Pietro Spinucci | Verona 2005
I quadri di Colzato sono così personali che non avrebbero nemmeno bisogno di essere firmati tanto il mondo che essi rilevano, riflette in pieno la sua misura di uomo e di artista. Nella sua pittura c’è davvero una caratteristica squisitamente coloristica ed estetica del suo modo di dipingere e di fantasticare. Nel corso degli anni egli ha elaborato una personalissima tecnica, che a me sembra essere la sostanza decisiva e originale della sua pittura. In tutti i suoi quadri, siano essi le splendide Madonne o i colori dell’aria, gli steli d’erba o il trionfo dei fiori, egli scompone la luce e poi la ricompone, con una ricchezza di variazioni che rivelano un mondo diverso che soltanto l’”inner eye” (l’occhio interiore) riesce a vedere oltre la piattitudine della fisicità.
Colzato non gioca con i colori come tanti che non sanno dipingere, ma attraverso il colore coglie il mistero delle cose, prima scomponendole per poi ridarcele come se fossero diverse da quelle che erano, più luminose e complesse di quelle che vedono gli occhi degli altri. La loro diversità tra il prima ed il poi nasce, come tanto spesso accade nelle opere di Colzato, attraverso la magia epifanica dell’artista che davvero possiede la “grazia di Dio”.
Queste parole sono allo stesso livello dell’emozione che si prova guardando ai suoi piani di luce, alle sue Madonne, ai piccoli Cristi che sembrano seguirti con l’occhio mentre dall’emozione di un quadro si passa alla sorpresa di un altro.