Donato Conenna

Roberto Corbo con i colori si dimostra specialista in evasioni. 

Egli riesce a costruirsi d'intorno un mondo fuggevole di simbologie astratte, dove in effetti l'uomo lascia il posto all'artista, dove il mondo delle esatte proiezioni ortogonali viene stravolto da questo vento gestuale che si alza sulle tele per dare luogo a momenti di una intensità concettuale pregna di umori e di enigmi irrisolti.

Roberto Corbo lavora di getto, di prima intenzione. Ma la superficie dell'opera, pur nella tempesta informale a cui è sottoposta, mantiene una meravigliante consonanza di cromìe e vede rispettata quella sorta di legge cosmogonica non scritta (ma avvertita dall'artista) che porta "all'innata" genìa" da cui nasce l'equilibrio del non figurativo: le linee dinamiche che Corbo fa sprigionare dal nulla grafico esistente vanno a campire il tessuto fondale in un tutto armonico e istintuale che pure rende "l'idea-madre" da cui l'artista si diparte e a cui vuole giungere.


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