Gastone Ranieri Indoni

La visita con Mara Ferloni dal Professor Fulvio Masciangioli

Il percorso dissacratorio perpetrato ai danni dell’arte cosiddetta classica è praticamente irreversibile. 

Desacralizzazione e astrattismo sono le due irresistibili forze di un’era dominata dallo strapotere della scienza e della tecnologia, dalla rivoluzione einsteniana, dalle avventure spaziali, dalle conquiste della genetica e dallo sviluppo dei media che hanno trasformato il pianeta in un Villaggio globale. 

Un terremoto senza precedenti che ha sconvolto teorie, ideologie e credenze radicate disegnando orizzonti inquietanti per un verso ed esaltanti per altro. 

La figura, dopo l’avvento della fotografia e la sua moltiplicazione di immagini con cui la “camera chiara” ha inondato il pianeta, ha segnato inesorabilmente il passo rendendo insuperabili i grandi maestri che avevano raggiunto i più alti livelli espressivi.  

Ero immerso in questa sorta di pensieri mentre mi chiedevo a quali lavori mi sarei trovato davanti una volta arrivato, con la grande critica Mara Ferloni, a casa dell’artista di turno da “interpretare”.

Quando poi , appena entrati, ho visto“L’albero della vita” nello studio del suo autore, il Professor Fulvio Masciangioli, la sorpresa ha immediatamente superato la curiosità; ma certo non il piacere. 

L'apprezzamento istintivo di quell’opera mi distaccava automaticamente dai pensieri precedenti non ancora metabolizzati e aveva acceso con forza il subitaneo interesse di osservare quanto prima i numerosi elaborati e i quadri che ero stato invitato a visionare con la mia amica critica d’arte. 

Con dissolvenza cinematografica, e a distanza di qualche giorno, devo dire che quell’impulso di curiosa avidità, poi eccezionalmente compiaciuta, non mi capitava da tanto, troppo tempo. 

Cos’è che aveva agitato il mio animo e perché il mio subcosciente era contento di vivere quella specie di ritrovata fanciullesca frenesia?

E’ stato forse di rimando a quel che si sussurra ultimamente nelle gallerie, mostre, musei vernissages ed eventi culturali vari?  

Neanche più sottovoce si parla drasticamente di ‘morte dell’arte’e quindi, per contrasto, al cospetto di lavori artisticamente evoluti ho inconsciamente innescato a una reazione troppo a lungo sopita?

Ogni giorno sono impegnato, per professione, a dover disquisire di arte anche davanti ad opere, siano esse dipinte o scolpite, che, sempre più di frequente, di arte riferiscono poco, a volte talmente poco da cagionare sconforto e delusione. 

Morte e rinascita dell’arte sono così periodiche da fare ormai parte integrante del suo stesso DNA, e poi non si spiegherebbe come un secolo come l’ultimo ha salutato guarda caso, come nessun altro, il proliferarsi di movimenti artistici in un elenco pressoché infinito: futurismo, costruttivismo, cubismo, dadaismo, surrealismo, espressionismo, informale, pop art, minimalismo, op art, arte povera, action painting, concettualismo, body art, iperrealismo, transavanguardia…e chissà quanti ne dimentico. 

No. L’arte non muore, non può. Magari cade, si trascina, traballa ma poi risorge e questo succede in pratica da che esiste l’uomo che le ha dato per primo la vita. 

  Risorge più forte e suggestiva che mai. 

Questo spiega perché, pur abbacinato e avvolto dall’incredulità dovuta alla latente decadenza artistico-culturale, non solo avevo rotto d’incanto un principio d’assuefazione pericoloso quanto nocivo, ma, grazie alla felice intuizione pittorico-descrittiva dell’autore, mi ristoravo con una generosa dose di buon gusto.

L’odierno raro connubio di una elegante coreografia condita con un gesto tecnico quanto meno forbito, mi regalava finalmente il piacere che può porgere solo una rampicante fantasia abbarbicata con moderna prepotenza a fondamentali di taglio classico e neo classico. 

Tematiche sapienti, oggi raramente percorse da pseudo-artisti frettolosi, magari riferite ad opere musicali come a motivi architettonici o a personaggi mitologici, dispongono un’interlocutore, avido ormai di consistenza artistica come me, al riparo da sorprese e delusioni. 

Fare arte, interpretandola da solista e da purista, è in pratica il passatempo preferito del Masciangioli che, svolgendo con tenacia i suoi acculturati progetti, è fatto salvo dal proprio garbo naturale e non prevarica mai, come spesso accade ad autori consci della loro presenza, il confine appunto del sapere con quello della scialba saccenteria. 

Tra l’altro l’efficacia della sua forza espressiva non gli serve tanto per far mostra di sè, cosa che pure appaga l’artista edotto, ma per raggiungere quell’esaltazione emotiva che, con univoca energia, sà di trasmettere.  

In poche parole vive il piacere di offrire e recapitare a sua volta piacere; canta come chi sà di avere una bellissima voce e doti tecniche da tenore per offrire una rappresentazione di immediato effetto emotivo.   

I suoi spunti decorativi abbinati a toni di cromatico spessore, al pari di veri acuti, pur declinati in diverse colorazioni, non suscitano né indicano ripetitività, ma denunciano chiaramente analisi tecnica investigativa periodica e sintesi narrativa, entrambi molto coinvolgenti oltre che parecchio convincenti.  

La ricca stesura, obbligata dalla fantasia innovativa ad una tecnica mista valorizzante, lo pone gagliardamente e perentoriamente all’attenzione per la raffinata armonia che conferisce alle sue tele, e questo soprattutto perché sulla sua tela riversa “pensiero” e soprattutto cuore.   

I suoi intriganti inusitati inserti materici, a volte vere incrostazioni elaborate di colore, ne esaltano la personale cifra che spesso sfoggia veri e propri damascati dettati da squamate campiture quando non gradevolissimi ricami o addirittura graffiti così personali e così accademici che, affiancati a tessere mosaicali, sembrano suggerire, per il contrasto che offrono, un sottaciuto tenero, velato e affiorante virtuosismo. 

Il quadro iniziale, come dicevo, ha obbligato fortunatamente l’appassionata attenta visione di almeno altre trenta opere dove sapienti rossi sostanziosi, alternati a cobalti laccati e a preziosi grigi perlacei e poetici hanno aggiunto sincero stupore alla sorpresa, unitamente a quel sereno appagamento che, talvolta, è stata pura esultanza. 

Le rilucenti vie pittoriche del Masciangioli sono percorse e guidate da un composito congegno machiavellico ìnsito nel suo animo che ricorda il moderno navigatore; gli tratteggia impeccabilmente la strada artistica più giusta che poi è quella che gli permette di esprimere con classe la sua complessa schietta incontrovertibile e “irreparabile” personalità; capace com’è, come nessuno, di captare la percezione entusiastica dell’interlocutore.       

 Gastone Ranieri Indoni