Galleria Farini : Grazia Galdenzi , Roberto Dudine, Azzurra Immediato

Segno,gesto, colore, materia,in foggia di pensiero tramutato in una privazione della forma tout court per lasciar spazio ad immagini profonde, emerse dalla profondità dell’anima.

 In breve potrebbe essere questa l’ essenza racchiusa nella ricerca dell’artista romana Marina Baciocchi, la quale, dopo gli studi tradizionali ed un primo approccio con l’arte mediante la lavorazione della ceramica, da cui provennero molti riconoscimenti anche sul fronte internazionale, decise di fermarsi e riprendere la propria indagine solo nel 2003 dedicandosi, tuttavia, in modo esclusivo, alla pittura, proiettandosi in una ininterrotta ricerca personale e stilistica che l’ha vista protagonista di molte mostre e di un riconosciuto successo di critica.

Ella giunge a Bologna, in occasione della XVIII Collettiva di Arte a Palazzo con l’opera del 2017 titolata La cascata, realizzata con tecnica mista.

Il paradigma dell’intitolazione segue il legame semiologico che offre al segno una matrice linguistica cui appigliarsi, necessaria in quanto , prevalentemente, lo stile adottato e prediletto dalla Baciocchi tende ad un astrattismo informale che si carica di referenze espressioniste, in cui il colore e la materia si ergono a vettore di comunicazione. L’artista ha deciso,dal 2003 , di intraprendere la via della sperimentazione ,attraverso l’uso di tecniche e materiali misti, tendendo verso quello che potrebbe definirsi un dinamismo non solo concettuale ma anche pratico.

Il segno, accennavo all’inizio del mio testo. Il segno, marcato o meno, è divenuto una sorta di grafia, di  linguaggio personale della Baciocchi, la quale, ne fa un uso sintetico, essenziale, in grado di attraversare interi universi tonali e tornare indietro e poi andare ancora in cerca di nuove direzioni.

Una scrittura che fissa i termini di unione e separazione, di espressione primigenia della civiltà umana, che reca in sé il gesto deciso e l’alfabeto dell’inconscio.

La cascata , si fa carico del segno ma in maniera tale da esser, al contempo, portatrice di materia , entro la quale il segno si discioglie, come fagocitato dalla pastosità del pigmento, negli azzurri  e nei verdi che rendono, quasi per sfocatura onirica, l’idea della cascata. Marina Baciocchi usa il colore in maniera pura, lo mescola ma non lo fonde, come si trattasse di un contestuale incontro e scontro, come si trattasse, anche , della traduzione di emozioni, sentimenti, concordi e discordi, ma frutto dell’istinto, delle passioni e , pertanto ingovernabili.

L’opera qui in oggetto non si caratterizza tramite una gestualità ritmica e geometrizzante, al contrario si satura, si rende quasi nebulosa, vapor acqueo che rimanda ad immagini poetiche, non subito chiarificabili ma che, piuttosto, si affidano all’osservatore, a quanto Egli saprà cogliere, ma anche trovarvi un empatico legame.

                                       “ Sia cosi’ la tua anima!

                                Precipiti, affondi, si perda , si polverizzi!

         Ma ritrovi poi, sicura , raccolta , nel letto più tranquillo , il suo puro e chiaro corso!”

 Peter Altenberg

Cosi’ scriveva il poeta austriaco a proposito della Cascata della Traun presso Gmunden in una delle sue Favole e allo stesso modo pare suggerire l’opera di Marina Baciocchi, come se dall’astrazione all’astratto tutto tornasse , in un tourbillon emozionale.


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