Stanze d'Artista, tele e parole del Novecento italiano

Roma - È un percorso intimo, sorprendente quello che fruga tra le Stanze d'artista, l'omaggio che la Galleria d'Arte Moderna di Roma dedica ai capolavori del Novecento italiano, in particolare a quelli realizzati tra il 1920 e gli anni Trenta.

Sembra quasi un itinerario magico quello che accompagna il visitatore alla scoperta dei dodici maestri - da Giorgio de Chirico ad Arturo Martini, da Carlo Carrà a Fausto Pirandello - che si sono raccontati non soltanto attraverso le loro tele, ma anche attraverso quegli scritti, quella voce, quelle lettere che li hanno consegnati alla storia con il loro poliedrico fascino.

La mostra presenta infatti una lettura dell’universo poetico di alcuni tra i più significativi protagonisti della cultura figurativa italiana del secolo scorso che, oltre alla pittura e alla scultura, hanno privilegiato nella loro elaborazione creativa la parola scritta.

Le figure e i paesaggi toscani di Ottone Rosai, scolpiti da gruppi di case in fila racchiuse tra il cielo e i cipressi si intrecciano con i paesaggi di Ardengo Soffici, con il verde intenso e il blu cobalto del Marzo burrascoso - domato in una cornice dall'artista che immortala il paesaggio dalla finestra del proprio studio - scavalcano il Cancello rosso di Carlo Carrà, fondendosi poi con l'atmosfera immobile, e i tramonti sul lago descritti dall'artista di Quargnento.

La mostra, allestita dal 14 aprile al 1° ottobre nella Galleria romana di via Francesco Crispi, vedrà per la prima volta La nuda di Ferruccio Ferrazzi posta accanto agli altri frammenti di composizione realizzati negli anni Venti dall'artista. L'esposizione, che conta 60 opere provenienti da prestigiose collezioni private svizzere, milanesi, romane, accoglie anche alcuni capolavori della Galleria d'Arte Moderna, molti dei quali non vedevano la luce da circa 40 anni, come la monumentale Pandora di Mario Sironi. Tra le tele valorizzate - rispettando il criterio della rotazione delle opere adottato dalla Galleria fin dalla sua riapertura - Le spose dei marinai di Massimo Campigli. Una composizione sublime nella sua asimmetria, in quell'insieme ieratico di figure arcaizzanti dai fianchi sporgenti, simili a statue egizie strette nei loro abiti verdi e blu.

Per la prima volta la drammatica intensità del Cardinal Decano di Scipione figura accanto al bozzetto preparatorio dell'opera, di fronte a un'“apocalittica” Cortigiana romana.

«Abbiamo voluto proporre al pubblico una mostra non convenzionale - spiega la curatrice Federica Pirani - una lettura doppia che illustri il genio di questi artisti. Per alcuni di loro, come per de Chirico, è difficile, infatti, stabilire se siano stati pittori, scrittori o poeti».

Ad accogliere il visitatore all'ingresso di ogni stanza compaiono le parole degli autori tratte dai loro diari, dalle lettere, che catturano l'anima del visitatore addentrandola nel quadro.

Accanto alle tele è possibile ammirare, tra gli altri lavori, gli acquerelli di Scipione, che raffigurano il Colosseo e Ponte Sant'Angelo, il Cavallo in bronzo e il Ritratto del prof. Schwarz di Marino Marini e la ceramica smaltata di Alberto Savinio.