Zena Roncada

L’arte fra le mani

Qualche riflessione sull’opera di Nuzzo Monello

“Vi è la Sicilia verde del carrubo, quella bianca delle saline, quella gialla dello zolfo, quella bionda del miele, quella purpurea della lava …”, scriveva Gesualdo Bufalino in Cento Sicilie.

Fra i tanti volti di quest’isola plurale, vi è la Sicilia bruna della terra, che si trasforma e accoglie ogni colore, la Sicilia del lutum che segue e a sua volta suggerisce l’ispirazione, forte ma cedevole alle mani e all’ingegno dell’uomo.

Materia prima della creazione, la terra ha bisogno di natura e cultura, di sole e di fuoco, di antichi saperi e pensieri, per uscire dall’indistinto, dall’indefinito. Sono questi, infatti, i mezzi che consentono all’argilla di individuarsi in una forma, veicolando le suggestioni e i miti dell’antichità, dalla Bibbia fino ad oggi, i sentimenti e le sensazioni che provengono dall’arte e dall’esercizio quotidiano della vita.

Nuzzo Monello è il consapevole mediatore di questo passaggio e mette nel gioco della creazione la sua storia di uomo innamorato del bello e del sogno, le sue radici isolane, la sua cultura polifonica, la curiositas che lo spinge a visitare ogni codice espressivo, dalla parola al segno e all’immagine, per appropriarsene.

I s-oggetti che nascono dall’argilla e dalle sue mani diventano allora oggetti-entità che dell’io mantengono ed esprimono la connotazione più profonda, mentre raccontano la storia del mondo e del suo farsi.

Sono composizioni mimetiche e simboliche, insieme, perché nascono dalla fedeltà alla natura, ma anche dalla fuga dal senso unico delle cose, alla conquista di valori aggiuntivi.

E’ proprio questo intrecciarsi continuo il nucleo vivente dell’arte di Nuzzo Monello.

E’ attiva una carica vitale che smonta la realtà in un brulichio di elementi: in onda, foglia, frutto e grano, in ape, miele, tronco e ramo, in pesce, chicco, pane e uva, in melagrana, farfalla, ulivo e colomba, in fiore, uomo/donna, sasso e serpente … Quasi un censimento che restituisce l’infinita varietà degli atomi che formano la molecola del vivere, e li comprende in un abbraccio onnicomprensivo.

Il microcosmo del reale, segmentato in unità discrete, si coniuga, però, con le forme astratte della geometria, con coni, triangoli, sfere, e poi si ricompone, secondo un estro combinatorio, ora per rivestire un’idea, ora per dare vita a un simbolo.

Anche questa è la lezione che si ricava: i simboli non sono soltanto immagini già date, che chiedono di essere svelate, ma sono immagini che l’uomo può costruire per innesto o per accumulazione o per vicinati inattesi, percorrendo i sentieri segreti dell’analogia e della similitudine.

Il risultato è una nuova configurazione della realtà, chiamata a contenere un messaggio che va oltre la somma delle singole parti, perché l’insieme, dialetticamente, la supera in una nuova, articolata unità.

Facile pensare, allora, al piccolo ciclo “Lutum-Chtonia-Hybla”, tre opere legate dal filo conduttore della materia germinativa: il fango si fa terra materna, la terra materna diventa civitas che a sua volta genera, nel tempo, chi la abita.

La terra è dunque il “talamo utopico” che consente la congiunzione primordiale degli elementi e, non a caso, l’opera dedicata a Lutum vede la presenza di un filo-cordone ombelicale, forse, a cingere ed unire, in una sorta di grembo, gli archetipi: la sfera e il triangolo, che si prestano reciproche simbolicità, nel segno dell’unità divina, della tensione verso il sole/luce e dell’armonia che presiede alla generazione.

E se Chtonia vede il fiorire di questa generazione nell’albero della vita, Hybla è la pienezza della fertilità che dona e trasforma, è la ricchezza operosa di fattore e fattura, è ape e miele, è il fermento del movimento e della riproduzione.

E’ la stessa opulenza ad affiorare nella fusione di umano e vegetale che presiede alla ‘nascita’ di Eva-Gea, viluppo di nature, tese ad incontrarsi e a prestarsi reciproche donazioni di senso.

Indugiando con lo sguardo sulle opere di Nuzzo Monello, si ha la sensazione avvolgente che la fertilità della terra incontri la fertilità di wit, l’ingegno acuto e brillante, per usare le parole di Luciano Anceschi, e di fancy, la potenza della fantasia creatrice, una fusione che rende possibile una realizzazione mai seriale, ma sempre all’insegna dell’inedito.

Nel suo nome, un guscio di noce, che del piccolo fa la sua forza, può diventare Arca potente ed accogliere una natività capace di aggregare colomba e serpente, salvezza e naufragio, cibo e santità, materia e spirito.

Una piccola noce può dunque attraversare il mare della vita, se contiene il seme della speranza, sfidando la logica di un ristretto possibile.

