Ad Arezzo la “Regola di Piero”: Mimmo Paladino e il Quattrocento toscano
Arezzo - Pitture tridimensionali, polittici contemporanei, specchi ustori, installazioni che uniscono video, acqua e bronzo: così Mimmo Paladino si prepara a rendere omaggio a Piero della Francesca ad Arezzo, tra le memorie del grande pittore quattrocentesco.
Dal 15 giugno al 31 gennaio 2019 “Mimmo Paladino. La regola di Piero” trasformerà i luoghi storici della città toscana negli snodi di una grande mostra diffusa. Dalla Basilica di San Francesco, che nella Cappella Maggiore custodisce le Storie della Vera Croce del pittore di Sansepolcro, alla rinascimentale Fortezza Medicea e alla Galleria Comunale d’Arte Contemporanea, la fantasia di Paladino istituisce nuovi nessi tra passato e presente, svelando come l’ispirazione del maestro toscano abbia attraversato la sua arte.
“Piero della Francesca per me è una fonte inesauribile di scoperte”, ha dichiarato l’esponente della Transavanguardia: “La sua capacità di creare forme dalla luce, spazio dalla matematica, colore dal grigio, la sua iconicità quasi araldica sono un costante punto di riferimento, quasi una regola, per questo ho deciso di raccontarlo ad Arezzo”.
Oltre 50 le opere distribuite in sei diverse sedi espositive, in un percorso che trova i suoi fulcri nella Galleria d’Arte Contemporanea e nella Fortezza Medicea. Nella prima una selezione di 34 dipinti esemplificherà il rapporto di Paladino con la pittura: tra i pezzi più attesi il celebre Suonno. Da Piero della Francesca del 1983 e l’inedito “polittico” Santi, composto da ben 18 elementi (2016-2018). Ma l’influenza di Piero si dispiega in lavori creati attraverso i linguaggi più diversi: dalla recente installazione Senza Titolo, vista solo a Napoli nel 2018, che ripercorre l’impegno di Paladino in ambito cinematografico, alle sei sculture del nucleo Architettura. Davanti alla Basilica di San Francesco, nella stessa piazza su cui si affaccia la Galleria, campeggerà invece l’obelisco alto 20 metri ispirato alla tradizione dei Gigli di Nola, che in un ardito salto semantico celebrano la vocazione matematica dell’artista quattrocentesco e del Rinascimento italiano.
Una serie di opere monumentali animeranno gli spazi essenziali della Fortezza, introdotti da un carro in bronzo carico di venti teste, trofei di un moderno corteo apotropaico.
La chiesa sconsacrata di Sant’Ignazio dialogherà poi con una delle opere più amate dall'artista campano: l’installazione Dormienti realizzata nel 1999 con Brian Eno per la Roundhouse di Londra, che qui rivive in un allestimento inedito.
E se nella chiesa di San Domenico una grande croce in foglia d’oro renderà omaggio al Crocifisso policromo di Cimabue, a Porta Stufi la famosa scultura bronzea Elmo sarà protagonista di un’installazione site specific insieme a 18 vessilli in alluminio colorato collocati sulle mura (Bandiere, 2003).
“L’opera di Mimmo Paladino è come una macchina del tempo, nata nel presente e perfettamente contemporanea, ma in grado di portare la Storia nell’arte di oggi”, dice il curatore Luigi Maria Di Corato: “Non si tratta di una pratica banalmente citazionistica, ma di presentare i fondamentali dell’arte e della pittura, le domande sempre attuali a cui da sempre, in ogni epoca, gli artisti hanno cercato di dare risposta. E Paladino spesso sembra partire proprio da alcune risposte del passato, per ricordarci che il ruolo dell’artista è proprio quello di avere il coraggio porre con l’arte le stesse ineludibili domande di sempre”.
“Piero Della Francesca ha cercato di fondere in un’unica visione punti di vista apparentemente lontani tra loro” continua il curatore: “la solidità concreta di Masaccio e la luce diafana dell’Angelico, l’astratta geometricità di Brunelleschi e il virtuosismo prospettico di Paolo Uccello, la rarefazione di Domenico Veneziano e la precisione ottica dei fiamminghi. La Cappella Maggiore della Basilica di San Francesco ad Arezzo è una summa di tale sintesi. Qui prende forma la ‘Regola di Piero’ a cui ha voluto rendere omaggio Mimmo Paladino, che con le sue opere fonde presente e passato, geometria e plasticità, concettuale e corporeo. Come nel sogno di Costantino: la scena delle Storie della Vera Croce amata da Paladino al punto da renderla protagonista di un omaggio dal titolo napoletano Suonno, dove lo ‘scatto’ di Arezzo si sviluppa e si evolve, quasi come nei frame successivi dello stesso film”.
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