Svelato il vero volto della “Vecchia” di Giorgione

Ultimato il restauro, l’opera è in partenza per gli States.

Venezia - Dopo un accurato intervento di restauro torna leggibile e apprezzabile in tutta la sua inquietante espressività La Vecchia di Giorgione, “una delle opere più enigmatiche del Cinquecento” secondo il direttore delle Gallerie dell’Accademia di Venezia Giovanni Panebianco.

Un’importante trasferta negli Stati Uniti attende il dipinto, protagonista assoluto di due eventi espositivi presso il Cincinnati Art Museum, Ohio (dal 15 febbraio al 5 maggio) e il Wadsworth Atheneum di Hartford, Connecticut (dal 15 maggio al 4 agosto).

Entrata nel patrimonio delle Gallerie dell’Accademia nel 1856 grazie all’acquisto da parte del governo austriaco, fino a sette anni fa La Vecchia aveva un aspetto molto diverso da quello che le diede il maestro veneziano nel 1506: insieme ai segni del tempo, pesanti ritocchi, abrasioni e strati di vernici ingiallite applicate in precedenti restauri le avevano cambiato i connotati. Nemmeno la mano di Mauro Pellicioli, il più celebre restauratore del XX secolo che la ebbe “in cura” nel 1948, era riuscita ad assicurarle un futuro tranquillo.

L’intervento appena ultimato da Giulio del Bono sotto la direzione di Giulio Manieri Elia e Maria Chiara Maida ha rimediato ai danni del passato reintegrando elementi originari come la forma del naso e degli occhi dell’anziana donna. Più in generale ha restituito al dipinto il forte impatto naturalistico e luministico che Giorgione aveva voluto conferirgli, nonché l’equilibrio cromatico, la corretta percezione dello spazio e la ricercatezza di alcune stesure pittoriche come nella veste rosa.

La Vecchia, scrivono i curatori del Cincinnati Art Museum che ospiterà l’opera dalla prossima settimana, “È tra le immagini più affascinanti e sorprendenti del Rinascimento italiano. È quasi un trattato su come un’immagine possa convincere e tradire, attrarre e respingere, rappresentare e alludere. Incarna la potenza e la complessità della pittura in uno dei suoi momenti di più feconda sperimentazione”.

Immagine realistica della vecchiaia e allegoria della caducità della vita, cui rimanda la scritta “in tempo” sul cartiglio, il quadro trae probabilmente ispirazione dai ritratti di Leonardo e dalle vanitas della pittura nordica, prima tra tutte quella di Albrecht Dürer. Nel dipinto c’è tutto “l’intrigante mistero che caratterizza la personalità artistica di Giorgione, la potenza del suo mix sconvolgente di realismo e illusione”, sottolineano i curatori statunitensi.

L’intervento di restauro sull’opera, che conserva ancora la cornice originale, è stato finanziato dalla Foundation for Italian Art & Culture, nell’ambito di un accordo sottoscritto con le Gallerie dell’Accademia, volto ad accrescere la visibilità del museo nel mondo.