Franco Perlotto

Giannino Scorzato: LO GNOMO DISEGNATORE DELLE PICCOLE DOLOMITI

Sulle Piccole Dolomiti da oltre cinquant’anni si sente parlare di Giannino Scorzato. Barbetta ispida, occhi veloci, sorriso sereno sempre stampato sulle labbra pare uno gnomo delle rocce scappato dal grande nord per rifugiarsi sulle nostre montagne. Un bergvagabunden delle nostre pareti e dei nostri vaj. Senza dubbio è uno scalatore che, nonostante il suo ostinato silenzio, ha lasciato un segno indelebile.

Si auto definisce un rocciatore medio, di quelli che non amano l’estremo, ma in realtà negli anni lo si è visto protagonista da capo cordata di centinaia di scalate di livello massimo per gli alpinisti della sua epoca. Nato a Valdagno nel 1943, a cavallo tra gli anni sessanta e settanta lo troviamo a ripetere lo Spigolo Nord dell’Agner, una delle vie di sesto grado più lunghe delle Dolomiti, la strapiombantissima Italia 61 sul Piz Ciavazes, la severa Tissi alla Torre Trieste, ma anche molte altre vie sulle pareti del Sella, delle Pale di San Martino, del Civetta. Sulle montagne di casa, in quegli anni, è tutto un susseguirsi di scalate che lui liquida come le “solite salite classiche delle Piccole Dolomiti” quali i sesti gradi dello Spigolo d’Uderle e del Camino Carlesso in Pasubio, del Gran Strapiombo del Baffelan, del Dito di Dio, della liscia Sibele, del Torrione Recoaro e tanti altri sul Carega, ma anche degli enormi strapiombi della via degli Eroi sul monte Cengio. Salite fatte da capocordata o legato dietro ai suoi allievi preferiti per i quali ha dedicato anima e corpo nella didattica e nel trasferimento di esperienza, credendo fortemente nella dinamica della formazione.

“Mi piaceva spaziare su vie di IV e V grado con spirito pionieristico e dove quasi nessuno andava”, dice Scorzato con una modestia che ai giorni nostri sembra quasi sfrontata, ma forse senza nemmeno rendersi conto che in realtà è stato uno dei migliori sestogradisti di quegli anni. Poi, nella realtà di un’attività immensa tenuta riservata per anni, si scopre soprattutto la voglia di esplorare, di girare, di vagabondare per vette e pareti. “Quello che mi dava più soddisfazione era arrampicare tutto il giorno su e giù per guglie”, sorride oggi, passata la settantina. Giannino Scorzato sembra ignaro dell’evoluzione dell’alpinismo, dei record, delle competizioni. Infatti un giorno dopo aver salito la torre Orsini, raggiunse la punta di Mezzodì lungo lo spigolo Fox. Sceso da questa salì la punta di Cherlong, poi le punte dei Camosci, il Molare e infine raggiunse cima Carega per la cresta finale con un totale di mille metri di dislivello su roccia, raro da trovare sulle nostre montagne. Oggi si chiamerebbero concatenamenti, ma a partire dagli anni sessanta Scorzato di queste fatiche ne fece spesso. Legò consecutivamente da un solo filo immaginario le guglie Rio, Borgo, Valdagno, la torre e la cima Mosca sul Carega e poi ancora la guglia Berti, il Sasso delle Frane, la guglia Cesareo e il Castello degli Angeli.

Ma quello che più meraviglia è scoprire le sue vie nuove, le prime ripetizioni, le prime invernali tutte fatte con lo spirito estasiato dell’esploratore e tenute gelosamente conservate nel suo spirito di folletto. Ci sono vie che portano il suo nome sulla torre dell’Emmele, sul terzo Apostolo, sulla punta di Cherlong, sulla torre Orsini, sul contrafforte dell’Obante, sulla guglia Adriano, sulla guglia Berti, sulla punta Losche e via dicendo.

