Memmo Giovannini,

 filosofo, collaboratore agenzie EINAUDI.

Quella di Ignazio Colagrossi, sembra una poesia che muove intorno alla sacralità della vita, assumendo aspetti multiformi: di ferita biografica, di incubo mentale, di ansia ascetica e di gioie per le esistenze condivise. Un ribollire di attimi e di emozioni rubate, vissute per sempre. E viene suggellata con la forza del mito e con le cadenze sacrali, che trascendono l’antico limite della confessione, dello sfogo e della sottile sapienza di un linguaggio poetico che si fa numero, immagine e valore musicale. La poesia di Ignazio Colagrossi è anche terreno di incontro fra ironia ed emozioni, disciplinata in un flusso discorsivo dal ritmo incalzante, fitto di domande pubbliche e private, di meditazioni. Al contempo, temi cruciali per l’uomo contemporaneo si fanno colloquiali in virtù del tono lieve che li esprime e si vivificano al fuoco della malinconia individuale e di improvvise accensioni satiriche. Nella sua lingua poetica, Ignazio Colagrossi fa posto anche al dialetto romanesco: la convivenza dei diversi registri ha un che di naturale e profondamente autentico, come è autentica la necessità di trovare un sentire immediato, una parola essenziale che faccia fronte alla continua metamorfosi del mondo, senza separare le brucianti ragioni del corpo dalle emozioni della mente. Ignazio Colagrossi canta in “Dentro l’anima” anche le sue memorie. Memorie di natura familiare. Questo ritorno alle origini, avviene nella maniera più semplice e in un contesto che non si fa mai favola ma è presenza, passione e carica vitale: è memoria risuscitata. Per accostarsi a “Dentro l’anima” consiglio di non opporre preliminarmente alcuna resistenza: leggere, lasciasi prendere e circuire da questi versi, dove grazia e precisione si coniugano in modo mirabile. L’aria della poesia è l’inatteso. Non c’è una sola pagina, in questa raccolta, che non ci consenta di respirare quell’aria. Solo in un secondo tempo dopo esserci abbandonati a una comprensione immediata ed euforica, senza sapere né in forza di quali mezzi siamo sicuri di comprendere, verrà il momento di interrogarsi sulle risorse, sugli artefici, sui segreti del testo e di interrogare quel doppio che la poesia fa nascere dentro di noi e che prende forma nella sua ombra. Sarà allora, il momento di costatare l’efficienza di un linguaggio poetico che non lascia una sillaba inerte e che tende a caricare fino allo spasimo ogni parola, conservando, dalla prima all’ultima lettera, un intatto potere di convocazione.