Alessandro Celli

Ercole Fortebraccio è Artista colto ed atipico, fuori dai classici schemi che dirigono dall’alto le redini dell’arte, o meglio del mercato.

Già perché Ercole si colloca a pieno titolo nell’arte contemporanea, visto che parte da molto lontano ma arriva con impeto e puntuale collocazione nel contesto più attuale della modernità in arte. 

Da una lettura dei suoi lavori pare che abbia appreso un espressionismo surreale da calibri quali Wols, Tapies e forse Vedova e forse anche Mathieu.

Eppure il suo approccio artistico e la sua essenza ci riporta nel più grande movimento che a mio parere ha stravolto la cultura nell’arte dei primi del Novecento, di tradizione ed origine squisitamente Italiana. 

Il Manifesto Tecnico dei Pittori Futuristi 1910 diceva:

“Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido. Una figura non è mai stabile davanti a noi, ma appare e scompare incessantemente. Tutto in arte è convenzione e le verità di ieri sono oggi, per noi, pure menzogne” 

I Futuristi concepivano la modernità come dinamismo ed energia.

Proclamavano infatti che il moto e la luce distruggono la materialità dei corpi e si proclamavano infatti i Signori della Luce, (da Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Carlo Dalmazzo Carrà, Luigi Russolo, Gino Severini – Milano, 11 aprile 1910) 

Ecco che nelle opere di Ercole ritrovo quella luce e del dinamismo che da tempo non risvegliava le medesime emozioni del nostro miglior futurismo.

Pare che comunque esistano delle raffinate risonanze con l’uso della luce e dei colori anche con quell’Antonio Corpora della fine degli anni quaranta. 

Resta il fatto che mi sono letto nei dettagli non più di un’opera del Fortebraccio e mia hanno sostanzialmente emozionato quelle scomposizioni divisionista del colore ma ancora cubiste nella forma, con una elegante successione ritmica.

Peraltro le linee compositive, i colori, le luci sono abilmente strutturati secondo ritmi sempre crescenti e talvolta radiali.

E per uno come me, che ritrova nel linguaggio futurista un’arte marcatamente contemporanea, trovo ci sia una forza ed un impeto disarmante. 

Oggi nell’arte contemporanea, miseramente spesso vista e letta per la forza della provocazione e dalle finte e disilluse innovazioni, ritengo che nulla sia più attuale quanto le parole di Marinetti dove affermava come doveva essere l’artista futurista.

«Chi pensa e si esprime con originalità, forza, vivacità, entusiasmo, chiarezza, semplicità, agilità e sintesi.

Chi odia i ruderi, i musei, i cimiteri, le biblioteche, il culturismo, il professoralismo, l’accademismo, il purismo, le lungaggini e le meticolosità.

Chi vuole svecchiare, rinvigorire e rallegrare l’arte italiana, liberandola dalle imitazioni del passato, dal tradizionalismo e dall’accademismo e incoraggiando tutte le creazioni audaci dei giovani». 

Fortebraccio ha l’istinto di riprendere quei tratti, quelle luci e quel dinamismo aggressivo e d’impatto, per riportacelo in una chiave espressiva contemporanea e matura, semplice e vivace che dà speranza al fruitore dell’opera.