Gilberto Cavicchioli

 Grazia Badari appartiene alla non folta schiera di pittori che traggono, con profitto molta parte della propria ispirazione dalla poesia, finendo anch’essi, non raramente, per diventare poeti: gli uni per esprimersi utilizzano la parola, gli altri si giovano del colore. Si va a costituire così un genere pittorico che più opportunamente si potrebbe definire “pittura poetica”.

La Badari non sfugge a questa chiamata: la sua pittura diviene infatti più godibile se osservandola si rifugge dalle fredde e rigorose norme razionali e ci si lascia, invece, trasportare dalle ineffabili fluttuazioni del sentimento, del con-senso.

Si riesce così a condividere con lei le recondite motivazioni di un colore, di una campitura, di un segno, di una matericità.Quello che ad una osservazione superficiale si presenta come un distaccato elemento oggettivo diviene, con tale sentire, un rapporto interpersonale tra autore e fruitore.

L’opera si palesa allora, quasi magicamente, nella sua vera essenza e lascia scoprire ciò che in un primo momento appare esclusivamente come un insieme di segni o di pigmenti anonimi.

Non raramente infatti la Badari, illustrando le sue opere, indica un volto, una fattezza, una figura che senza la sua guida non si manifesterebbero nella captazione dell’osservatore. Mai , come nella sua pittura, si evidenzia conseguentemente lo stretto collegamento , quasi dipendenza, tra operatore ( il pittore) e fruitore che finisce, in tal caso, per divenire quasi un goditore.

Gilberto Cavicchioli


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