Giovanni Zavarella


La tavolozza di Giampiero Magrini è pervasa da un'idea forza la cui scaturigine pittorica trova ragion d'essere nel fascino delle arti visive di un tempo in cui l'arte non era ancora avviluppata dagli "ismi" astratti, informali, concettuali, trasgressivi e provocatori.
La ricerca del pittore di Cannara, a cui non fa difetto una sintassi compositiva e cromatica d'indubbia origine scolastica, non per questo riduttiva, ma semplicemente perchè gli consente di sfuggire al superficialismo, agli elementarismi, alle occasionalità accidentali e alle casualità effettuali, alle improvvisazioni modali e ai pressapochismi dilettanteschi, indaga quella splendida stagione rinascimentale allorquando la centralità ispirativa, in tutte le arti, era occupata dalla donna nella nobile accezione di bellezza e foriera di una vitalità terrestre che senza escludere preoccupazioni trascendentali, forniva fibrillazioni emotive, sensazioni sensoriali e godimenti di un perfezionismo formale a cui si tendeva senza morbosità o devianze gridate o protestate come contrabbando di ermetiche simbologie.
Giampiero Magrini, per il tramite di un taglio coloristico aggraziato nella distribuzione materica e nella disposizione di indovinate superfici di luci e di ombre, definisce e determina un insieme compositivo, che pur nel rispetto della fruizione mediale della donna, non esaurisce e non si esaurisce nel suo (di lei) messaggio di bellezza per smarginalizzarsi in spazi ampi dove la cura dei particolari compositivi concorre opportunamente e funzionai mente alla trasfigurazione di un ideale di bellezza che ha la proprietà di allontanarci, anche se per poco, dalle ambasce del quotidiano sempre più "picconato" da fremiti di isterico irrazionalismo. Magrini che avverte la presenza femminile incombente nei suoi atteggiamenti di mera femminilità, non deborda mai in raffigurazioni sconvenienti o mirate a sollecitazioni erotiche.
È una sorta di donna funzionale ad un progetto di "beauté", aggettivata e trasversalizzata dalla profonda esigenza della musica, emblematizzata da strumenti musicali che si coniugano nella forma e nell'immaginario psicologico con le figure che, pur nella loro statuaria nudità, mantengono inalterato una pudicizia che nulla consente alla lasciva esternazione pittorica.
Non è del tutto arbitrario sostenere che tra le pulsazioni creative di Giampiero Magrini la memoria di un tempo che faceva esclamare Lorenzo il Magnifico cotesta età fiorita lo spinga ad una moderna rielaborazione individuale offrendo una sua personalissima decodificazione, con un pizzico di neo-manierismo (che non disturba), ma che conduce per i fioriti sentieri di una poesia dove si torna ad incontrare, come in una stupenda giornata di mezz'estate, puttini incantati o felici ninfe, riesumate dai campi Elisi, a miracolo mostrare.