Stefania Ferrari
Gianni Pontiroli, dal talento espressivo dedicato allo stile dei “candidi”, è da annoverare tra questi innovatori. Con colori brillanti, pennellate decise e pulite, traccia panorami collinari e paesani che rispecchiano il mondo di oggi, pur rimanendo nell'idealizzazione del naif. I contadini si ritrovano, oltre che nei campi, nelle piccole piazze di villaggio, chiacchierando, mentre un trattore passa lento sulla strada e qualche automobile fa capolino a lato della tela. Il mondo contemporaneo non è però sempre così benevolo nelle tele di questo virtuoso della pennellata. Ci sono lavori che sottolineano quanto il progresso tecnologico incontrollato apporti danni irreparabili. Ecco dunque la possibilità di osservare un piccolo lembo di campagna che sopravvive, con qualche campo fiorito e alberi carichi di frutti, al centro di un'isola, contemporanea versione di castello assediato, il cui nemico in questo caso non è un malvagio tiranno, ma una città sempre più invadente e tossica con grattacieli e ciminiere che svettano sullo sfondo, illuminata da un sole piangente, consapevole di tanto scempio. Benché conscio di questa reale presenza, oscurante e ostile, questo artista del candore non si arrende e ostinatamente dipinge la parte migliore del mondo, rubando all'iride i colori più puri e alla realtà le linee più semplici, per ribadire quella speranza infinita che alberga nell'animo umano. I cieli di Pontiroli, quindi, sono sempre di un azzurro intenso, le poche nubi mai burrascose, ma portatrici lontane di future, dolci piogge, cui l'unico scopo sarà dissetare i campi coltivati, ordinati, verdeggianti, forieri di abbondanti raccolti. L'elemento naturale, quale parte determinante del dipinto, è fulcro del pensiero, dell'idea, ma la mano dell'uomo è sempre presente nella rappresentazione del lavoro, delle case, dei campanili delle chiese, immancabile ingrediente di scenari paesani. La presenza umana è dettaglio imprescindibile nel disegno naturale del mondo e nelle tele di Pontiroli viene quindi descritta e inserita come tale, raramente essa è la centralità dell'opera. Lo spirito artefice del pittore si insinua tra le forme, dando vita a quadri che inducono a riflettere su ciò che è e ciò che potrebbe essere, strappando tuttavia all'eventuale tristezza grazie a voli di grandi uccelli, dalle tinte quasi insolenti per la loro esultante gioia di vivere. Animali dagli sguardi diretti, comunicativi, emergono quasi tridimensionali dai dipinti di Pontiroli, che inserisce a sorpresa elementi letterari nelle sue opere, creando un nodo culturale tra parola scritta e pensiero dipinto. Questo arricchimento erudito si scioglie nella immediatezza del segno e il messaggio, così semplificato, giunge al cuore con vigore taumaturgico. I rimandi a molti romanzi di Sepulveda, autore amato dall'artista, portano frammenti di una cultura solo apparentemente lontana, ma che si insinua sottilmente nello spirito naif con la visione positiva degli eventi e una incrollabile fiducia nella bontà dell'animo umano. Omaggi ai protagonisti delle storie si intersecano a paesaggi collinari del pavese, in cui risiede Pontiroli. Le campagne care al pittore sono ideale sfondo a riferimenti culturali del Sudamerica, provenienti dalle opere dello scrittore cileno, in un connubio di colore e poesia che rende i dipinti parte di un'esperienza di crescita quasi inconsapevole, eppure pregnante nella sua intensità, capace di lasciare un segno profondo in chiunque osservi le sue opere. L'arte naif, nella sua apparente ingenuità, rappresenta un veicolo privilegiato che offre possibilità di nuove visioni, favorevoli e assertive, di un'esistenza presente e futura più incline al rispetto dei ritmi che da sempre governano la natura, con i quali l'umanità ha sempre convissuto. Gianni Pontiroli, cantore di questa semplicità, diviene messaggero di possibili orizzonti del domani, su cui ancora si staglieranno alberi e alla loro ombra le persone si guarderanno negli occhi, raccontando.