Giorgio Falossi,
Critico e storico d’arte (Il Quadrato)
La Croce sparisce sotto l’umanizzazione estrema del volto che Ignazio Colagrossi sa rendere con la ineluttabile presenza della sofferenza e del martirio. È il Cristo interpretato da un potente scultore capace di esprimere nel calco tutta la sua forza d’animo e tutta la disperazione di una specie umana. I suoi lavori, racchiusi entro i due modi di scolpire tra tradizione e contemporaneità, recuperano materiali e segni che vengono dai grandi maestri del nostro Rinascimento, attualizzando certi aspetti, come il taglio della figura, vivace e vitale, ampliato in certe parti che ne escono esaltate. È uno scultore che sa indagare i segreti dell’anima aprendo alla rappresentazione dell’intimità sia felice che drammatica, illuminandola di lampi di luce che squarciano le grandi membra ed evidenziato gli attimi più intensi del racconto. I rilievi nel panneggio forniscono occasione di ombre e di sussulti, i capelli chiudono in parte i bui secolari dei vari passaggi della storia e forniscono liee che tratteggiano la rappresentazione dove l’umano e lo spirituale si alternano e si incontrano creando forte emozioni. Attingere alla sacralità della persona e ai Grandi della scultura costituisce una fonte inesauribile di ispirazione a cui Ignazio Colagrossi si ispira perpetuando la grande Arte.