpo viene considerato uno dei miti per eccellenza, mentre la mente sembra essere stata congedata! In questo privilegiare la forma rispetto al contenuto, l’apparire rispetto all’essere, la dimensione umana sembra essersi smarrita nel caos dei modelli preconfezionati dalla spietata logica consumistica che le tiene testa e le fa, per molti versi, da padrona.
Carmen Manco, con la sua arte, indaga tale dimensione ripercorrendo i luoghi e i tempi della cultura, alla ricerca di un confronto epocale che possa far riflettere sull’esperienza del “corpo oltre la mente” , viaggiando nella direzione della mitologia.
La sua attività artistica si rivela dunque in palese armonia con l’esigenza di esprimersi privilegiando la figura umana , da sempre molto enigmatica e che non si finisce mai di esplorare. Proiettandosi nel mondo del mito di ascendenza classica e biblica, mette al centro della sua indagine l’elemento femminile, caricandolo di segni e di simboli. Nello specifico, la scelta tematica cade sulla nudità, intorno alla quale ruotano l’analisi e la ricerca stilistica. Bisogna subito rilevare che tale scelta, si pone al servizio di un’arte che fa del corpo il teatro dell’anima. Cosicché, l’artista scandaglia il versante biblico, coinvolgente e ricco di richiami e realizza opere di indubbio impatto visivo ed emotivo.
La tela : “Nell’ Eden”, ci mostra Eva nell’atto in cui medita davanti alla mela, affranta e pentita del peccato commesso. La sua nudità non è causa di una vergogna riferita esclusivamente al corpo ma esprime la condizione dell’anima ormai distante dal suo Creatore. In sostanza, Eva dopo aver mangiato il frutto proibito perde la certezza originaria dell’ “ immagine di Dio” espressa nel suo corpo.
Sul versante della connotazione mistica del nudo, l’autrice ritaglia un giusto spazio a figure angeliche, intermediarie tra Dio e l’uomo, che fanno quasi da pendant a Eva e sottolineano il tema della fedeltà e dell’obbedienza. In esse, la condizione della nudità viene impiegata per rappresentare l’essere puramente spirituale ed intellettuale, l’essere ultraterreno.
Molto interessanti le tele in cui domina il tema del ‘bagno’ come momento della rivelazione della nudità che agisce sull’istinto incontrollato. La vergogna dell’osservato innesca la colpa del voyeur che viene inevitabilmente punito per essersi appropriato di una intimità non concessa. La donna, nello splendore delle sue forme, diventa oggetto del desiderio: si vedano le tele, davvero intense, dedicate a Betsabea e Susanna, due episodi salienti della Bibbia. “Betsabea al bagno”, suscita, come si sa, con la sua bellezza gli appetiti di Davide e alla fine, sia pur con l’inganno, capitola, mentre Susanna suscita la passione dei vecchioni (che si intravedono sullo sfondo), restando però fedele ai suoi principi (la fedeltà è simboleggiata dalla presenza, in basso, dei limoni) e riuscendo, con l’aiuto di Daniele, a far condannare i vecchi libidinosi.
Il riscatto della nudità come espressione di una identità specifica aliena da qualsiasi elucubrazione di ‘domino’, si gioca nel pantheon classico, quando
la figura femminile, incarna il ‘principio della vita’ : si pensi per un istante a Gea, la madre-terra di ascendenza mediterranea, nata dal Caos, madre degli uomini e della stirpe divina.
In una bella tela, dai colori fusi e terrosi, l’autrice rappresenta il dipanarsi della figura di Gea dal caos indistinto e primordiale, proprio nel momento in cui va assumendo le proprie forme e la propria identità. Tuttavia, anche nella mitologia classica, l’esperienza del corpo nudo va oltre la mente,nel momento in cui conduce alla trasgressione che diventa dominio sull’altro. E’ la volta di “Artemide al bagno”, il famoso mito di Atteone , scoperto dalla dea mentre la guardava, trasformato in cervo e sbranato dai suoi cani. La dea è piegata sulle ginocchia, quasi a nascondere la sua nudità e rivolge uno sguardo attonito e sorpreso al giovane, attratto dalla sua bellezza. La qualità dell’opera è tutta nella forza dello sguardo reso con plastica evidenza.
