ROBERTO VOLPI - BIOGRAFIA DELL'ARTISTA MATTEO MILLI

Matteo Milli è nato a Cagli il 27 luglio 1991. Tuttavia la sua intera esistenza si è svolta nel borgo di Apecchio, anche questo in provincia di Pesaro Urbino. Non è azzardato individuare un rapporto tra le caratteristiche della località, in cui ha vissuto e tuttora vive, e la sua attitudine artistica. Come mille altri centri minori sparsi in tutta Italia, Apecchio è di per sé un'opera d'arte, ma con particolarità notevoli, dovute sia alla configurazione urbanistica, sia all'interazione con il paesaggio circostante. Pare che vivere in un posto del genere induca un animo sensibile alla ricerca di motivazioni per creare e per comunicare. Matteo è un autodidatta, nel senso che non ha avuto una formazione artistica a livello scolastico. Ha frequentato infatti l'I.T.C.G. “Salviani” di Città di Castello, dove ha conseguito il diploma di geometra nel 2010, eseguendo poi il relativo tirocinio professionale. Questo percorso non è stato tuttavia privo di positivi influssi sulla sua attività successiva, avviandolo alla precisione nel disegno e, in particolare, nel tratteggio e nelle linee, specie quando queste si incurvano a suggerire il movimento e la profondità dello spazio. Tutto ciò accompagnato da una propensione esistente da sempre, fin dall'infanzia. Ed ecco quindi il suo progressivo affinarsi nel disegno a china, utilizzato sapientemente nella fumettistica. Ne sono derivate alcune pubblicazioni di buon livello: West nel 2012, ispirato al film Per qualche dollaro in più di Sergio Leone; Samurai nel 2013, Shrapnel nel 2015, ambientato sul fronte della prima guerra mondiale. Questi lavori sono stati in un certo senso prodromici alla evoluzione ulteriore. Non è difficile scorgervi tematiche che torneranno e si approfondiranno più avanti. Tra queste la figura del guerriero, del combattente per motivi e per finalità in cui crede. Il tutto stemperato da una sottile ironia e autoironia, che sottintendono la volontà di migliorarsi, di conoscere ed indagare le proprie potenzialità e di forzare i propri limiti. L'ingresso di Matteo nel mondo della pittura è recente. Tutte le sue opere sono databili infatti al biennio 2016-2018. La prima fase è contraddistinta dall'acquerello su carta cotonata o liscia. Fin dalle prime realizzazioni pittoriche è ben visibile il legame tra modalità espressiva e interessi culturali, che partendo dalla mitologia antica ruotano in maniera sostanziale intorno alla stretta compenetrazione tra arte e storia. Milli è appassionato di storia, specie di periodi come l'antichità egizia e quella classica in particolare romana, il Rinascimento, l'era napoleonica, il Risorgimento, la prima guerra mondiale. Ma in questo ambito riemerge l'attaccamento ad Apecchio e alla sua plurisecolare vicenda. Né potrebbe essere diversamente, per un luogo che alla sua peculiarità paesaggistica accoppia una sua specificità storica. Non si può dimenticare infatti che, nel contesto prima del Ducato di Urbino e poi dello Stato pontificio, sotto il lunghissimo dominio della famiglia Ubaldini Apecchio mantenne uno status di semi-indipendenza, destinato a sopravvivere alla devoluzione dell'Urbinate al papato nel 1631 e protrattosi fino all'estinzione della signoria locale. Ne deriva il sedimentarsi di una volontà di lotta per il mantenimento della propria autonomia, di un'attitudine fiera e guerriera che costituisce il tema portante di molti dipinti di Matteo,sicuramente fra i meglio riusciti. All'origine della poetica del nostro autore si possono individuare tre componenti, efficacemente rappresentate in tre acquerelli del 2017, impostati su pennarello a china e definite inventio, inspiratio e imago. Inventio è la sorgente della fantasia e quindi l'osservazione non solo della natura, ma più ancora dei maestri del passato e attraverso questi dell'aspetto e della psiche degli uomini. Inspiratio è la fase della sintesi tra l'osservazione e la ricerca personale nonché il gusto dell'artista. Ciò che ne deriva alla fine è l'imago, che squarcia il velame dell'immaginazione per presentarsi al pubblico come oggetto leggibile. Dal punto di vista tecnico, il tragitto compiuto da Matteo è riassumibile nel passaggio dall'acquerello all'acrilico su cartone telato. Ma già nella prima fase sono visibili alcuni capisaldi dell'arte milliana. In opere come Natura o