Scritti autografi di Giuseppe Zumbolo
Brevi scritti autografi. ( Di Giuseppe Zumbolo)
Tela piegata (2001)
Piegare direttamente la superficie pittorica per ottenere un segno indelebile che superi il colore, questo è lo scopo che mi prefiggo quando piego la tela. Ho scoperto questo gesto quando il segno prodotto per scindere la superficie, pur marcato che fosse, non era sufficiente, a mio avviso, ad inciderla abbastanza, a frammentarla, a selezionarla. Così, quasi per caso, mi son trovato a piegare direttamente la tela prima di tirarla sul telaio. E’ stata una scoperta sensazionale, perché ho capito che potevo agire direttamente sulla superficie pittorica, che a mio avviso diventa un riflesso dell’anima, un modo unico ed inconfondibile. Naturalmente anche altri hanno agito in tal senso, basti pensare ai famosi tagli di Lucio Fontana, anche se potrebbero sembrare scontati o addirittura speculativi ad alcuni ma avevano lo scopo di proiettare l’osservatore oltre la tela, nello spazio. Un gesto semplice, ma senz’altro efficace e geniale nella sua rappresentazione, il famoso uovo di Colombo. Nel mio caso, piegare la tela significa incidere, sezionare, ma anche nascondere, sottintendere i misteri della vita. Un piccolo tassello alla visione espressionistica della pittura. Così ritengo, e la cosa mi entusiasma, di essere entrato in un cosmo sconosciuto e variabile in continua mutazione.
Non cercate razionalità nella mia arte, bensì istinto e libertà.
Dal segno all’immagine (2011)
Forma segno colore. Il travagliato viaggio prosegue, in cerca di un equilibrio di sintesi che porti alla fusione di questi tre elementi in una rappresentazione dall’anima. Per una ricerca estetica, ma non solo, anche più in profondità, vorrei. Se la bellezza dell’arte non è solo nella rappresentazione estetica, ma nell’essenza del messaggio che vuole trasmettere, se in grado, di fare emergere il
” bello” dall’animo umano. Ciò include ricerca, sperimentazione e precarie certezze. Tutto per il racconto della vita, che ne conservi almeno un frammento da donare ai posteri. Ciò che è già scritto, perché ripeterlo? Per una verbosità futile e ingombrante? Anche solo una scintilla vorrei dare, che sia unica, vera, irripetibile, creativa. Per aggiungere, se possibile, al filo d’Arianna che conduce per i labirinti a volte oscuri.
2011
Ho iniziato a piegare la tela circa 11 anni fa, con l’opera “Tela piegata N.1”. L’intento era quello di dare una numerazione progressiva alle opere successive. Solo segno e colore, anonimi e silenziosi. Mi sono reso conto che nell’arte, come nella vita, nulla è mai definitivo. Così, un po’ alla volta, “le mie pieghe” diventavano sempre più armoniche, quasi volessero raccontare qualcosa di definito. Emergevano, a mano a mano, forme delineate, vere e proprie immagini. Ora affiorano, personaggi figure, a volte ancora seminascoste, nell’atto di celarsi o di venire allo scoperto, in piena luce, quasi a rompere gli indugi. E’ il palcoscenico della vita. Come in una tragedia greca, i personaggi si alternano, appaiono, scompaiono, si preparano per il gran finale. A volte indossano maschere d’attore, per interpretare diversi ruoli nell’ambito di una stessa tragedia. È la vita e l’arte che la racconta.
Spazialismo e oltre 2012
Rappresentare lo spazio, o meglio appropriarsene neutralizzandone un frammento, le dimensioni di un supporto, magari invadendolo col bianco, che diventa la rappresentazione della luce stessa. Si può andare oltre? È possibile alterarlo, curvarlo, piegarlo, in modo da deformare la percezione del tempo, delle forme, delle immagini, della vita? Tutto, nella finzione dell’arte, dove ogni cosa è possibile, perché nasce dall’immaginazione, non dalla realtà. A volte l’immaginazione diventa realtà, così l’arte influenza la vita e la storia, spesso l’anticipa. Così s’intuisce un campo d’azione infinito, appena sfiorato. La scintilla s’accende, illumina per poco la palude dell’ovvietà, stantia e decrepita. In quel piccolo frammento di luce s’intravvede l’insondabile possibilità di “ creare “. E’ l’intuizione, l’dea centrale dalla quale non discostarsi. Passo dopo passo la si struttura, la si rende sostanziale attraverso la materia, equilibrata, aggiungendo, togliendo il più delle volte. L’intuizione deve essere sempre presente, altrimenti diventa solo un esercizio di verbosità, inutile e fuorviante, amorfa
2012.
L’opera d’arte nasce dall’idea, il progetto, la struttura, i materiali, che la rendono sostanziale.
Non tutto ciò che produciamo è arte.
Una volta portata a termine, bisogna chiedersi:
Andrà oltre il momento della sua esecuzione?
E’ futuribile che la qualifichi come un’invenzione?
Come verrà considerata tra qualche tempo, un anno, due dieci…
Senza invenzione non esiste arte.
A volte invenzione è un diverso punto di vista.