Afrodite nata dal mare è un motivo variamente trattato sia in poesia che in arte (e gli esempi potrebbero essere innumerevoli); l’artista è riuscita a darle un tocco personale, vorrei dire di dolcezza, presentando la dea dormiente, distesa su un fianco tra le onde del mare e associata a quegli elementi decorativi che la rendono subito riconoscibile. La sua nudità si pone non già come idea di perfezione o vanità , tanto meno come archetipo che evoca volgari appetiti , bensì come simbolo della bellezza nella sua unicità e dell’amore civilizzatore, come energia della natura.
Tra le altre, una parola merita “La metamorfosi di Aretusa che per caratteristiche formali e stilistiche richiama senz’altro la figura di Gea, ma in più c’è in questo caso un qualcosa di incòndito e magmatico. Aretusa, come racconta il mito, fu trasformata in fonte da Artemide per sfuggire alla passione e alle mire di Alfeo, figlio del dio Oceano, riparando nell’isola Ortigia.
Completano questa sezione alcune opere, di squisita fattura, dedicate alle ninfe Esperidi, a Galatea, a Teti e ad alcune Driadi. Le ninfe erano considerate forze elementari della natura e la loro bellezza fisica è simbolo di virtù morale e spirituale.
Con la tela “Dedicato ad Ermione” l’artista, ispirandosi alla donna del D’Annunzio, approda nel mondo moderno e avvalora la nudità inebriata dalla melodia della natura, la bellezza del corpo che si esprime nell’universo delle emozioni e dei sentimenti. Di contro “Nel sogno”, raffigurante un nudo di donna matura che riposa, la bellezza del corpo rimanda all’ inesorabile scorrere del tempo e pertanto a quella caducità, da sempre temuta e demonizzata, alla quale tuttavia nessuno può sottrarsi.
L’incanto del corpo nudo restituito alla sua aurea connotazione di principio della vita, spinge l’artista a dipingere tele dedicate alla maternità che intitola “Sublime contatto” per sottolineare il legame viscerale tra madre e figlio, quasi la prosecuzione di quello prenatale, in sequenze delicate e avvolgenti : il bambino fra le braccia della mamma, che succhia il latte dal seno, che dorme sicuro e beato.
Tutta l’analisi pittorica si completa con i paesaggi: un ritorno alla terra, al creato, a un ‘ Eden’ che si configura, nella sua nudità, come l’incantevole palcoscenico dove si gioca la grande partita dell’essere e del suo divenire.
Se c’è un aspetto importante da sottolineare in questo ciclo pittorico è senz’altro la sua unità sia sul piano tematico che su quello stilistico e formale.
In Carmen Manco la rappresentazione del nudo sembra continuare la tradizione figurativa di età classica, rinascimentale e neoclassica, ma nello stesso tempo si arricchisce di nuovi significati e di una stesura attuale che si avvale dell’uso accorto dei materiali per illustrare il senso della sua ricerca.
Carmen Manco ha raggiunto ormai una sua maturità, che le consente di trattare la materia con sicurezza ed eleganza . Come ho osservato altrove, la sua è una pittura colta, ricca di richiami e di simboli ora espliciti ora sottesi al racconto. L’artista, lungi dal rappresentare i soggetti con distaccata perizia, si cala in essi facendoli rivivere grazie ad una composizione attenta e ad una pennellata sfumata e vaporosa. I vari personaggi, infatti, risentono della sensibilità propria di un’artista moderna che rivisita il passato e il presente, versandovi i frutti della nostra inquietudine e precarietà esistenziale.
Sul piano squisitamente formale, devo rilevare in Carmen Manco una felice fusione tra l’antico e il moderno, tra tradizione figurativa e ricerca artistica, per non dire della ‘scrittura’, che appare tributaria della lezione delle correnti moderne, sia pur utilizzata con equilibrio e vigile senso della misura, ed è comunque finalizzata ad una propria originale linea di ricerca.