Teodosio Martucci

GLADYS SICA “Un primigenio, plastico pensiero”

Rivista "Artecultura" 2021 e testo critico Personale "Le forme e i colori dell’anima" Milano 2022.

Nella ricerca scultorea di Gladys Sica, artista di origine calabro-argentina, ma da molto tempo residente in Italia, si avverte chiaramente come il nodo plastico della sua risoluzione espressiva sia l’anima stessa dell’opera. Il suo linguaggio ha come epicentro la figura umana, che viene intuita e sviluppata in una sintesi essenziale in cui la massa muscolare, il denso torcersi dei volumi, contribuiscono alla profondità della visione.

La sua opera è in controtendenza rispetto agli attuali orientamenti della scultura che privilegiano l’assottigliarsi della materia, quasi che quest’ultima facesse paura, fosse il mostro da evitare e non l’essenza stessa della scultura: ridurre la scultura a puro spazio, che assurdità!

Al contrario Sica sottolinea nel suo intenso modellato il netto prevalere del pieno sul vuoto e nel contempo senza annullare il dinamismo della scultura che è dato dal movimento dei piani, dalla loro repentina inclinazione su cui la luce guizza con tocchi rapidi e sfuggenti. Per l’artista vale ancora il principio michelangiolesco del “levare”, di ricavare la forma dall’involucro stesso della materia che già la contiene.

Naturalmente la forma, la figura finale, incontrano la sensibilità dei nostri tempi con una stilizzazione efficace in cui si possono forse riscontrare elementi di un cubismo meno irrigidito, affine al ritmato linguaggio di un Archypenko. Nell’artista vi è certamente una predisposizione al monumentale, all’intensità organica dell’opera che deve solidificarsi o aprirsi in un suo nucleo generativo. Certo poi vi sono alcune soluzioni in cui il dato naturalistico è più percettibile, ma le espressioni più sensibili della scultrice sono quelle in cui la struttura formale è preda di una sua più intima evoluzione, quasi che fra struttura e vita vi fosse un suggestivo contrasto, una permanente lotta su cui lo spirito dell’artista indaga con la sua intuizione.

La poetica di Sica predilige il primigenio, l’origine mitica dell’umanità, una sorta di Giardino dell’Eden in cui all’uomo e alla donna erano sconosciute l’astuzia, la reciproca competizione, la corruzione. E’ una scultura che va alla ricerca del primordio del linguaggio, quanto tutto è ancora in divenire, incerto, affascinante ed angosciante nello stesso tempo. Uno stile quello di Sica che si allontana certamente dal realismo convenzionale, ma non dalla potenzialità della materia, anzi della carne stessa, che l’artista vuole affinare, ma senza tradirne l’intima ed evocativa poesia. Ecco perché le sue stilizzazioni non hanno quasi mai un effetto decorativo o formalistico, ma sono pregne di mistero, annunciano qualcosa di sacro e di inviolabile.

Da queste considerazioni emerge il profilo di una scultrice che nella molteplicità delle sue espressioni è coerente tanto sul piano formale quanto su quello più personale, simbolico. Il suo modellato procede con uno scavo all’interno della materia, per evidenziarne fratture, frammenti o punti di imprevista coincidenza, di contatto.

In parallelo alla scultura Sica corrisponde anche sul piano della pittura con dipinti nei quali è da osservare il raffinato grado di aggregazione della materia, che si alleggerisce del suo peso in virtù di una luce che vibra dal suo interno, quasi una sottile evocazione dello strutturalismo cezanniano, condotto però verso un maggiore affrancamento dai dati di realtà, in direzione di una figurazione che tende a modellarsi di più sulla sfera dell’immaginario. Il risultato della forma è sempre un processo in continua trasformazione che va intuito nelle pieghe stesse dei piani, dei volumi, dell’architettura complessiva dell’opera.

L’istinto di questa artista non è mai un cieco abbandono, ma un saggio controllo delle forze, qualunque esse siano, che regolano la materia, nell’infinitamente piccolo come sul piano cosmico.

In fondo la scultura, la pittura, per essere vere, autentiche, sembra suggerire Sica, non devono fare altro che accompagnare questo primordiale processo, che al di là delle contingenze tecnologiche, scientiste, sempre accompagnerà l’uomo nella sua avventura storica e naturale.

Teodosio Martucci.