Vittorio Sgarbi - Commento artistico pubblicato sul volume "ARTISTI '20" Annuario internazionale d'Arte contemporanea, Mondadori Store
La maggior parte di chi dipinge, scolpisce o in generale crea qualcosa, ci tiene al titolo di artista, col quale più spesso tende a compiacersi e ad autodefinirsi, tante volte in un delirio di narcisismo patologico, che, in quanto tale, non è per nulla supportato dalla realtà.
Perché l'arte è anche la meta agognata da chi ha bisogno di darsi un tono, nonostante scarse capacità tecniche ed evidenti carenze di contenuti.
L'onestà di Grazia Barbieri nel riconoscersi è invece positiva: si autodefinisce artigiana, preferendo questo titolo a quello di artista, forse anche perché, con l'andare degli anni e nel panorama contemporaneo, ha perso certamente l'aura carismatica un tempo riservata a pochi eletti.
Ma in effetti, nelle opere di questa artigiana, c'è la riproduzione di quello che vede, e fin qui tutto è chiaro. In quelle dell'artista, quello autoproclamatosi tale, spesso emerge un dato sconfortante. Che è poi quello delle affermazioni che fa, del tipo: "Io dipingo quello che ho dentro", ma poi, a vedere i risultati, c'è da pensare che dentro non abbia proprio nulla a cui concedere un valore, di pecunia o anche solo di pensiero.
La pittura di Grazia Barbieri è solida, va dritta al punto del manufatto, che deve essere bello esteticamente per essere tale o ha perso in partenza il suo fascino: preso e ripreso da riferimenti glamour, dalle immagini di moda e di celebrità, posiamo senza sforzo ricondurlo alla fonte. E quindi sì, non è un'artista e ammetterlo per negazione è un punto di forza, tra sincerità e falsa modestia. Un'opera che punta al bello - senza quasi messaggi pseudo-sociali che solo chi li crea ritiene necessari, senza girarci intorno, senza quel pot-puorri di simboli buttati a casaccio, come tanti artisti didascalici ci propongono in imbarazzanti sfoggi di ignoranza dei significati, ma fa intellettuale e quindi eccoli ovunque - è un'opera che non imbarazza perché il suo scopo è quello di compiacere l'occhio, senza avere la pretesa di insegnarci qualcosa, di educarci dall'alto di un complesso di inferiorità che affligge quelli più convinti.
La pittura gradevole e ben realizzata non ha di meno rispetto a quella moraleggiante, anzi, non vuole romperci le scatole e di questo la ringraziamo.