Emanuele Schembari

Non c'è confine, in Giuseppe Diara, tra fantasia e realtà e il pathos creativo guida figurazioni stravolte e sofferte, facendo lievitare le immagini. Il mondo rappresentato si traduce in una sorta di visita interiore, che sa essere onirica e che presenta un'identità dalle molte sfaccettature, dove l'artista scompone le immagini, lasciando un messaggio di inquietudine e di creatività. E' la comunicazione di chi è chiuso in una dimensione esistenziale, dove il reale e l'irreale hanno consolidato sicuri punti di riferimento. In questo modo, nelle sue opere c'è un equilibrio tonale, sovrastato, da una diffusa liricità.

Diara tiene conto della lezione dell'arte informale per approdare a nuovi esiti sull'intuizione della forma. Fa gravitare delle ombre sintetiche in una stratificazione di piani isolati dove la figura umana è quasi del tutto eliminata o, in certi casi, appena accennata. Vengono considerate inessenziali le forme naturalistiche del reale e, quindi, sono respinti colori e forme di facile uso illustrativo, scegliendo soluzioni che si identificano in rilevazioni interiori.

La scrittura pittorica alterna lo sfumato e le vibrazioni tonali in velature nelle quali si fondono i vari aspetti del reale e dell'immaginario. Non c'è gestualità né retorica, ma una pittura nella quale non manca la tendenza a considerare ogni aspetto di esistenzialità. La materia è ricomposta in ritmi che servono a far trasparire i rapporti con le forme che si relazionano tra di loro e l'unicità di un soggetto si completa in altre unicità, collegate tra di loro.

Per concludere, in questo dettato, che si pone tra l'informale, il paesaggistico e la natura morta, si ha un impasto materico di forme che assumono varie dimensioni in un equilibrio di spazi e di toni, configurati con rigorosa misura.