FRANCESCA MEZZATESTA ,CRITICO E STORICO DELL'ARTE

 In tutta la sua opera la donna è il logos per eccellenza, espressione di un essenza che va oltre le ragioni estetiche e che nella sua plasticità si riveste di un corpo, solo per pretesto, per articolare in molteplici sfaccettature dell’essere, l’essenza interiore dell’esistere nell’esistenza. In spazi circondati da atmosfere eteree, senza mai una dimensione statica, la mano sicura e magister dell’artista palermitana, riesce a evolvere nelle figure la sintesi narrativa affrontando i temi dell’anima all’interno di ogni spazio pittorico e lasciandoli fluire senza forza gravitazionale sospesi tra il carnale e lo spirituale. Enigmatici corpi in metamorphosi ovidiche, che danzano e lasciano risuonare echi dei loro sussurri d’amore, sofferenza,sentimenti e stridenti note trasgressive e sconcertanti dei  vizi capitali. In un intimistica stesura del colore, Cristina Patti traduce con poetica il suo talento e in una interpretazione di un eros raffinato seduce i sensi e cede al fruitore significati allegorici ispirazione di  tanti maestri come Leonardo in pittura che nella rappresentazione di Leda giacente o Danae dormiente, trasformano in cigno o in polvere d’oro, Zeus  lasciando ergere con grazia ed eleganza la veste voluttuosa dell’amplesso . Iconografie che nel contemporaneo stile, l’artista si ispira con pathos nella spirale dei sentimenti e della psiche per sostituirsi all’umano in “divenire”. Figure in balia del vigore vibrante e cinetico mosse da un flusso inebriante e infinito, che coglie il fruitore più attento a distogliere lo sguardo all’esteriorità per inoltrarsi nell’incrocio della bellezza e della sofferenza dove ogni stato d’animo è trasposto in una linea in un colore fluorescente estemporaneo  e sensoriale-animistico. Opere che addentrano tra terra ed Olimpo, la cui catarsi attraversa memorie e frantuma l’ineffabile moltiplicarsi di corpi in prolungamento in una tensione lirica viva di archetipi dell’antichità ma di richiamo guerriero alla suscettibile perdita  di quella sfera del “profondo” nel contemporaneo.