Marco Buonamico

Definire cosa sia arte giovane non è facile. E non solo perché il termine “giovane” appare sempre più ambiguo e fluido, ma per ragioni ben più profonde che hanno a che fare con la legittimità di un’analisi critica che propone il tempo come suo principio discriminante.

Un artista può essere giovane anagraficamente ma non esserlo dal punto di vista delle sue proposte, e, naturalmente, vale anche il contrario.

Accanto a ciò, considerata la difficoltà nel definirlo secondo principi critici e stilistici validi oggi e in futuro, ogni ipotesi di completezza sarebbe pressoché impossibile.

L’arte contemporanea, per sua natura, non è immediata; chi si accosta, intimorito, incuriosito e a volte affascinato, può trarre beneficio dal suggerimento, dall’interpretazione o da una spiegazione.

Nell’attuale periodo artistico l’artista è solo con se stesso, immerso nella dimensione concreta dell’esistenza in cui poco conta l’esperienza passata.

E’ il presente angosciante, incoerente, fuggevole e momentaneo a imporsi nella coscienza dell’artista, a provocare la sua reazione estetica, confermando l’opera come testimonianza creativa della propria emotività psicologica.

Il valore trasgressivo dell’arte moderna è ormai svanito. Quei caratteri provocatori di critica sociale, opposizione politica, radicalismo estetico e intransigenza, un tempo propri di certe avanguardie artistiche sono ormai spenti. Se, in alcuni casi, c’è ribellione o sfida questi elementi vengono trasferiti nell’opera inconsciamente.

Le precedenti considerazioni sono state espresse perché, entrambe, consentono di inquadrare meglio il lavoro di Gaetano Ligrani.

La sua età anagrafica lo collocherebbe tra gli artisti che hanno già espresso e sperimentato ma ciò, nel suo caso, non è vero.

Le sue opere recenti, anche se la definizione non è perfettamente confacente e al solo scopo di dare un’indicazione e quindi aiutare alla comprensione, possono considerarsi come appartenenti al periodo definito “astrattismo geometrico”.

Esse, però, contrariamente alle opere di quel movimento, che aveva abolito la terza dimensione; dove predominava l’uso dei colori primari ed era vietato qualsiasi sentimento attraverso l’opera, pur conservando il rigore geometrico, si arricchiscono per la ricerca puntigliosa del rapporto compositivo dei volumi, del colore, delle direttrici, delle superfici e dei materiali utilizzati.

L’artista fa spesso ricorso all’uso della terza dimensione realizzata, sia attraverso sagome a rilievo, sia attraverso l’uso e il trattamento di tali sagome che hanno superfici sempre espressive, esaltate anche per l’uso del colore che non è mai piatto ma sempre vibrante di luce.

Il risultato ricercato e quello di realizzare lavori che abbiano un valore espressivo ma anche estetico.

Perciò egli utilizza alcuni elementi che si possono definire accademici come l’equilibrio delle forme e quello cromatico; la composizione che ne deriva è poi arricchita da simbologie non sempre spiegabili, elementi stratificati, moduli lignei. L’immagine che ne deriva acquista una qualche sacralità, un’iconicità fissa, che consente, a chi voglia, la possibilità di una breve meditazione.

Questo modus operandi nasce dalla combinazione delle sue esperienze formative (architettura, modellismo, disegno dal vero, studi di geometria descrittiva, design) e dal lungo apprendistato alla “bottega” di mio padre Alfredo, pittore lucano.

Nei suoi lavori si combinano due elementi già presenti in passato ma utilizzati in modo nuovo:

la forza della materia e il significato del segno.

La componente materica viene usata per il suo valore tattile e cromatico esaltandone la consistenza evocativa come carne viva, palpitante.

La materia è impastata direttamente sul supporto, alcune volte, in strati spessi, altre volte come sottile pellicola, con gesti misurati, intridendola di colori saturi.

I segni sono utilizzati per contenere la materia, indirizzarla, delimitarla, dargli forma e dimensione, essi servono, anche, per creare il rapporto compositivo tra le varie sagome e quindi tra le superfici e i colori.

La materia simboleggia il lo spirito mentre i segni, le rugosità, le superfici lisciate, sono la trasposizione dell’esistenza.

Marco Buonamico Aprile 2008