Intervista a Franco Perotti
Quando e come nasce il tuo percorso artistico?
La mia carriera scolastica non è stata inerente alla passione che nutro per l’arte, nonostante sin dall’infanzia ne sono stato attratto.
La mia scelta artistica è stata quella di non “accademizzare” tale passione e sentirmi libero di esprimermi al 100%, rendendo la mia passione per l’arte tutto fuorché una costrizione.
Sono sempre stato appassionato di arte e soprattutto di pittura, ma, se prima dipingevo saltuariamente, come momento di relax, solo negli ultimi 4 anni ho iniziato realmente ad esprimere me stesso grazie a questa passione.
Quali persone, artisti ed episodi hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro?
Da bambino come detto avevo già una propensione verso l’arte.
Ricordo inoltre che all’epoca c’era un mio zio che si dilettava nella pittura.
Sapevo che non era il suo lavoro, ma per me era lo zio pittore e anche io da grande volevo fare il pittore.
Crescendo e andando a scuola ho iniziato a conoscere le correnti artistiche, e in particolar modo mi sono sentito attirato da subito dall’Impressionismo, dall’Espressionismo tedesco e dal Post Impressionismo.
In particolar modo mi sono lasciato ispirare dalle pennellate materiche di Van Gogh.
E poi ci sono degli incontri fortuiti; ad esempio, in seguito i miei studi cromatici si sono incrociati inconsapevolmente con il fauvismo.
Anni fa un altro incontro casuale; è stato con l’artista contemporaneo Gianni Testa, che io a causa della mia ignoranza non conoscevo.
Stavo cercando di promuovere un progetto a livello nazionale, e nel trovare contatti di artisti, curatori ecc ecc tra le varie persone avevo contattato anche lui.
A lui piacque molto la mia idea, anche se ovviamente non poteva prenderne parte, e volle conoscermi.
Mi invitò alla sua mostra antologica presso il museo del Vittoriano e vedendo la sua ricerca cromatica avevo trovato molti punti in comune con quella che era la mia ricerca artistica in quel periodo.
Cosa cerchi attraverso l’arte?
Per me è solo un modo di esprimere me stesso.
Dipingere mi fa sentire bene.
E’ una cosa banale ma è così.
C’è una parte della tua ricerca di cui vorresti parlare in particolare?
In particolare vorrei parlare del “Progetto Limitropha”; un progetto che mi ha tenuto impegnato per gran parte di quest’anno.
Io credo molto nell’interazione di artisti provenienti da discipline diverse e mi piace anche mettere l’arte a disposizione di materie totalmente diverse come possono essere la scienza, la natura o la storia.
Quest’anno ho concentrato i miei sforzi nella realizzazione di un progetto sulle zone umide del Parco Nazionale del Circeo e del Parco Regionale dei Monti Ausoni e Lago di Fondi.
Si è trattato dunque di un progetto inerente a luoghi a me familiari e vicini alla mia città natale nella quale tuttora vivo (Terracina, LT).
Assieme ad altri artisti ho così raccontato la fauna, la storia e i miti dei nostri territori.
Al centro del progetto c’era la tematica della palude.
Io in particolare ho eseguito dipinti di piccole dimensioni di Laghi e acquitrini presenti nei 2 parchi naturali sopra citati.
Solitamente i miei lavori hanno sempre qualche elemento surreale, ma in questo caso mi sono dedicato alla proposizione di semplici paesaggi naturali, rimanendo comunque fedele al mio stile materico e alla mia ricerca cromatica basata sull’accostamento di colori molto vivaci.
Un collettivo di videoarte, (gli Uneven Eye) ha trattato la natura geofisica dell’agropontino e la storia recente e non del territorio, partendo dai tempi della bonifica, all’attualità legata fortemente alla comunità dei Sikh.
Una fotografa ornitologa, (Gaia De Luca) si è occupata di mostrare attraverso i suoi scatti l’avifauna locale.
Uno scultore, (Natalino Brusca) ha proposto un suo bassorilievo raffigurante una ninfa acquatica.
E infine il poeta Elvio Ceci si è occupato di riallacciare la storia e la natura dei posti con i miti che li hanno resi celebri.
In particolar modo con la figura della Maga Circe.
Quest’estate il progetto è stato esposto in varie mostre nella provincia di Latina e la tourneè si è conclusa con una mostra all’interno del Museo della Bonfica Pontina di Terracina.
Qual’è il tuo rapporto con il mercato?
Litigioso.
Soprattutto non mi piace ciò che c’è più in superficie, poi ovviamente c’è una parte nascosta del sistema che funziona bene, ma non è ciò che vediamo in primo piano.
In primo piano vediamo un sacco di eventi “pomposi”.
Biennali, triennali, esposizioni in alcune gallerie note ecc ecc.
In teoria uno penserebbe che se un artista partecipa a certi eventi significa che è arrivato ad un buon livello.
Non c’è nulla di più errato; quasi tutti questi grandi eventi sono praticamente aperti a tutti e si basano su delle finte selezioni.
Più l’evento è mediatico e più esserci costa.
Tutti gli artisti vengono spammati ogni giorno con tantissime di queste proposte.
Solitamente ti propongono la loro offerta o semplicemente ti invitano a consultare il bando, a volte ti dicono proprio che sei stato selezionato, ma tutti sanno che non c’è alcuna selezione.
Quello che più di ogni cosa non condivido è il vanto di aver partecipato a questi eventi e il fatto di sventolare fogli che ne attestino la partecipazione, senza però sventolare la pagina con i prezzi.
Le cose sono così perché troppi artisti le ha accettate così.
Mi sta bene che uno voglia promuovere se stesso, ma poi mi chiedo; allora solo chi ha i soldi può promuoversi?
E poi mi guardo anche in giro e vedo che tutte le persone che conosco e che hanno perseguito questa strada in ogni caso non fanno gli artisti per lavoro.
Anzi.
È più facile andare in rosso.
Probabilmente qualcuno talentuoso e con buone doti imprenditoriali ce l’avrà anche fatta, ma lasciamo fare gli imprenditori agli imprenditori.
Per questo motivo, tra il 2013 e il 2014 ho cercato di dar vita ad un movimento artistico, con lo scopo di unire artisti di tutte le regioni e assieme condividere gli spazi espositivi sfruttandoli per delle collettive…
Malgrado le centinaia di adesioni fu difficile selezionare artisti veramente dediti alla causa e che potessero dare garanzie quindi il progetto naufragò…
Ad oggi espongo soprattutto nella mia provincia ed amo molto dipingere dal vivo, ma ho anche fatto diverse collettive fuori dalla mia provincia e dalla mia regione e personali in musei locali.
Lo spirito rimane ovviamente lo stesso…
Gli artisti per esporre devono essere pagati o al limite comunque non devono sborsare alcunchè.
Cosa consiglieresti ad un artista che vorrebbe vivere d’arte?
Non sono la persona più adatta per dare questo consiglio perché in realtà non riesco a viverci con quello che faccio.
Credo che si può sognare, ma non si può puntare tutto su quello. Uno dovrebbe fare arte per il semplice motivo che sente il bisogno di farlo aldilà dei risultati economici che ottiene da ciò.
Detto questo è chiaro che è il sogno di tutti quello di poter sfruttare la propria passione facendola diventare anche il proprio lavoro.
E’ chiaro anche che se non provi in qualche modo a promuoverti il sogno rimarrà al 100% sempre tale, ma bisogna stare attenti a come promuoversi e bisogna cercare di collaborare con persone che sono davvero interessate al tuo operato e te lo dimostrano con i fatti.
Quindi se ci sono delle occasioni è bene sfruttarle.