Giuseppe Zumbolo. Testo autografo.

Dopo l’azzeramento qualcuno riparte.  (2016)  GIUSEPPE ZUMBOLO

Quali sono le avanguardie dell’arte? In questo cosmo complicato non si riesce a comprendere quale sia il filo conduttore che lega l’arte al suo iter. E si! E’ un momento di smarrimento, eppure c’è.
Lo si scoprirà più avanti, lo faranno le future generazioni, dopo la necessaria sedimentazione.  Ad ogni modo cerco con costanza e impegno di non perdere il mio filo conduttore. Dopo l’azzeramento della fine anni 50 inizio anni sessanta del  secolo scorso,  qualcuno cerca di ricostruire. Punto fermo le intuizioni i dei vari Burri,  Fontana, Manzoni … e altri rappresentano ancora dal punto di vista strutturale le avanguardie da cui partire, soprattutto per quel che  riguarda la vitalità del supporto, che diventa parte della rappresentazione stessa. Intuizione fondamentale, dai buchi e tagli di Fontana, alle piegature della tela di Manzoni, Castellani e Bonalumi, alle cuciture dei sacchi e le combustioni di Burri, il supporto non è un ricettore passivo, ma diventa parte integrante e fondamentale dell’opera. Questa è stata la significativa innovazione del secondo novecento.
Penso sia possibile tener conto delle loro intuizioni per proseguire verso un discorso meno  radicale, che tenga conto del  loro concettualismo estremo per una semplificazione fruibile. Dato  che ci esprimiamo usando la materia, non attraverso la parola come in filosofia.  Va bè  che Manzoni aveva studiato filosofia a Roma, dopo due anni di Accademia di Brera a Milano, dove non s’era proprio inserito, questo la dice lunga sul suo modo d’intendere l’arte. D’altro conto c’era il rischio di racchiudere la pittura in una sorta di autoreferenzialità. Nel senso che con loro ricerca, in ultima analisi, affronta i problemi tipici della pittura: spazio, forma, segno, colore, aspetti riguardanti esclusivamente il linguaggio artistico, senza porsi il problema del racconto che la pittura può fare con quel linguaggio, cioè il raccontare in qualche modo il mondo in cui l’artista è immerso, senza lasciare questo compito ad altri, come se la pittura non avesse niente a che vedere col mondo, racchiusa in una sorta di autoreferenzialità. Ma nell’arte, come nella vita tutto cambia, in questo senso penso sia possibile tener conto delle  loro intuizioni per affrontare anche altre problematiche, dato che lo scopo dell’arte è anche quello di comunicare, emozionare, di sensibilizzare. In  questi ultimi anni però, sono molti a cimentarsi in estroflessioni e piegature di ogni tipo, su supporti d’ogni genere, tecnicamente perfette, eseguite con stampi industriali. A  questo riguardo è giusto segnalare che io lo faccio dalla fine degli anni 90. Ad ogni modo non si può improvvisare una ricerca complessa come quella del linguaggio artistico, a meno che non scopiazziamo altri. Per  quel che mi riguarda ho sempre ambito a una mia coerenza, con fatica,  ho cercato   soprattutto di  personalizzare, non copiare. Tenendo anche presente che dalla fine degli anni cinquanta, per un ventennio circa, sono state molte le innovazioni e cambiamenti, mutamenti e fermenti interessanti, a volte appena accennati, poi tralasciati in una sorta di frenesia mutevole quasi ossessiva. Come se tutto il passato andasse bruciato, come i futuristi. Penso che agli americani vada il merito di aver semplificato il linguaggio artistico. Dato che loro non sentono il bisogno di partire sempre da Giotto, quando si parla d’arte moderna. Così da Hopper in avanti, artista che considero uno dei capostipiti dell’arte indipendente americana libera dall’europeismo, all’espressionismo astratto, alla Pop-Art, divenuta una tendenza che, con alcune diversità è stata  coniugata universalmente. Quindi penso che il linguaggio attuale debba includere tutto ciò che è congeniale alla sensibilità dell’artista, ma deve anche essere un compendio di ciò che è accaduto durante la sua vita. La sfida è quella di riuscire a condensarlo in un’opera d’arte.  C’è il rischio di peccare di mancanza di modestia, del resto una buona dose di autostima è indispensabile, poi magari gli estroflessisti dell’ultima ora   riescono a vendere i propri lavori più di altri ed entrare nel fantomatico mercato dell’arte, perché possono pagarsi il critico famoso, e rispondere, presente, a  tutte quelle triennali che sgorgano da ogni parte, sempre patrocinate dagli stessi critici, usati come vessilli innalzati sulle barricate. Quelli  che vendono le parole a caro prezzo e rilasciano attestati di idoneità a tutti i partecipanti che pagano. Basterebbe pensare che, a suo tempo, i critici noti non hanno mai approvato artisti come gli Impressionisti, Van Gogh, Cezanne, Gauguin e altri… Oggi consacrati a ruolo di capostipiti dell’arte moderna. Già il mercato dell’arte, non lo si può certo ignorare, ma la storia dell’arte è altra cosa, quella segue il suo corso, misterioso e autonomo. Così  può darsi che in futuro tante opere che vengono proposte ai collezionisti col consolidato metodo dell’investimento, rimangano nei depositi a prendere polvere, mentre altre verranno rispolverate per essere consacrate, chi lo sa.  
Intanto proseguo  nel difficile cammino, spesso solitario, verso un equilibrio che dia solidità e avanzamento alle mie opere. Non cerco facili consensi, purtroppo è ciò che mi è sempre toccato, il percorso ostico. Non è che lo cerchi ad ogni costo, ma è come se facesse parte del mio DNA, la cosa mi reca a volte disturbo e conflitti, sono momenti, poi proseguo. Appena mi trovo nel mio studio, che ringrazio di avere, di questi tempi… M’immergo nelle cose che mi appartengono e dimentico tutto il resto, rendendomi conto che è l’unica cosa che posso fare.




2019 Giuseppe Zumbolo
Arte contemporanea.
Cosa s’intende? Penso sia l’artista che usa  un linguaggio che possa essere compreso dalla maggioranza, dato che l’intento è quello di farsi capire. Dato che dipingo da tanti anni, nel corso del tempo la mia pittura ha avuto delle evoluzioni e dei cambiamenti. Dai primi formativi anni 70 anni,  dei Fauves e Matisse in avanti, Rothko, Burri e altri.  Anche se all’osservatore attento risulta chiara una matrice che accomuna le opere dei vari cicli. Da circa un ventennio sono concentrato sul secondo 900 in tutti i suoi risvolti ed evoluzioni, dall’influenza americana alle avanguardie italiane degli anni 60 del secolo scorso. Le mie opere non sono pure citazioni spazialiste o quant’altro. Il  mio intento è quello di assimilare un linguaggio che tenga conto di tutto ciò che mi ha preceduto, per proporre un racconto autonomo in cui il riferimento è spesso la natura, o una traccia di ciò che vedo e vivo nella speranza di condividere. Il  supporto diviene parte integrante della rappresentazione, la piegatura, le cuciture, l’assemblaggio di tele diverse e altro ancora…
Ciò mi permette di adoperare una varietà di mezzi e tecniche in cui il messaggio è tracciato, non dall’aspetto concettuale, bensì dalla materia e colore, dato non sono un filosofo, bensì un pittore.