Gianfranco Ferlisi
Cosa deve fare una pittrice che sa dipingere e non vuole passare per una passatista, per una che si affida ancora al linguaggio della tradizione, sempre più obsoleto secondo i campioni della critica dominante?
Deve semplicemente mettere a punto opere d'arte che possano realizzare ciò che le opere d'arte hanno sempre fatto: esteriorizzare, tramite il proprio punto di vista, l'osservazione sul mondo, esprimere i caratteri di un contesto culturale sempre più complesso e disorientante, offrire il proprio lavoro quale specchio per ostentare la propria comprensione della contemporaneità. E questo è ciò che Giuseppina Taddei prova a realizzare coi magici segni del linguaggio della pittura. Perchè, l'artista, sensibilissima e intelligente, è lì che trova la strada della ricerca di una sua ricca e splendente vena aurifera. E' il sentimento dello scavo, del suo calarsi e addentrarsi nelle viscere misteriose e immaginarie di una miniera speciale in cui è possibile trovare particolarissime e speciali pepite con cui forgiare rappresentazioni oniriche, e le materie come affiorate da lontani universi, rendono la forza e l'urgenza di un mondo interiore ricchissimo. I suoi dipinti manifestano la memoria di isole silenti e senza tempo, di terre e luci mediterranee. Sono immagini uniche le sue che emergono per portare alla luce-ed è ciò che conta -una accuratissima operazione pittorica.
A fronte di un percorso solido di studi, a fronte dei fondamentali di un'altra epoca, a fronte di un impegno pluriennale, Giuseppina ci mostra nei suoi lavori più recenti, una produzione sempre più giocata sul crinale dell'astrazione lirica. Con estremo rigore costruttivo lascia affiorare tenacemente il libero e imprevedibile moto della coscienza, in una interpretazione sempre più lirico-musicale.
Dai grovigli materici, a cominciare dalla trama di toni rossi rutilanti come lava, risaltano bagliori fiammeggianti, come in Etna, un dipinto volto a rammentare le proprie radici siciliane, e in grado di fare emergere, nel contempo, il lato enigmatico ed inquietante di un'artista che invita ad esplorare opere in cui si agitano raffinate tensioni cromatiche e luministiche. E la materia diventa sempre più fonte primaria della sua espressione artistica. Tutto ora giunge lì, verso le potenzialità che essa racchiude.
Giuseppina manipola infatti i colori del mondo facendo ricorso all'immaginazione, mentre la pittura materializza un rapporto vitale con l'entità fisica dell'opera, con la sua qualità di strumento rituale in grado di parlare della natura e del suo infinito portato simbolico. E la sua pittura che si mineralizza sulle tele trasferisce e rende visibile, alla fine, gli aspetti reconditi del sapere osservare il mondo. E l'autenticità della sua passione esalta la costruzione di una sinfonia materica, una sinfonia che, sulla superficie dei suoi quadri dissemina bellezza. Così la sua pittura, tra le ombre residuali della figurazione, tra intuizioni poetiche e meditazione, tra sapienza tecnica e intensità emozionale, porge una sintesi ideale per portarci oltre la barriera della rappresentabilità del reale, tra le trepidazioni di una speciale passione creativa femminile, fino a farci toccare lo stupore del contatto visivo con la sua opera.