Spazialismo e oltre 2012
Rappresentare lo spazio, o meglio appropriarsene neutralizzandone un frammento, le dimensioni di un supporto, magari invadendolo col bianco, che diventa la rappresentazione della luce stessa. Si può andare oltre? È possibile alterarlo, curvarlo, piegarlo, in modo da deformare la percezione del tempo, delle forme, delle immagini, della vita? Tutto, nella finzione dell’arte, dove ogni cosa è possibile, perché nasce dall’immaginazione, non dalla realtà. A volte l’immaginazione diventa realtà, così l’arte influenza la vita e la storia, spesso l’anticipa. Così s’intuisce un campo d’azione infinito, appena sfiorato. La scintilla s’accende, illumina per poco la palude dell’ovvietà, stantia e decrepita. In quel piccolo frammento di luce s’intravvede l’insondabile possibilità di “ creare “. E’ l’intuizione, l’dea centrale dalla quale non discostarsi. Passo dopo passo la si struttura, la si rende sostanziale attraverso la materia, equilibrata, aggiungendo, togliendo il più delle volte. L’intuizione deve essere sempre presente, altrimenti diventa solo un esercizio di verbosità, inutile e fuorviante, amorfa
Novembre 2013
Quadro, perché quadrato.
In genere rappresentazione di un soggetto, inteso come una finestra aperta su di una realtà, pretestuosa. Dal momento che la realtà rappresentata nasce dalla fantasia dell’artista, che attingendo al proprio mondo interiore, trasferisce intuizioni,sensazioni,malesseri,turbamenti e quant’altro, su quel supporto che genericamente definiamo quadro.
Vorrei andare all’erigine di tutto ciò, partendo dal fatto che il quadro, è in primo luogo uno spazio.
Perché non concepirlo come un frammento di assoluta libertà? Uno spazio libero.
Può essere piegato, sovrapposto,tagliato,inondato di colore o di altro materiale.
Lo spazio è all’origine della vita. Il tempo trascorre, in qualche modo misterioso nello spazio, a senso unico. E se lo spazio fosse alterato, curvato o piegato? In che modo ciò influirebbe sul suo misterioso percorso? Si potrebbe alterarlo, tornare indietro,spostarsi in avanti nel tempo?
Anche la luce viaggia a 1079251200 km/h circa, in linea retta. Ma se alterassimo la spazio?
Anche la percezione della luce e quindi delle immagini ne risulterebbe alterata,distorta?
Insomma penso che il punto focale sia lo spazio. Nella finzione dell’arte, a volte si anticipano scoperte o eventi. Grazie ad intuizioni di cui spesso si è inconsapevoli. Penso che un giorno comprenderemo di più queste cose, quando l’uomo approfondirà maggiormente le leggi del creato.
Magari sarà possibile viaggiare avanti ed indietro nel tempo, perché in grado di leggere la misteriosa via che percorre nello spazio. Così per adesso mi limito ad immaginarlo con l’arte.
Non è un aspetto speculativo, per la spasmodica esigenza d’inventare qualcosa di nuovo, dal momento, che per quanto creativi, in realtà non creiamo nulla, dato che in natura nulla si crea e nulla si distrugge. Lo avverto bensì come un bisogno immediato ed istintivo.
La sperimentazione è la vita dell’arte, senza di essa non ce arte. Per cui per il momento sono impegnato a comprendere questi aspetti concettuali, cercando in qualche modo di rappresentarli.
Spazio libero ( free space ) 2013
Per collocare un evento inconscio nel mio frammento di libero universo.
Qualcosa apporterà al discorso, che sembra disarticolato e confuso. Solo perché non segue la comoda logica consueta. Poi… quando il mosaico si completerà diverrà più semplice la lettura.
Tenendo presente che un ‘opera d’arte è sempre qualcosa di misterioso e magico, dato che non nasce da una logica matematica e calcolatrice. Segue semmai percorsi, che per il momento esulano dal comune concetto razionale del comunicare. L’inconscio, il non vissuto, il mondo interiore traspare, a volte in modo intatto e cristallino. Se vogliamo che qualcosa rimanga di questo mondo, inflazionato da troppe semplici coniugazioni, luoghi comuni per fasce di appartenenza di caste e casati. Troppo spesso parole stereotipate dagli …ismi di appartenenza, di cui ne tollero solo alcuni,
i primi del fine 800 inizio 900. Dopo di che diventati un’amorfa demarcazione di nomenclature da depositare sugli scaffali impolverati del sapere. Il più delle volte, masturbazioni cerebrali di eminenti critici che a dire il vero farebbero meglio a tacere. Da parte mia, cerco la libertà della parola e del gesto, se possibile ad ogni costo. Per cui, vorrei che il mio “ quadro “, fosse una finestra aperta non sul mondo di fuori, ma verso l’interno di noi stessi, verso l’inconscio. Mi rendo conto che potrebbe sembrare una contraddizione, ma penso che se vogliamo comunicare un’emozione, dobbiamo cercare di percepire l’essenza del messaggio. Che sia il più possibile semplice, diretto, che miri al comune sentire dell’umanità. Più scaviamo dentro noi stessi alla ricerca della sintesi, e dell’essenza, del centro, tanto più somigliamo al tutti gli uomini e ci avviciniamo al comune sentire e percepire. Ma quanto è difficile scrollarsi di dosso le varie incrostazioni e imperizie del superficialismo invadente! È difficile il percorso verso la libertà, eppure e li che si deve andare. Quindi se andiamo all’origine, ciò che realmente m’interessa del quadro, non è tanto ciò che rappresenta, ma piuttosto la libertà dello spazio che il quadro rappresenta.