La Sorgente, entrambe del 2016, risulta ben presente la compenetrazione tra mito e storia, con l'intento di spaziare su momenti diversi: nel primo caso, con un nume alato che rimanda a un'iconografia etrusca o comunque preromana inquadrata in una solennità classica. Nel secondo, la ninfa raffigurata è ornata da piume che fanno pensare piuttosto a una visione di stampo amerindiano o comunque esotico. Ma sicuramente il filone più presente, che transita dalla prima alla seconda fase, è quello del guerriero in lotta per principi in nome dei quali vale la pena di battersi, di vivere, se necessario di morire. Ed è singolare la commistione tra l'ambientazione storica delle figure e la scelta di usare come modelli amici del pittore o, sempre più spesso, l'autore medesimo. Ne scaturiscono acquerelli come L'uomo d'arme in cui un amico di Matteo è trasformato in un soldato di Federico da Montefeltro o L'Atrezz, dove un altro apecchiese diventa un alabardiere di fine Cinquecento. Dello stesso tenore anche l'acrilico M (1300) del 2017, in cui il guerriero è l'autore: uno dei lavori meglio riusciti, in cui lo sfondo azzurro rende ancor più immediato il balzare del protagonista fuori dall'oscurità, sottolineando il piglio aggressivo del viso. In tutti i lavori risalenti a questa tematica Matteo è abile a muoversi tra un atteggiamento sarcastico e scanzonato, già presente negli esordi fumettistici, e un'esaltazione della forza, se non della violenza. Ecco che le lame o comunque le armi in primo piano sembrano godere di vita propria, riproponendo una tradizione cara a grandi pilastri della storia dell'arte, da Paolo Uccello a Velazquez. Ecco infine la scoperta di esiti cruenti, come Medioevo in guerra, dove la bella figura femminile sembra l'ipostasi di un oscillare tra la vita e la morte, con il sangue che scorre copiosamente su tutta l'inquadratura. Milli non ha bisogno di rispettare la simmetria e non vuole rifarsi a una rappresentazione forzatamente prospettica. Conoscitore del Rinascimento maturo e del grande Manierismo, gli interessano il movimento e i sentimenti dei soggetti. Da questo punto di vista, è fondamentale il graduale inserirsi nella reminiscenza della grande lezione caravaggesca. Matteo vede giustamente in Caravaggio una sorta di perfezione nel rappresentare la psicologia e nel battere nuove strade di indagine sul colore, sulla luce, sull'ombra. Si guarda bene dall'imitare il grandissimo del passato, ma cerca di riproporre in chiave attuale e personale il suo spirito innovativo. Non è complicato rinvenire nei prodotti di Milli un diretto influsso caravaggesco. Il già citato Atrezz è volutamente riferito a tale epoca. Nel fiero cipiglio dei “guerrieri” milleschi pare di riscontrare un'eco della ferocia con cui, per esempio, gli aguzzini torturano Cristo nella Flagellazione del 1606. Il recente lavoro dedicato a Santa Cecilia risente, nell'impostazione, della caravaggesca Madonna dei Pellegrini, in cui il Merisi, per essere più efficace nell'evidenziare l'umanità e la femminilità della Vergine, non esitò a utilizzare come modella la propria amante. Allo stesso modo questa Santa Cecilia è ieratica ma con la sua spalla nuda emana una sensualità tutta terrena. Al di là di singoli spunti, è nel campo dell'indagine e dello sforzo compositivo che risalta l'adesione di Milli alla poetica di un grandissimo. Si vedano a tal proposito due autoritratti recenti (2018), in uno dei quali Matteo stavolta raffigura se stesso come traslato all'epoca di Caravaggio e in cui la relativa accuratezza della sua persona contrasta con i colori appena abbozzati sullo sfondo, quasi a far intuire la difficoltà nell'esporre e nel dare concretezza all'ispirazione. Nell'altro si gioca sull'effetto luce/ombra, come per riproporre quelle che furono definite le “veementi opposizioni di chiaro e di scuro”, punto di forza dei più grandi capolavori caravaggeschi. Niente di più sbagliato potrebbe esservi tuttavia del convincersi che Milli sia già pervenuto a un punto fermo. La sua giovane età, l'ingresso recente nella pittura confermano che si trova appena all'inizio di un lungo cammino destinato potenzialmente a portarlo verso mete oggi impensabili. E' dunque significativo che già oggi non sia un personaggio appartato e sconosciuto. Lo dimostra il seguente elenco delle mostre in cui sono stati esposti i suoi dipinti.