Mente, occhi, cuore. A Monza gli attimi eterni di Henri Cartier-Bresson

Se “fotografare è trattenere il respiro” come afferma Henri Cartier-Bresson, preparatevi ad entrare in 140 respiri diversi tra loro alla Villa Reale di Monza. Una retrospettiva monografica dedicata al fotografo (fino al 26 febbraio 2017) esplora l’unicità di ogni attimo immortalato con la sua Leica e allo stesso ne tempo ne restituisce l’unità, fatta di consapevolezza e sentimento.

Consapevole della realtà storica e sociale, Bresson aveva appena 24 anni quando scattò, con la sua prima Leica che definiva “un blocco di schizzi, strumento di intuito e spontaneità”, la foto guida scelta per la rassegna ( ‘’Place de l’Europe, Stazione Saint Lazare’’) scattata a Parigi nel 1932.

Per quanto riguarda la fotografia, non ci capisco nulla” dichiarava. In effetti Bresson lasciava sviluppare le foto ad esperti e non correggeva mai nessun negativo. Per lui la tecnica non era altro che è un mezzo che non doveva prevaricare e definire la qualità di un’opera bensì doveva esserne lo scheletro. Il cuore pulsante della foto, invece, doveva essere perfettamente in linea con quello del fotografo.

Mente, occhi, cuore. È questo il testamento che ci lascia Bresson e che rende uniche le sue fotografie: il coraggio di unire lucida consapevolezza e sentimento.

Le sue fotografie sono racconti di piccoli attimi eterni, contemporanei alla storia, alla vita e ad ogni cosa che lo circondava.

Ogni minuto era sacro, ogni attimo un’occasione. Il secondo come una microscopica parte di una realtà più grande che non si può escludere perché ogni secondo è realtà, ed ogni realtà una storia da non perdere.

Maestro nell’immortalare il carpe diem oraziano, non perdeva una sola delle storie su cui posava il cuore e lo sguardo, affascinato dal mistero dell’attimo che attraverso la fotografia può racchiudere l’eternità.

La mostra propone al visitatore 140 attimi differenti unite dallo stesso sguardo che inizia dal cuore e dalla testa del fotografo e finisce nel cuore di chi guarda i suoi scatti. 140 eternità che permettono di tracciare un viaggio significativo all’interno del mondo e della vita privata di Bresson, ma anche dell’aspetto storico e sociologico di quel tempo, elementi che mai sono stati divisi per il fotografo ed anzi si sono sempre sovrapposti fino a confondersi e influenzarsi a vicenda.

Il linguaggio attraverso cui comunica Bresson non solo è aderente alla realtà con nitidezza, precisione e ordine, ma contiene in sé anche momenti di alta liricità, sogno, immaginazione e speranza. Per questo la sua poetica- da lui ben argomentata – risulta diretta e limpida, frutto di un pensiero lucido ben collocato nella storia e nella sua testimonianza, senza rinunciare all'emozione e al sentimento come mezzo e fine di una espressione artistica e interiore.

Ma la fotografia per lui era anche un grido, una liberazione. Un modo di dire al mondo che c’era, che la realtà interiore è anche e soprattutto viva in quella esteriore. E mostra questo attraverso squarci, volti, paesaggi di ogni genere. Gli attimi raccolti sono quelli che spesso si trascurano e che fanno invece la differenza. Quegli attimi eterni che fanno della vita qualcosa di meraviglioso, dettagli che Bresson sapeva bene potessero arrivare dritti al cuore perché sono quelli di cui abbiamo paura, che sogniamo, che viviamo o scorgiamo.

La mostra racchiude il viaggio dalla testa allo sguardo al cuore, un viaggio che non si dissiperà nel tempo e che fa bene all’anima.

La mia passione non è mai stata per la fotografia in sé, ma per la possibilità di dimenticare se stessi registrando in una frazione di secondo l’emozione suscitata dal soggetto e dalla bellezza della forma, cioè una geometria velata da ciò che si offre.

‘’Ho capito all’improvviso che la fotografia poteva fissare l’eternità in un attimo.’’ Henri Cartier-Bresson 

Articolo pubblicato su: http://www.artslife.com/2016/12/11/mente-occhi-cuore-a-monza-gli-attimi-eterni-di-henri-cartier-bresson/