Franco Bulfarini

Pietro Racchi è artista dotato di grande forza immaginifica. Come risulta dalle note biografiche che lo riguardano, Pietro opera in arte con continuità dall’età di 33 anni. Inizialmente attratto dal surrealismo e, dopo il diploma in campo grafico, sente emergere in lui la necessità interiore di esprimersi attraverso forme di pittura e scultura, fortemente arricchite dall’assemblaggio di materiali poveri o di scarto. Il suo ricettacolo creativo ha origini nell’infanzia: l’artista cita il 1953 e ricorda quando “da bambino povero”, sapeva utilizzare l’ingegno per crearsi giocattoli plasmando, la sabbia, la terra le pietre ed altri materiali che l’ambiente gli rendeva disponibili a costo zero. Il gioco è, dunque, alla base della sua notevole creatività. Materiali di ogni genere sono assemblati, modificati a piacimento, per creare vere e proprie opere d’arte. Ogni dipinto o meglio pitto-scultura o costruzione, segue procedimenti che potrei definire alchemici e fortemente suggestivi, che sono spesso descritti e resi pubblici dall’artista in diversi filmati. Per Pietro l’arte è rimasta un gioco, un modo di esprimersi e soprattutto di ritrovare la sua infanzia, nel creare e plasmare la materia con le mani, con libertà totale di esprimersi, la stessa posseduta dal bambino in lui mai sopito. Pietro Racchi è un creativo che esplora le possibilità estetiche della materia, che sa come comporla e renderla opera unitaria, dove ogni minima parte possa concorrere a rendere armonico l’insieme. Da questo fare, intrigante ed attento anche alla tecnica, sono sorti due cicli principali che oggi identificano l’artista in modo coerente e significativo a livello stilistico: “Vedute Spaziali” e “Natura Artificio”. Le opere del primo ciclo trovano caratterizzazione attraverso l’uso di svariati materiali, composti ammirevolmente a generare un grande equilibrio formale sorretto dall’attenzione al dettaglio. Si tratta di un’astrazione ben progettata ed organizzata, che si dipana fra assemblaggio e dipinto, fra forme e colori, fra piani e volumetrie o sporgenze, il tutto sorretto da una profonda coerenza stilistica. Con l’altro ciclo, ovvero “Natura e Artificio”, l’artista pare volere mettere in contrapposizione l’uomo e l’ambiente, in un contrasto, mai dissipato, che in fondo è interazione vitale. La carica materica qui è cogente fino a sfociare in opere tridimensionali (a tutto tondo), con rango queste di vere e proprie sculture, che trovano vita attraverso l’assemblaggio festoso di oggetti e materiali impensabili, che dialogando fra loro fino a comporre l’opera. A volte vi è l’uso di sassi, altre possono essere bottoni, tappi, cartoni, plastiche, rami rinsecchiti o forgiati dal mare, o trovati su rive di fiumi, parti di frutti o sementi, corde, conchiglie raccolte sulle battigie od altro ancora, ricercato in luoghi d’abbandono ma che l’artista trova utili alla sua arte e, miracolosamente, riporta ad altra funzione, quella di opera d’arte, grazie all’abile uso di colle, stucchi e tanto altro. Quello che stupisce è la capacità istintiva che ha Pietro di armonizzare via via l’opera mentre viene a formarsi, una maestria creativa a mio giudizio rara da trovarsi. Gli elementi utilizzati, all’apparenza inconciliabili, si rafforzano nel quadro-montaggio proprio grazie al loro apparente contrastarsi, perché dalle differenze sorge la maggior forza espressiva: sta all’artista comporre gli ingredienti e rendere l’unità dell’opera, che sarà sempre pezzo unico. Ogni materiale è pretesto di riflessione ed è giustapposto in abbinamenti straordinari che generano bellezza, un vero piacere per la vista e per gli altri sensi. La materia viene forgiata e ricondotta ad unità di stile, all’armonia dei toni, nello splendore di cromie spesso naturalmente offerte dagli oggetti stessi. Vi è in questo generare un senso di attualità, un evocare il nostro tempo presente, con le sue colonie di plastica che solcano i mari, con le tante foreste in cenere, con i detriti spaziali che gravitano incombenti sulle nostre teste, con le macerie prodotte dai terremoti, dagli uragani. In tutto questo vi è la lotta fra uomo e natura, che Pietro evoca e rende forma d’arte. Alla fine è sull’opera che tutto si ricompone, che tutto si pacifica, che tutto ritrova equilibrio. Ed è in questo fare la forza di Pietro.