Franco corrado
LE SUGGESTIONI MAGICHE DI UNA NATURA REINVENTATA
Quando Gaetano Ligrani affidava le sue emozioni colorate alla carta liscia o rugosa, supporto tradizionale dell’acquarello, il suo modo di esprimersi aveva un che di intimistico, legato a uno stretto colloquio con la natura e con le sue cose.
Nel trascorrere del tempo (dalla prima all’attuale maniera del pittore intercorre circa un ventennio), quella sorta di rapporto simbiotico con “la madre di tutte le cose” non è mutato; anzi, si è andato consolidando, con un più accentuato ricorso ad un linguaggio dell’anima per rendere, in chiave metafisica, vagheggiate realtà ambientali.
Alla carta si è sostituita la tela, al plein air è subentrata la meditazione dello studio. Ed ecco, allora, la proposta di tutta una serie di nuove architetture sul tema natura che, riallacciandosi in qualche modo alla ricerca degli inizi, danno il senso di una pittura sospesa tra il reale e l’irreale, con composizioni più costruite, più pensate, fra le variazioni della luce che le avvolge, in un alternarsi di chiarori e di toni più smorzati, crepuscolari e anche notturni.
Questo particolare approccio paesistico, derivazione di un fervoroso fantasticare, si materializza – in una ricercata continuità, oltre che continuità tra interni ed esterni – attraverso i riquadri di finestre e di luci di archi che agiscono da quinte su uno scenario suggerito dal reale e rielaborato; e caratterizzato da una pressante inventiva.
Le capacità descrittive di Ligrani trovano così modo di manifestarsi in una fusione di coloratissime nature morte e di vedute su cui gravano arcane atmosfere; e, ancora, in una proposta di scenari naturalistici, con colline dalle accentuate curvature semicircolari che si accavallano verso l’alto in un’altalena di verdi e di azzurri; in un prepotente affacciarsi, in primo piano, di alberi dalle movimentate cupole e, nella disposizione più discreta di altre presenze arboree (sagome di cipressi, come quelli – carducciani di Bolgheri “alti e schietti”) che si stagliano su irti pendii; in surrealisteggianti rilievi che hanno le forme o di torri ellittiche su cui sorgono borghi incantati o di isole che assumono la sagoma di cetacei emergenti da ristrette porzioni marine, in case contadine che ricordano l’impianto disegnativo e coloristico di un Carrà; nelle immancabili cavità del suolo, antri che si intuiscono o macchie nere in grande evidenza, in cui tendono ad infilarsi (quasi allusiva penetrazione) treni che sembrano protesi a viaggiare metaforicamente all’interno della realtà per scoprirne l’anima.
Nelle suggestioni magiche di siffatti paesaggi, inventati e proposti per tratti emblematici, Gaetano Ligrani (o se più piace, GALI, come firma da qualche tempo i suoi lavori riconducendo a sintesi nome e cognome), tuffa le pulsioni del suo “io” di artista per raccontare sensazioni che gli appartengono in prima persona e delle quali ci trasmette lo spirito proponendoci – per il tramite di colorate impressioni sulla tela- sempre coinvolgenti emozioni.
Franco Corrado Aprile 2002