FRANCO SOLMI
FRANCO SOLMI: Direttore della Galleria comunale d' arte moderna di Bologna dal 1975 al 1987. Solmi, aveva curato alcune mostre di rilievo nazionale come "La metafisica del quotidiano" (1978) e Morandi ed il suo tempo (1985). Si era laureato in Estetica con Luciano Anceschi e era divenuto uno dei maggiori esperti italiani del pittore delle bottiglie. Dopo essere stato segretario del Circolo di cultura a Bologna, dal 1959 entrò a far parte dell' assessorato alla Cultura guidato da Renato Zangheri. -----------------------------------------------------critica di FRANCO SOLMI------------------------------- Su di una cosa concordano tutti coloro che si sono criticamente occupati della pittura di Pio Carlo Barola, ed è il fatto ? evidente a livello di scelta linguistica ancor prima che nelle significazioni del narrare ? che l?artista si riallaccia ad una tradizione simbolistica che a Torino, città in cui ha compiuto gli studi diplomandosi all?Accademia Albertina, ha probabilmente più convinti cultori che in ogni altra parte del nostro paese. A differenza però dalle declinazioni fantastiche che il simbolismo prende in alcuni maestri, simbologie e metafore qui tendono al concreto, nel senso che le allusioni, i rimandi, le possibili assonanze non accompagnano il riguardante al di là, al di fuori o ?oltre? quel che diciamo il reale, ma riconducono sensi e sguardi nel vivo dei processi esistenziali, nei gorghi della più dispiegata quotidianità. Intendo dire che Pio Carlo Barola può anche essere considerato un artista del ?fantastico?, ma la sua pittura evita sempre le soglie buie dell?irrealtà e del surreale per una sorta di adesione alla concretezza delle cose presenti sentite nella loro corposità, nel loro peso oggettivo.
Ciò vale che il pittore crei l?immagine di una città, di un campo d?erbe e di fiori, di una fanciulla o ritorni, attraverso il filtro dell?ironia, a leggere i grandi della pittura, come nell??Omaggio a Botticelli? composto nel 1978. Ma da quella data molte cose mi sembrano cambiate nel linguaggio di questo costruttore di allegorie del quotidiano. L?immagine s?è fatta più stringata ed essenziale, al linguaggio simbolico s?accompagna con vitalistica veemenza la sensualità più scoperta. Si veda ad esempio il dipinto del 1986 ove alla prepotente e carnale figura di giovane donna nuda in primo piano fa riscontro, sul fondo, il fantasma della vecchiaia. Il dipinto si intitola Vento del tempo ed è in qualche modo anomalo rispetto a quelli degli ultimi anni soltanto perché la giustapposizione degli opposti momenti della parafrasi simbolistica finisce non per fondere, ma per separare le due immagini, quasi che l?artista abbia dipinto due opere su una sola superficie. Non soltanto v?è uno sfalsamento di piani rispetto allo spettatore, ma la figura sul fondo, di memoria classica, è gettata nel passato a cui appartiene e non entra in dialettica ? come dovrebbe se la significazione simbolica funzionasse ? con la realtà rappresentata della fanciulla in vertigine. Barola si è evidentemente reo conto, e altri suoi dipinti ultimi lo dimostrano, dello scarto concettuale e l? ha sottolineato invece di evitarlo, costruendo con diversa tecnica e diverso linguaggio le due figure, l?una in modo intensamente espressionistico l?altra secondo la regola classica del ?disegno?, cosicché ad una parte pittorica risponde nel quadro una dissonanza grafica, di lontana memoria. Tanta è la forza dello sguardo, dell?indagine che si colora di sensi vitali e di quella ?gioia visiva? di cui ha così acutamente scritto Albino Galvano presentando il pittore, che l?immagine giunge a volte a sfiorare l?improntitudine della ?Pop Art? e l?allucinazione descrittiva, come avviene in Blue Jeans del 1987 e come era accaduto, forse anche per ragioni di riferimento simbolico in Luglio del 1980. Laddove il gioco delle allusioni si riaffaccia, come in Frutti del 1986 e Un tuffo nel blu del 1987, non è tanto la valenza metaforica che colpisce quanto quell?aura d?incipiente ambiguità che diventa segreto e mistero in opere apparentemente più scoperte. L?Omaggio a Bistolfi del 1984 coglie infatti il gioco sontuoso delle linee plastiche, proprio del maestro scultore, alla luce di una sensualità perfino aggressiva. Ma soprattutto in Bacino del 1985, tutta la composizione si regge sui trapassi di ombra e di luce e sugli insinuanti giochi allusivi che così si creano. Io non so quali potranno essere gli sviluppi immediati della ricerca di Barola, ma ritengo che egli potrebbe liberarsi degli eccessi di virtuosismo e delle strettoie dei doppi sensi per puntare più decisamente sulla semplificazione dell?immagine e sulla poesia dei toni e del colore che egli dimostra di saper raggiungere i modi convincenti quando più si abbandona all?interiore senso lirico. Campo di papaveri del 1987 è opera molto significativa proprio perché sta ad indicare un atteggiamento forse meno ansioso ed apprensivo del pittore rispetto ad una realtà che non ha bisogno di essere trasfigurata, ma che è essa stessa trasfigurazione quando se ne colga, come fa Pio Carlo Barola nei momenti di più felice intuizione, la verità come mistero e poesia.
Giugno 1988.