Renato Guttuso e il '68: l'arte della rivoluzione

A Torino oltre 60 opere raccontano l'impegno politico dell'artista e l'intreccio con la sua produzione artistica. In occasione del cinquantenario del '68, in mostra anche "I funerali di Berlinguer"

ROMA - Politica e arte, il connubio indissolubile perenne fonte di ispirazione per uno dei pittori più "politici" che l'Italia ricordi, sono al centro di Renato Guttuso. L’arte rivoluzionaria nel cinquantenario del '68, la grande mostra che si inaugura il 22 febbraio alla GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, dedicata all’artista siciliano nato a Bagheria nel 1911 e morto a Roma nel 1987, grande protagonista della pittura neorealista ed esponente del Fronte Nuovo delle Arti; movimento che contribuì a fondare insieme a Renato Birolli, Giuseppe Santomaso e Emilio Vedova.

La mostra, che prende spunto dall'articolo che Guttuso scrisse per Rinascita nel 1967 in occasione del cinquantennio dalla Rivoluzione d’ottobre, fa del tema politico e civile il nucleo fondante dell’esposizione. Realizzata da Pier Giovanni Castagnoli con la collaborazione degli Archivi Guttuso, raccoglie circa 60 opere che provengono da diverse collezioni europee pubbliche e private.

A partire dai soggetti maggiormente politici e civili, tra le opere più celebri troveremo il dipinto di condanna ai nazisti e alla loro efferata violenza Gott mit uns (1944), la Fucilazione in campagna (1938) di chiara ispirazione alla fucilazione di Federico Garcia Lorca e ancora, Lotta di minatori e Marsigliese contadina nei quali l’artista reinventa un’epica popolare ormai lontana e si apre al sentimento.

L’artista riteneva la rivoluzione il fondamento di una nuova forma di cultura e andava con perseveranza a cercarne espressione nella sua esperienza artistica e creativa, tentando di rendere l’arte medium per i valori civili e morali. Il cinquantenario dell'68 è quindi elemento non è casuale per l’apertura di quest’importante esposizione, che, riflette il direttore della GAM, Carolyn Christov-Bakargiev, potrebbe essere un supporto alla riflessione riguardante l’epoca odierna: "nel secondo dopoguerra negli ambienti della cultura di sinistra si discuteva tra avanguardia formalista e realismo figurativo. Ci si chiedeva quale fosse più rivoluzionaria e quale più reazionaria. Oggi, paradossalmente, nell’era della realtà aumentata e della virtualità, la pittura di Guttuso può sembrarci tanto reale e materica quanto il mondo che stiamo perdendo".

Proprio dal sentimento, il filo rosso della storia di Guttuso si spingerà verso i Giovani Innamorati (1969) e la rappresentazione del Vietnam (1965) per concludere poi la rassegna con il rinomato Funerali di Togliatti (1972) dove si mescolano le ragioni delle lotte di un popolo con quelle della militanza di un’artista. In mostra, però, anche opere di differente soggetto: autoritratti, paesaggi, nature morte, nudi e scene di conversazione che evidenziano l’altissima abilità e qualità dell’artista nell'esercizio della pittura; in maniera complementare, all'inscindibile rapporto tra arte e politica in cui ci si ritroverà nella prima parte del percorso.

La mostra è accompagnata da un catalogo, edito da Silvana Editoriale, con saggi di Pier Giovanni Castagnoli, Elena Volpato, Fabio Belloni, Carolyn Christov-Bakargiev e un’antologia di scritti di Renato Guttuso.

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