Poi ogni tanto si ricorda del chiaroscuro di un contrafforte e lo riporta a matita su un cartoncino. Ed ecco che lo gnomo scopre la sua anima davanti a quel foglio di carta e disegna montagne e volti degli alpinisti, rocce e amici di un tempo con i quali ha scalato pareti verticali. La passione per le nostre montagne, che lo accompagna da più di cinquant’anni, si trasforma quindi in arte e soprattutto in documento storico dando a Giannino Scorzato quei connotati, sicuramente non cercati, di importante protagonista narratore delle Piccole Dolomiti.

Franco Perlotto


LE PICCOLE DOLOMITI DI GIANNINO SCORZATO

Le splendide guglie che frastagliano la linea del cielo a nord della pianura Padana, le si scorgono fin da lontano come una cornice fantastica di un quadro che le stagioni via via dipingono di colori diversi. Piace guardarle d’inverno, quando dai campi neri appena arati risaltano di neve appiccicata in un contrasto che emoziona. Le hanno volute chiamare le Piccole Dolomiti, un nomignolo affettuoso che è caro agli appassionati, ma che non rende alle montagne la giusta dimensione. Ci sono pareti di roccia che raggiungono i quattrocento metri di altezza e chi parte dal Rifugio alla Gazza e sale fino a Cima Carega percorre un dislivello di almeno mille metri. Le Piccole Dolomiti non sono piccole montagne e spesso sono severe con i suoi canaloni profondi, che i valligiani chiamano “vaj”, e le rocce lisce e strapiombanti. E’ con questo nomignolo che ci piace vezzeggiarle, come lo hanno fatto tra i grandi il geologo inglese John Ball, primo presidente dell’Alpine Club di Londra, ma anche filosofi come Friedrich Nietzsche, musicisti come Verdi e Ponchielli, la Regina d'Italia Margherita di Savoia. Da queste rocce ci sono passati i migliori alpinisti di tutti i tempi come i nostrani Gino Soldà e Renato Casarotto che hanno lasciato un segno tangibile con le loro imprese, ma anche Cesare Maestri che ha scalato la strapiombante Sisilla e Reinhold Messner che ha salito la parete Est del Baffelan. E’ su queste montagne che si sono raffinati i primi sesti gradi, prima che i pionieri li portassero su altre montagne. E’ qui che in tempi più recenti si è sviluppata l’arrampicata libera moderna. Ma sono soprattutto gli appassionati che salgono lungo i “vaj” a popolare queste montagne: d’inverno severi canali di ghiaccio, d’estate gole impressionanti e selvagge. Per l’escursionista che oltrepassa Bocchetta Fondi in una splendida giornate autunnale, non di rado la limpidezza del cielo dei due mila metri gli permette di guadare lontano fino agli Appennini o alla laguna di Venezia da una parte e al Lago di Garda dall’altra. Guardando invece verso il Trentino si staglia nitido il gruppo del Brenta e l’Adamello. Ma tra queste rocce i veri protagonisti sono gli alpinisti valligiani che si sono cimentati tra queste pareti. Giannino Scorzato è uno di questi, ma oltre alla maestria dell’arrampicata il suo talento si è riversato sui fogli da disegno e con la punta della matita ha tracciato i volti e le pareti scalate dagli esploratori di queste montagne. Nomi che hanno lasciato un segno sulle dure pietre delle Piccole Dolomiti, ma che spesso sono poco noti. Non per questo i protagonisti disegnati da Scorzato sono stati meno bravi degli alpinisti più noti. L’opera di Scorzato è un’antologia di storia di queste splendide montagne, di chi le ha scalate e di coloro anche che da queste montagne sono partiti per scalare le vette di altri continenti. Un arte semplice e raffinata, ma soprattutto una testimonianza importante per coloro che vogliono approfondire la conoscenza di queste splendide montagne.

Franco Perlotto




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