Con la stessa sfida si possono fermare nell’argilla Irrequietezza e Ragione, concetti così trasparenti da richiedere correlativi s-oggettivi per trovare ora nella schiuma, che pare increspare le superfici, ora nella verticalità della costruzione, che ricalca lo schema figurativo dell’uomo e della croce, la loro rappresentazione. Anche l’Aspirazione trova forma, nella morbidezza delle volute che la tengono al di qua della fretta fagocitante della brama…

Un intero mondo valori e sentimenti sorge e occupa lo spazio, senza lasciare che il vuoto del non vedere e del non sentire prenda il sopravvento: così l’arte diventa un antidoto portentoso all’aridità e torna ad essere, fra le mani dell’uomo, lo strumento per rimodellare la vita.

                                                                                                   Zena Roncada

Art in the hands 

Reflections on the work by Nuzzo Monello 

"There is the green Sicily of the carob tree, the white one of the salt pans, the yellow one of the sulfur, the blonde one of honey, the purple one of the lava ...", Gesualdo Bufalino would write, in Cento Sicilie.

Among the many faces of this plural island, there is the brown earth of Sicily, which is transformed and welcomes every colour, the Sicily of lutum that follows and in turn suggests strong inspiration but yielding to the hands and ingenuity of man.

As raw material of creation, the earth needs nature and culture, sun and fire, ancient knowledge and thoughts, to get out of the indistinct, the undefined. These are, in fact, the means that allow clay to identify itself in a form, conveying the suggestions and myths of antiquity, from the Bible until today, the feelings and sensations that come from art and from the daily exercise of life . Nuzzo Monello is the conscious mediator of this passage, who puts, in the game of creation, his story as a man in love with beauty and dreams, his island roots, his polyphonic culture, his curiosity that drives him to visit every expressive code, from the word to the sign and the image, to own it.

The creations that arise from the clay and from his hands then become objects-entities that maintain and express the deepest connotation of the ego, while telling the story of the world and its being.

They are both mimetic and symbolic compositions, since they are born from fidelity to nature, but also from the escape from the unique sense of things, to the conquest of additional values.

The living nucleus of Nuzzo Monello's art is precisely this continuous interweaving.

A vital charge is activated, which dismantles reality in a swarm of elements: wave, leaf, fruit and wheat, bee, honey, trunk and branch, fish, grain, bread and grapes, pomegranate, butterfly, olive and dove, bloom, man/woman, stone and snake ...

Almost a census that returns the infinite variety of atoms, which form the molecule of life, and includes them in an all-encompassing embrace.

The microcosm of reality, segmented into discrete units, is, however, combined with the abstract forms of geometry, with cones, triangles, spheres, and then reassembles itself, according to a combinational inspiration, to cover an idea, or to give life to a symbol.

This is also the lesson that is drawn: the symbols are not just images already given, which need to be unveiled, but images that man can build by graft or by accumulation or by unexpected contacts, along the secret paths of analogy and similitude.

The result is a new configuration of reality, called to contain a message that goes beyond the sum of the single parts, because the whole, dialectically, overcomes it in a new, articulated unity. It is easy to think, then, about the small "Lutum-Chtonia-Hybla" cycle, three works linked by the leitmotif of the germinative matter: mud becomes maternal land, motherland becomes civitas, which in turn generates, over time, those who live there .

The earth is therefore the "utopian thalamus" that allows the primordial conjunction of the elements and, not by chance, the work dedicated to Lutum sees the presence of an umbilical cord, perhaps, to gird and unite, in a sort of womb, the archetypes: the sphere and the triangle, which lend each other reciprocal symbolism, in the sign of the divine unity, of the tension towards the sun / light and of the harmony that presides over the generation.

If Chtonia sees the flowering of this generation in the tree of life, Hybla is the fullness of fertility that gives and transforms; it is the industrious wealth of factor and workmanship, it is bee and honey, the ferment of movement and reproduction.

Opulence itself, which emerges in the fusion of human and vegetable that presides over the 'birth' of Eva-Gea, a tangle of nature, aiming at meeting and lending each other donations of meaning.

When looking at Nuzzo Monello's works, the enveloping feeling that the fertility of the earth meets the fertility of wit is evident, and so is the acute and brilliant wit to use the words of Luciano Anceschi, and fancy, the power of creative imagination, a fusion that makes possible a unique realization, always in the name of the new, though.

In its name, a walnut shell, which draws its strength from smallness, can become a powerful Ark and welcome a nativity, capable of aggregating a dove and a snake, a salvation and a shipwreck, food and sanctity, matter and spirit.

A small walnut can therefore cross the sea of life, if it contains the seed of hope, challenging the logic of a small possibility.

With the same challenge, Restlessness and Reason can be fixed in the clay, such transparent concepts as to require subjective correlatives to be found now in the foam, which seems to ripple the surfaces, now in the vertical construction, which retraces the figurative scheme of man and the cross, their representation. Even Aspiration finds its shape in the softness of the volutes that hold it on the hind side of the swallowing rush of craving ...

A whole world of values and feelings rises and occupies the space, without letting the void of not seeing and not feeling overcomes: so art becomes a strong antidote to aridity and turns into being, in the hands of man, the tool to reshape life.

Zena Roncada