Roma celebra Borromini, il genio schivo, a 350 anni dalla morte

Quando Francesco Castelli Borromini, nel 1619, dal Canton Ticino giunse a Roma, impiegato come scalpellino presso la Fabbrica di San Pietro dal conterraneo Carlo Maderno, si poteva intuire che nell’Urbe, l’architetto “schivo, di forte animo e d'alti e nobili concetti” avrebbe fatto cose grandi.

A 350 anni di distanza dalla morte, quella Fabbrica alla quale lavorò, sotto la direzione di Bernini, prima di realizzare i suoi più grandi capolavori - la chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza, di Sant’Agnese a Piazza Navona o il campanile della Basilica di Sant’Andrea delle Fratte, solo per citarne alcuni - ricorda uno dei geniali creatori del linguaggio architettonico barocco, con una serie di mostre e convegni che dai Musei Vaticani si estenderanno all’Accademia di San Luca e al MAXXI.

Il progetto - promosso dall’architetto Paolo Portoghesi in sinergia con i Musei Vaticani, l’Accademia di San Luca, l’Università La Sapienza e l’Accademia di Belle Arti di Roma - prevede un ricco calendario di appuntamenti.

Si comincia il 12 dicembre, quando, nella sala XVII della Pinacoteca dei Musei Vaticani, verrà inaugurata una significativa esposizione di disegni del Borromini, a cura di Alessandra Rodolfo, che terminerà il 5 gennaio.

«Si tratta - ha spiegato Barbara Jatta, direttore dei Musei Vaticani - di un ristretto ma prezioso nucleo di fogli provenienti dalla Biblioteca Apostolica Vaticana che, nei suoi fondi, conserva importanti testimonianze grafiche e documentarie dell’artista. Le opere provengono dai manoscritti Vaticano Latino 11257 e 11258, contenenti le carte dell’oratoriano Virgilio Spada, amico e convinto sostenitore del Borromini, e dal manoscritto Chigiano P.VII.9 messo insieme personalmente e fatto legare per la sua biblioteca dallo stesso pontefice Alessandro VII Chigi».

La selezione, che raccoglie in tutto 17 disegni in prestito dalla Biblioteca Apostolica Vaticana, si concentra in particolare sull’attività dell’artista durante il pontificato di Innocenzo X Pamphilj. Accanto a quattro disegni per la Fontana dei Fiumi di piazza Navona, per la Porta urbica di San Martino al Cimino a Viterbo, per il restauro della Piramide sepolcrale di Caio Cestio - dove la croce pensata dall’architetto sulla sommità della piramide conferisce all’opera un carattere fortemente simbolico - si potranno ammirare alcuni disegni per la Basilica di San Giovanni in Laterano che attestano l’impegno dell’artista per il restauro dell’edificio religioso commissionatogli da Innocenzo X Pamphilj in vista dell’Anno Santo del 1650.

Infine saranno esposti un interessante foglio, concesso in prestito da Paolo Portoghesi e appartenuto alla collezione di Marcello Piacentini, relativo ad un progetto non realizzato per San Paolo fuori le mura e alcuni disegni di vario soggetto che confermano la versatilità e vitalità artistica del grande architetto ticinese, protagonista indiscusso del Seicento romano.

E mentre da gennaio a marzo 2018 docenti e studiosi dell’Università La Sapienza si faranno promotori di lezioni e visite guidate tra i luoghi più importanti legati all’artista - da Palazzo Spada al Palazzo di Propaganda Fide, da Palazzo Barberini alla Chiesa di Santa Lucia in Selci - il MAXXI, a marzo del 2018, ospiterà alcune giornate di studio su Borromini e l’architettura moderna, con diversi interventi, da Mario Botta a Massimiliano Fuksas, da Frank O. Gehry a Luca Zevi.

L’11 dicembre, all'Accademia di San Luca, ospitata a Palazzo Carpegna, edificio che deve la sua fama all’intervento dell’illustre architetto, si terrà invece una tavola rotonda con Joseph Connors, Werner Oechslin e Paolo Portoghesi.

Le celebrazioni in occasione dei 350 anni dalla morte di Borromini non trascureranno la musica, che sarà protagonista, il 27 gennaio 2018, nella Chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza, dove verrà eseguita la Missa Ecce Sarcedos magnus, composizione di Orazio Benevolo, uno fra i massimi esponenti nel panorama musicale romano del XVI secolo. Come nel Seicento, i cantori troveranno posto nelle tre cantorie della chiesa, riproponendo così l’effetto “stereofonico” concepito da Benevolo per l’opera di Borromini.

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