Erika Lavaca
Sometimes painting becomes a brave evidence, it stops to be only a medium and seems to offer us a powerful vision on reality’s multiple elements. It is clear that the artist, moving in a contraddiction to break the rules of images to express her meaningful ideas, will place his referent point and his creative energies in the Chaos. In this work it seems that a divinity is acting behind the scenes. The artist is talking to the Origin of Life, she steals conventional items to their world, using them for other purpopes, like a sacrifice. In fact in her recent works we cand find a black background, a fascinating substructure that is not only a lanbscape but becomes a constant call to this Cosmic Black, wild element where human bodies are floating hanging in the balance of a precipice. In this primordial black, ready to swallow up the bodies like Goya’s Saturn, it is possible to find life form, but full of violence. All these relationships created by Entalem, put herself in an ambiguos position: she is moving towards her salvation near to the white colors of light, but in another way she’s refusing this rescue showing us the black part of her personality, damned and negative. The painting is defined only by himself, through an upcoming destruction it creates his world and his rules in the space. So we are in presence of a total work, undermining and feminine, that combines ancient and contemporary, and creates a genealogy of a complex and unique image that highlights the primitive instincts of the humankind, also if they are cruel, forgotten, or hidden by conventional languages and folk culture
Erika Lavaca
Quando la pittura diventa un orgoglioso atto di testimonianza e non più un semplice mezzo espressivo o descrittivo, sembra offrirci un potente occhio osservatore sulle molteplici variabili della realtà attraverso cui l’esistente passa e con cui lotta, soffrendo per delineare un suo futuro spazio di vita. Così, muovendosi in un’aperta contraddizione e tentando una sovversione linguistica in ambito espressivo, per forzare il livello puramente fenomenico dell’immagine in uno più strettamente esistenziale, l’artista opererà con dei mezzi e uno stile che avrà sempre più nel Caos il suo punto di riferimento e la sua fonte di energia creativa. Nell’opera d’arte in questione una potente divinità sembra restare dietro le quinte. L’artista si rivolge all’origine, eccede l’ordinarietà del mondano e sottrae parti del mondo al loro uso comune, compiendo un vero e proprio sacrificio. Diventa a questo punto lecito l’uso di scarabocchi, di linee spesse, di asimmetrie, di un impiego violento del colore, dell’assenza di prospettiva per far precipitare l’occhio in un denso spazio materico, più simile a un liquido amniotico che a un incrocio equilibrato di linee. Non a caso uno sfondo nero appare sempre più presente nella recente produzione dell’artista, un supporto che eccede il ruolo di “semplice background”, diventando un costante richiamo a quel Nero Originario-Cosmico, termine selvaggio da cui delle mani sottraggono forme di vita o a cui sono pronte a sacrificare, su cui lineamenti primitivi, fiori, gocce di colore rosso sangue e molteplici corpi si appoggiano, come a voler galleggiare in bilico su un precipizio. Su quel nero primordiale pronto a inghiottirli tutti come nel Saturno di Goya, è possibile che ci sia ancora qualcosa di vitale, di affascinante, ma mai privo di quella violenza effettuale che delinea il suo stato. Tutti questi legami creati da Enatalem la pongono al centro di un doppio movimento verso una salvezza totale, vicina al bianco e al biancore come essenza di luce, e verso la chiusura del nero nella sua accezione negativa e di perdizione. L’atto pittorico rimane definito solo da se stesso e, a prezzo di una distruzione imminente, crea il suo mondo e i suoi valori nel suo spazio. Una pittura totale, affascinante, sovversiva e femminile, antica-arcaica e al tempo stesso contemporanea, una genealogia dell’immagine complessa e unica che mette al suo centro le pulsioni primordiali dell’essere umano per quanto crudeli, dimenticate o esiliate esse siano.
Erika Lavaca