Franco Bulfarini

Riccardo Ancillotti: Gli OMINIDI calcano la scena del contemporaneo.

Esprimere originalità non omologabile è cosa rara. Riccardo Ancillotti ci prova con i suoi OminiDi. Esseri che si pongono sul piano della satira sociale, se non teatrale nel senso della commedia, senza rinunciare sul piano tecnico iconografico ad una concretezza cromatica e ritmica di superficie che sostiene le forme di primo piano: gli OminiDi.

Sono loro i protagonisti: esseri buffi, ironici, dinamici, che svettano su fondi cromaticamente ricchi, se non materici, resi con tecnica classica: olio su tela. La ritmica dei colori è vibrante, scorre da sempre nell'animo dell’artista, anche musicista, trova ospitalità nei suoi lavori. Mi piace pensare a quanti artisti sono stati oltre che pittori, valenti musicisti e quanto la musica possa essere amalgama per l’arte. Il richiamo in primis va a Paul Klee, ma anche a Kandinskij.

Ancillotti ha ideato dal nulla “gli OminiDi”, esseri caricaturali, che si muovono sulla tela come in un fumetto, che amano, giocano, ed agiscono da protagonisti di ogni sorta d’azione, come quelle imputabili a noi umani. Non mancano passioni e sentimenti, celati nella satira, tesi a svelare le tante identità che ci appartengono a volte a nostra insaputa. Ad Ancillotti bastano disegni e cromie, di parvenza infantile, per ridefinire il mondo, esternandone carenze e superficialità, o forse i bisogni.

Oggi nei social siamo tutti OminiDi, tutti connessi virtualmente, avvinti ad inaspettate sensazioni, ma anche esposti a nuove fragilità. Se sei connesso esisti, oppure è la tua morte sociale, il tuo io pubblico che si perde e finisce per svanisce, quando il dato virtuale lascia spazio a quello reale. A volte le cose si confondono, tanto che non è chiaro quale sia la realtà.

Certamente le nostre vite non sono più le stesse, i nostri avatar si muovono ed agiscono per noi, ci rappresentano ed in parte ci destabilizzano o ci deresponsabilizzano. Il mondo dei “mi piace” vive delle sue dinamiche, banalità e drammi. Noi siamo e ci sentiamo dentro OminiDi. Siamo anche gente tecnologica, eppure tremendamente preistorica. Non ci sono novità sotto il sole, generazioni di esseri si sono moltiplicate su questa terra senza che nulla sia realmente mutato, abbiamo strumentazioni sempre più intelligenti, eppure ci muoviamo come cavernicoli.

Ci guidano capi tribù che dirimono conflitti senza uso della clava o di arco e frecce, ma con la minaccia di pigiare bottoni piccoli e dirompenti che possono condurre all’obblio. Si gioca al massacro e noi impotenti, siamo certamente OminiDi ed anche tanto “fantozziani”. Lo siamo anche nelle piccole cose, nei nostri rapporti spesso primordiali, nella nostra incapacità di comunicare, nel nostro ostentare superiorità o nel nostro sentirci fuori posto.

Gli OminiDi di Ancillotti pur comici sono anche fragili e frustrati, immaturi, ma anche gloriosi, o giocosi, forse eroi romantici di un lontano passato, le loro vite, come le nostre, sono combattute fra buon umore e tristezza, fra stupidità e genialità. Sanno essere umani questi OminiDi, come nostri alter ego, possono indurci a riflettere, a rinnovarci sul filo del sorriso. Sono macchiette contestualizzate su sfondi cromatici, sempre al centro della scena, recitano, ognuno un ruolo, una parte o una competenza: ecco apparire “La casalinga”, “Il politico”, i cantanti come “Umberto Tozzi”, ed in base ai comportamenti nascono opere come: “La determinazione”, “L’opportunismo”, “L’incompletezza”, “L’intesa” e tante altre situazioni vignettistiche, replicanti la realtà.

Il pittore musicista conferisce ritmo alle sue creature, dona loro vita autonoma sulle tele, crea questi esseri dolci e vivaci, a volte irriverenti come Gremlis (dal noto film), ma non per distruggere, ma per far sorgere un sorriso dai tanti tramonti delle nostre vite.

Ancillotti, attraverso gli OminiDi, riflette sulla nostra e sua stessa esistenza con quella necessaria alterazione che solo può produrre una proposta artistica autentica. Quella lente alterata che come sosteneva Oscar Wilde, in uno dei suoi noti aforismi, consente di distinguere chi è artista da chi non lo è fino in fondo.

Siamo di fronte alla singolarità di una visione che potrà far bene al mondo dell’arte, come ne venne da Keith Haring o Jean-Michel Basquiat, o forse anche da Arcimboldo. La parodia dell’uomo in fondo ci riscatta dalle nostre mediocrità. Fra le opere singolari le caricature dello storico complesso rock, "The Beatles" o di un grande musicista come “Umberto Tozzi”, reso nella sua personalità. Poi sorprende l’opera “Viceversa”, un’intuizione originale di un mondo rovesciato, come lo sono oggi le nostre esistenze da OminiDi, non più tanto Sapiens Sapiens, ma parafrasando Social Social.