http://news.dracia.com/intervista-a-monica-casu
Partiamo dall’inizio: Come e quando e dove hai iniziato a dipingere?
Conobbi l’artista Gianni Argiolas tramite la mia famiglia nel 2001. Mi portarono nella sua bottega e trascorsi tutta l’estate e gli anni successivi ad apprendere i suoi insegnamenti. La frequentazione è sfociata nella partecipazione alla “Mostra Collettiva di Pittura” nel 2003 in cui misi in luce la pittura ad olio, lo stile di rappresentazione e l’utilizzo del colore.
Nel 2012 ho frequentato il “Laboratorio di Pratica delle Belle Arti” tenuto dal docente Pàl Nemeth DLA con la partecipazione alla mostra “Primi Passi”, occasione per incrementare le conoscenze acquisite in precedenza sullo studio delle forme, del colore, delle luci e proporzioni.
Infine l’anno scorso ho collaborato con l’architetto/artista Carlo Occhini, col quale ho intrapreso scambi artistici portandomi alla riflessione emotiva sull’arte. L’unione di tutte queste esperienze hanno dato origine alla mia espressione artistica.
Chi ha deciso il genere?
Il genere non è qualcosa che si è deciso a tavolino, ho appreso delle tecniche che col tempo e la pratica ho reso mie. Sicuramente tutto è dipeso da Gianni, per citare le sue parole “se ho un pregio è quello di aver fatto respirare ai miei allievi l’aria di una bottega”, ed è davvero così: apprendere il suo metodo senza imposizioni ha lasciato libera la mia espressione.
Con il tuo genere a cosa ti avvicini maggiormente?
Si basa su due registri: figurativo e cromatico. Il primo è una porta d’accesso dove l’occhio individua l’immagine di una figura femminile (ninfa) concentrandosi subito su di essa, ma in realtà a livello più profondo lavora il cromatismo delle tele, dinamico e variato da sottili sfumature. La pittura si avvicina ad un sogno subacqueo negli abissi più profondi dell’essere
Ti ispiri a qualche artista famoso?
L’ispirazione arriva da ogni immagine che si imprime nella nostra mente, non cerco rigorosamente i personaggi famosi. Mi hanno sempre detto che gli artisti diventano importanti solo dopo la loro morte, quindi spero di prendere i riferimenti giusti tra i vivi.
Oltre a questo, fai altro?
Ogni tanto mi metto sul pianoforte intestardendomi con qualche spartito! Ed essendo appassionata di arte e creatività ho scelto inevitabilmente la professione di architetto.
Puoi spiegare cosa significa per te essere una pittrice?
Alcuni hanno il diario segreto in cui scrivere e raccontare le proprie giornate, io ho una tela dove sono impresse le mie emozioni. La creatività rende liberi.
Che rapporto c’è tra te e i pennelli?
Li metto dentro una bottiglia al termine del quadro come gli artisti maledetti.
Qual è l’arte contemporanea che si apprezza ora?
L’arte socialmente critica con clamore e scandalo domina la scena. Altri riferimenti artistici di nicchia vengono etichettati con la ormai nota frase: "Questo lo potevo fare anch'io!". Di fatto, oggi è possibile rendere globale la trasmissione delle proprie sensazioni: tutti hanno la possibilità di lasciare il proprio messaggio, di segnare il territorio, trascendendo le norme per imporre la propria libertà di pensiero e azione.
Ti piace la situazione artistica nazionale e internazionale?
Gli artisti internazionali sono tantissimi, sinceramente credo di aver bisogno di una laurea per poter essere aggiornata a riguardo. Ogni artista si cimenta in ricerche di temi estremamente interessanti ed è incredibile la capacità di sviluppare concetti in modo innovativo. L’arte non smette mai di andare avanti ed è stupefacente la contaminazione di sperimentazioni altrui. Ultimamente studiavo Kris Kuksi, spettacolare.
Quali sono i tuoi Artisti preferiti?
Avrei voluto vivere la Parigi degli anni ’20 nella sua atmosfera di pieno fermento, esplosione attrattiva delle più grandi personalità dell'arte, della cultura, della musica e dello spettacolo, in un clima di rinascita che fa della città il laboratorio internazionale della creatività. I miei preferiti sono i maestri come Monet, Matisse, Modigliani, Chagall, De Chirico, Miró, Magritte e Dalí
Qual è la tua opera preferita?
Ho sempre desiderato avere un preferito, così un giorno in seconda media decisi di aprire il libro di storia dell’arte e scegliere quello che mi piaceva di più: Viandante sul mare di nebbia di Caspar David Friedrich. Dal giorno, continua ad esserlo.
Sei soddisfatta della risposta del pubblico alle tue mostre?
Si, l’emozione più grande è stata vedere un gruppo di ragazzi avvicinarsi ai quadri per leggere i titoli e percepire le loro sensazioni, turbamenti nel cercare di immedesimarsi in quelle parole. Capire, riflettere, emozionare: sono tre azioni essenziali che voglio suscitare nel pubblico.
Il tuo percorso artistico è interessante… Hai qualche aneddoto particolarmente significativo?
Un episodio in particolare, avevo 15 anni quando ricevetti la mia prima commissione. Presi talmente tanto a cuore quella tela che ci misi sei mesi per realizzarla. Non ero mai abbastanza soddisfatta fino a che un giorno Gianni Argiolas mi disse: “Basta, l’hai finito!”. Ebbene non riuscii a separarmi da quel quadro, ancora oggi è a casa mia. Ci sono quadri che non hanno un prezzo.
Progetti futuri? Impegni ambiziosi?
I progetti futuri sono tanti, uno di questi è a dir poco ambizioso ma necessita di uno spazio per l’installazione, sarebbe fantastico avere la possibilità di entrare in una galleria. Suona un po’ come appello? Effettivamente lo è.
Vuoi ringraziare qualcuno?
Banale rispondere con: la mia famiglia? Devo tutto a loro, nonostante siano spudoratamente di parte ma non hanno mai smesso di sostenermi. In particolare ho uno zio che cura il fascicolo su di me da quando sono nata, dove al suo interno ci sono tutti i miei “piccoli traguardi”.