dal manifesto
Secondo la nostra intuizione e le nostre intenzioni, frutto di un rigoroso
lavoro di ricerca artistica, è lo stesso oggetto primario che viene messo in
discussione nella sua espressione spaziale, nella sua essenza di molecole in
coesione. All’interno del corpo medesimo andiamo cercando delle linee che
chiameremo, e vedremo perché, LINEE DI CAPTAZIONE PSICOLOGICA.
Queste linee. Una volta ben individuate, vengono estrapolate dal contesto,
spogliate di tutta la materia che insiste loro intorno e trasformate in armature
su cui ricostruire ex-novo materia e forme per un oggetto diverso da quello
primario con cui condividerà soltanto le suddette linee di captazione. L’artista
rivivrà quindi il nuovo oggetto come funzione del proprio io, libero di
modificarlo a piacere in ulteriori e validi equilibri strutturali.
La nuova configurazione apparirà come un susseguirsi di zone massificate in
grumi attorno alle linee di captazione psicologica (donde il nome di
Grumatica) e l’anima dell’artista sarà l’enzima catalizzatore di tale processo.
Nella nuova configurazione si alternano pieni e vuoti in quantola materia
non verrà creata né distrutta ma solo spostata nellezone di accumulo
generando, in riscontro, zone di rarefazione.
L’intero processo può avvenire anche secondo una concezione
spazio-temporale dove lo spazio è fantasia e il tempo inteso come
memoria o esperienza.
La rinnovata realtà vivrà come presenza del tutto negli aggregati e
sarà percepibile mediante il muoversi dell’occhio dell’osservatore.
Queste successive visioni parziali costringeranno lamente ad un modellato
e paziente lavoro di ricostruzione del primitivo oggetto,
aiutato in questo, dal filo d’Arianna del titolo.
La captazione psicologica dell’oggetto può essere vissuta, oltre che
staticamente (costruzione di un’armatura spaziale su cui aggrumare le nuove
masse: grumatica statica), anche in modo sequenziale o dinamico.
Vedremo l’oggetto frazionato in una serie di captazioni parziali e successive
così come queste vengono recepite dall’artista. Ci sarà quindi una captazione
primaria, una secondaria etc.
La primaria, che si eserciterà su quella parte dell’oggetto che primariamente
ha attirato la nostra attenzione, occuperà una notevole parte della superficie a
disposizione e sarà molto elaborata. Le altre saranno più ridotte sia come
masse sia come dettaglio per restituire all’osservatore la sensazione di una
captazione di grado inferiore.
Infatti, mano a mano che diminuisce l’attenzione dell’artista diminuiranno
masse e dettagli rendendo la frazione dell’oggetto sempre più semplificata.
Non c’è niente di più universale del messaggio grumatico e niente di più
strettamente individuale.
Le masse grumatiche si pongono come lettere di un alfabeto e ciascuno con
esse formula un linguaggio proprio e individuale. In questo modo comunichiamo
con l’inconscio di chi ci osserva. Nei nostri quadri l’io razionale interviene solo
parzialmente solo nella fase pittoricamente tecnica mentre, per il resto
della fase di grumatizzazione, nella fase cioè di creazione degli agglomerati, è il nostro
inconscio che ci guida e viene fuori nel suo sforzo di creare quello che Bauduin chiama
“ un autoritratto estremamente impudico” e di instaurare quel momento magico del
significato di arte che è la comunicazione tra gli animi.
A proposito delle perplessità che può suscitare la nostra visione artistica ad
una prima lettura, ricorderemo soltanto le parole di Cassirer: “ l’arte può
infrangere tutte le leggi della verosimiglianza che l’estetica classicista riteneva
essere le leggi costitutive dell’arte. Essa può darvi le visioni più grottesche e
bizzarre eppure mantenere una propria razionalità: la razionalità della
forma.”
Agugiaro - De Santis 1983
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