franca calzavacca

  • Una geniale speculazione artistica sull’arte visuale ha condotto due artisti romani Mario Alberto Agugiaro e Franco De Santis a compilare un loro programma operativo – forse sarebbe meglio chiamarlo manifesto – tale da

ribaltare gli eventuali riferimenti iconografici che la loro pittura a prima vista suggerisce (DAlì, Ernst, Tanguy). La formula che essi propongono, dopo una severa ricerca nel segno e nellamateria delle loro opere, sembra andare ‘oltre la pittura’, si adatta, infatti, anche ad altri modi di espressione artistica, in particolare il teatro. La volontà di superare i loro limiti, scaturita già al primo incontro nel Luglio dell’83 all’Orangerie di Versailles, li ha indotti a mediare una vocazione surrealista,

con propensione a processi di automatismo, per raggiungere una posizione opposta, quasi dottrinaria. Le regole di Agugiaro e De Santis si riferiscono contemporaneamente a due ambiti diversi, quello iconografico e quello tecnico, per oltrepassare le condizioni secolari sull’idea intuitiva di dinamismo. Si raggiunge così in modo estremamente consapevole ad una divagazione dalla primaria immagine reale, il residuo naturalistico sempre presente nella compilazione di opere

‘grumatiche’. Non è creazione di un mondo visionario e nemmeno una composizione di traslati avvalendosi dell’uso di tecniche illusorie e trompe l’oeil. E’ invece un  recupero dell’oggetto attraverso un’articolata sequenza iconica, a tutta prima

quasi imposizione psicologica ed inquietante paradosso estetico. Oltre gli elementi di indeterminatezza che informano il quotidiano, proprio l’inquietudine pervade le ricerche di Agugiaro e De Santis conducendoli verso nuove categorie estetiche e psichiche per rimediare alle contraddizioni del linguaggio artistico attuale. I nuovi copisti di una storia leggendaria, dalla Transavanguardia alla ‘ pittura colta’, oggi tanto di moda, fermano il loro dettato alla più o meno ironica interpretazione di mitologie antiche e contemporanee, si adagiano più o meno brillantemente nel piacere di una visione narrativa, si estendono sulla superficie manieristicamente. I nostri due artisti che si presentano per la prima volta assieme in occasione di questa loro mostra personale al Palazzo Farnese di Caprarola, sovvertono la scrittura dell’immagine in valori autonomi. Non li sottraggono all’interpretazione ma li programm ano alla fruizione secondo una serie di impatti emotivi, creati dal colore e dalle strutture che si modellano in rappresentazione. I tratti connotativi del loro discorso, aperto alla tentazione di una manipolazione psicologica dell’osservatore, risultano essere una successione di momenti indotti che vengono coniugati secondo progressive situazioni sino a raggiungere sul piano espressivo il recupero ambiguo dell’oggetto, assunto a nuova identità. Le escrescenze del segno determinano le raffinate favole dei due artisti che passano dal naturale al

meccanico tra sollecitazioni iconiche e referenti surreali e superano le parvenze della natura tendendo alla soluzione alchemica e magica della ‘ macchinazione ‘ fantastica. Già dai primi studi condotti secondo le rispettive personalità,

compaiono chiare le invenzioni morfologiche degli autori e la loro esigenza di agire all’interno di un codificato procedimento estetico. Al di là dei dati immediatamente offerti o dichiarati, una continua riflessione sull’emblema e sull’impresa, sulla

relazione autore-fruitore come conseguenza di fattori accertabili e di altro imponderabili, ha messo i due pittori in condizione di spostare l’ interesse ad un altro livello che non il consueto, in cui si perda la memoria del lavoro effettuato e si determinino le motivazioni. Attraverso questa esperienza che è ai suoi inizi ma che potrà avere esiti eccitanti, i simulacri della figura si fanno tramite del movimento interiore dicreazione degli autori che altrimenti rimarrebbe precluso allo sguardo esterno (fig. ‘La caduta di Lucifero’. Olio 320x200).

Franca Calzavacca (1984)

…la grumatica non ti impone figure precise né in qualche modo v