Dott.ssa Roberta DI NICOLA
GIANMARIA D’ANDREA E L’UNICITÁ EMOZIONALE
Così come si evince da un buon romanzo la presenza del narratore da una semplice battuta calata genialmente nel cuore del testo, allo stesso modo nelle tele di Gianmaria D’Andrea è possibile ammirare l’intima e genuina anima dell’artista nelle forme appena accennate e nella scelta di colori puri e primari. Tonalità cromatiche differenti occupano in maniera del tutto originale l’intera scena nella tela. La tecnica, che dirige l’orchestra di colori, è del mix-pouring: una fusione degli stessi lasciati in libera caduta affinché accentuino l’elemento positivo ricercato dall’artista. Ad esordire nel positivo, l’espressione di purezza come valore ultimo a cui l’artista mira. L’uso del mix-pouring è rintracciabile agli inizi degli anni ‘50 nei cosiddetti pittori nucleari nei quali è evidente una particolare esperienza dell’utilizzo del semplice colore applicato su tela data dall’irrazionale, dall’involontario, e ancora dall’astratto e dall’informale, non più conforme alla pittura tradizionale. In Gianmaria D’Andrea, invece, avviene l’esatto contrario attribuendo così alla tecnica del mix-pouring un nuovo significato. É l’espressione razionale tradotta dall’artista in atto intenzionale. Volontà che si esplica nella scelta di liberare i colori dirigendoli, e in ugual misura, verso la creazione di una nuova forma: quella della percezione di una luce spirituale propria dell’intimo più puro. La luminosità cercata nello smalto, se pur compatto, anima l’energia cromatica che inevitabilmente si sprigiona nel dipinto. Nell’opera Impulsi, l’eccentrico nero, marcato più volte dalla mano dell’artista, nelle vesti di un tempo che scorre, dirige il giocoso intreccio di svariate tonalità di un giallo che armoniosamente sembra danzare in uno spazio quasi irreale. E ancora ne Il volo è l’idea del mare che si incarna in colore e luce, sorvolato, da un’allegorica bianca ‘V’ simboleggiando una rondine ma in particolare la libertà dell’artista all’insegna di quella -V-olontà intenzionale.
Creare un’opera d’arte è per l’artista terminare un viaggio interiore al fine di una maggiore conoscenza del proprio in-sé. L’opera frutto, così, di una nuova consapevolezza di D’Andrea sarà sempre connessa con le varie potenzialità che, in quanto uomo, ha acquisito nel tempo e che, solo in seguito, in veste d’artista, le riconosce e le accetta come dati positivi per la realizzazione di una imminente opera. Inoltre, tale formazione non esula dalla quotidianità dei singoli aspetti della vita ed in particolare un obiettivo proposto e raggiunto. Dunque, a giocare un ruolo decisivo, il qui e ora. Niente è lasciato al caso. Alla base di ogni suo segno esiste un processo formativo che funge da causa. D’Andrea, conscio di un tutto che lo circonda, sa che ogni aspetto delle cose, anche indirettamente, ha la capacità di influenzare il tema di un’opera nella scelta, ad esempio, di un soggetto piuttosto che un altro. Ad emergere è la forza emotiva che svelata dai colori si impone in un determinato momento. La nascita di una nuova opera pittorica non avviene se nell’artista non sussiste alcuna conquista di carattere esistenziale. Nessuna involontarietà o improvvisazione, carente da una qualsivoglia riflessione, può imprimere l’originalità nei suoi dipinti.
Tale riflessione è giustificata se diamo alla sua arte la collocazione ad uno specifico dominio che pare le appartenga; la sfera del sensibile, legata all’emozionalità dell’animo umano. Non a caso l’innovazione apportata da Gianmaria D’Andrea consiste nell’appellarsi alla sola sfera che egli sa di saper conoscere, ovvero se stesso. Dunque un’innovazione legata ad un’unicità estrema, in quanto singolare, di quella rappresentazione artistica di uno spirito soggettivo. Originalità, inoltre, che si riversa in un’impossibilità (non solo degli altri artisti, ma anche e soprattutto di se stesso) di eguagliare gli stati d’animo. Essi dunque, non si possono riproporre ma riconoscere e comprendere nel particolare sentimento legato al bello e al positivo comune, o quasi, a tutti gli uomini. Infine, l’intento dell’artista è realizzare opere accessibili a tutti, nelle quali gli unici limiti sono quelli legati alla dimensione della tela. In arte i limiti, come delle linee invisibili, esistono nell’azione di ogni artista e solitamente hanno la funzione di scindere due realtà ben precise e da sempre combattute per la loro consistenza esistenziale: quella del reale e quella dell’immaginario. D’Andrea al riguardo sembra non esprimere alcun giudizio a favore. Omette il concettuale e le problematiche che comportano gli interrogativi intorno alle due realtà prima citate. Il suo atteggiamento attento ai soli stati d’animo è proteso verso l’orizzonte del sentire. Muovendosi entro e non oltre i limiti dell’esperienza del sensibile soggettivo, fa sì che le sue creazioni ruotino intorno alla sua ‘anima’, al suo modo di trascendere tutto ciò che non sia piacevole e gradevole per il sentire umano. Dunque nessuna verità, nessun postulato della ratio aleggia intorno al dipinto luminoso e brillante dell’arte di Gianmaria D’Andrea. Rimane solo l’ascolto dolce e soave che nell’animo del fruitore risuona istintivamente e lasciandosi captare dalla forza dei colori squarcia ogni intima barriera abbandonandosi al solo ascolto di sé. Quando ciò accade D’Andrea dimostra, ancor prima che artista, di essere un uomo che ha avuto la capacità di condividere, con l’Altro, attraverso la pittura, ciò che ha visto dentro di sé.
L’uomo generalmente tende ad accettare solo ciò che meglio comprende e riconosce esistente in natura o solo perché oggettivamente giustificabile. Ciò dimostra come nella gran parte dei fruitori nessuna educazione che riguardi il semplice ascolto di se stessi è mai stata impartita con insistenza. Si ignora facilmente l’esistenza di un qualcosa che sia estetico che ci appartiene. L’arte di Gianmaria D’Andrea allontana tutto ciò che di ignoto e oscuro vi è nell’emotività e fungendo da catarsi riesce a far emozionare anche i fruitori meno attenti al gusto estetico.
Dott.ssa Roberta Di Nicola