Vittorio Sgarbi

Non si scappa. Ogni opera di Piero racchi, artista operante ad Acqui Terme, si intitola nello stesso modo, Natura e artificio. Binomio fra i più ricorrenti nelle vicende del pensiero universale, e non solo di quello occidentale, che ha inteso distinguere, ma non necessariamente contrapporre l'ambito di ciò che esiste indipendentemente dalla capacità creativa dell'uomo e ciò che dall'homo faber invece dipende. In filosofia, e di riflesso anche nell'arte che si é posta come espressione estetizzata di particolari mentalità, la natura ha assunto valore positivo nelle visioni idealiste, convinte della sostanziale perfezione del creato in corrispondenza di quella del principio creante. In questa prospettiva, all'uomo non rimane che ricercare il massimo livello di armonia con la Grande Madre, potendo al massimo aspirare alla sua emulazione. Così la vedevano, per esempio, i classicisti rinascimentali; ma già col Manierismo e il Barocco, si afferma la volontà di individuare nell'artificio un'altra possibile natura, parallela a quella reale, eppure dotata di autonomia normativa rispetto ad essa. Nell'ottocento, due novità destinate a influenzare enormemente la mentalità moderna: da una parte, l'incrinazione, in filosofia, del primato idealista in favore del pensiero negativo (da cui anche la leopardiana “natura matrigna”), dall'altra la progressiva identificazione dell'artificio con il progresso tecnologico, capace di determinare nuovi mondi più di quanto l'arte sarebbe stata in grado di fare. La Natura e artificio di Racchi, intesa come programma complessivo della sua opera, é coerente con la storia appena sintetizzata. Il confronto, stridente, é ormai fra le origini della materia di cui Racchi si serve, la natura in un verso, l'industria nell'altro. L'armonia classicista é ormai un mito lontano, ma non del tutto dissolto; perché in fondo Racchi, componendo assemblages eterogenei di radici, metallo, polistirolo o plastilina, continua a contemplare la possibilità di una mediazione fra estremi che l'attualità vorrebbe sempre più inconciliabili, ognuno non negando l'esistenza altrui. E' l'intuizione dell'artista, associando liberamente l'inconsueto, organizzandolo in una forma plastica che non si deve al caso, ma all'applicazione di un preciso criterio regolatore, lo stesso riscontrabile nella logica della macchina, a stabilire una nuova condizione che tende a superare i vecchi steccati concettuali. E’ da qui che la vita, non solo dello spirito, può ripartire.

                                                                                                                                 Vittorio Sgarbi