Paolo Zammatteo
VOX POPULI
Pergine Valsugana, 26 maggio 2012
MUNDUS SUBTERRANEUS, LA NATURA RADIOSA DI GIUSEPPE FERRARI
di Paolo Zammatteo
VOX POPULI Trimestrale d’informazione Pergine Valsugana, via Guglielmi, 19 Contatti: - www.vxp.it - [email protected]
Giuseppe Ferrari si definisce autodidatta. Ha ereditato la mano dalla madre, che pur non avendo poi praticato una sua ricerca in tal senso, proveniva dalla scuola di Giulio Bertoletti, un grande artista, maestro soprattutto nell'illustrazione e nel fumetto. Ferrari dal 1983 in poi insegue la visione di un mondo postatomico: è una ossessione che lo spinge a inventare un linguaggio onirico, surreale, in cui dimostra subito una notevole, insospettata, dimestichezza con le campiture, le trasparenze, il cromatismo. È un Ferrari elegante, grafico, che dalla madre apprende la tecnica, l’equilibrio compositivo e una dote, che noi uomini impariamo di rado e a fatica dalla grandezza del femminino: la forza che non è aggressiva. Ferrari può elaborare quel modus cogitandi in chiave malinconica, neo-romantica. Quanto Nino Forenza ha modo di vedere, sapendolo capire, in occasione della mostra nell’aprile 2000, è uno spazio celatamente triste dietro la vitalità di una tavolozza già estesa, in quanto quei luoghi non sono più segnati - se non attraverso rovine - dall’umanità né dai suoi ritmi. Sono rappresentazioni di un tempo immoto, ovvero ciclico, quello della natura, e quello ugualmente irraggiungibile del cosmo. A ben guardare, dietro i blu, i verdi, l’orizzonte liquido, c’è la memoria dei colori di un mondo deserto, rado di tracce antropiche: quello subacqueo, che Ferrari pratica di mestiere. La mostra del maggio-giugno 2012 esprime la svolta. Grotte, mare, cielo, luce. Terra, Acqua, Aria, Fuoco sono quelli dell’Elba: Ferrari ha trovato un luogo, due anni fa, dove ancorare il sogno del ritorno, del Nostos di Ulisse. Le gallerie sono quelle militari dell’isola, invase di una luce che le fa risplendere. Cielo, orizzonte e colori sono gli stessi del passato, ma condividono, per gli antichi spartiscono, la tavolozza, se possibile ancora più ampia nelle sfumature, in un’atmosfera fatta di profondità e densa di energia. A chi scrive capita di rado di riconoscere in un progetto pittorico qualcosa che appartiene pure a lui. Il cielo non è fatto per l’uomo, la profondità dell’abisso o quella delle miniere nemmeno. Eppure, conoscendo soprattutto queste ultime, obbligano a una percezione diversa dello spazio e del tempo. È un relativismo vissuto, che obbliga a pensare in un altro modo: e ad interpretare come una grande opportunità la possibilità di provare fisicamente e in spirito la vastità delle espressioni naturali. È un’impressione gioiosa e una grande verità, tanto splendente quanto grandiosa e profonda, quella che Ferrari oggi consegna alle sue rocce, al suo cielo, al suo mare, ai suoi alberi e alle sue rovine. Ancora più forte del passato, per nulla aggressiva o introversa, perciò universale.