Pubblicazione del mio libro "Restauro, momento privilegiato per l'approfondimento della conoscenza di un'opera d'arte e metafora del cammino di ogni uomo alla riscoperta della propria immagine dibina"
Pubblicazione del mio libro "Restauro, momento privilegiato per l'approfondimento della conoscenza di un'opera d'arte e metafora del cammino di ogni uomo alla riscoperta della propria immagine divina"
La professione di restauratore mi ha portato a vivere a contatto con molte
opere d’arte, con le quali, in molti casi, sono entrato in simbiosi, maturando un
rapporto anche spirituale, laddove il soggetto rappresentato, quasi sempre, nel
mio caso, a tema biblico o comunque religioso, mi spronava alla riflessione,
mettendomi in relazione con il vissuto temporale e trascendentale dell’artista
e della comunità a cui esso si rivolgeva.
In questo elaborato ho voluto comunicare, con esempi di restauri condotti
in prima persona o con un gruppo di colleghi, quanto contenuto scientifico,
storico, estetico e teologico-catechetico il restauro, condotto criticamente su
di un’opera d’arte, può contribuire a recuperare e valorizzare, permettendo alle
generazioni presenti e future, di attingere all’immenso patrimonio ricevuto dal
passato e riconoscendo tutti gli apporti valoriali prodotti dall’umanità nel suo
breve (rispetto a quella dell’universo) arco di vita sulla terra. Anche la vita di
Fede ha molto da ricevere da queste testimonianze passate.
Avere avuto un’esperienza di studi teologici presso la Gregoriana che hanno
preceduto la specializzazione sull’arte e il restauro presso l’Opificio delle Pietre
Dure a Firenze, dove ho conseguito il diploma di restauratore e poi l’esercizio
della professione come funzionario della Soprintendenza di Arezzo, mi è molto
servito ad avere e affinare la mia sensibilità estetica e religiosa.
Entrando nel merito del linguaggio attraverso l’immagine, che è il prodotto
finale dell’opera d’arte oggetto dei restauri, va riconosciuto all’Istituzione ecclesiale un ruolo importantissimo di promozione, sia nella fase della creazione,
elaborando contenuti di cui si è servito l’artista chiamato ad esprimerli in forme
più o meno ispirate, che successivamente nella salvaguardia e conservazione
dell’opera d’arte, pur con tutte le criticità che lo studio della storia e il restauro
critico via via mettono in luce.
Tutto l’intervento conservativo del manufatto d’arte sacra è anche una metafora della ricerca che ogni uomo e quindi ogni cristiano autentico è invitato a
fare nell’intimo della sua coscienza per configurarsi sempre più all’immagine
divina impressa nella prima creazione, perduta e rigenerata a nuova vita con
il battesimo, morendo e risorgendo con Cristo, Immagine perfetta del Padre.
Tale impronta di eternità, offuscata nuovamente, sia come singolo che come
Comunità cristiana, santa nel suo Capo, ma sempre peccatrice e continuamente
da riformare nelle sue membra, ha bisogno di ritornare alla ‘fonte’, imitando
le prime comunità e lasciandosi fecondare dal λόγοσ σπερματικός ( il seme del
prima parte egli cita ripetutamente la “Costituzione pastorale sulla Chiesa nel
mondo contemporaneo Gaudium et spes”, e la Laudato si’. Poi, ispirato dalla
teologia cattolica, arriva a scrivere: «L’uomo, quando crea un’opera d’arte,
trasformando la materia che ha tra le mani, o progetta un mondo migliore di
come l’ha trovato, sente di stare trasformando anche la sua persona, restaurando in sé l’immagine impressagli dal suo creatore, comunità feconda di persone che si amano; così facendo percepisce di rispondere alla vocazione ricevuta venendo al mondo, portata al massimo delle sue potenzialità morendo e
risorgendo con il Cristo nel battesimo, quella cioè di tendere a conformarsi a
Lui, principio e fine della creazione, capace di amore totale.»
Non che Silvano intenda sminuire l’importanza della tecnica nel lavoro del
restauratore. Vuol solo ribadire, forte dell’esperienza personale, che la padronanza della tecnica non basta né a produrre un’opera d’arte, né a ricuperare
il suo valore originale quando è gravemente deteriorata. Già nella sua precedente pubblicazione Affresco alla maniera antica (2018, Edizioni Helicon)
risuonava, fermo e chiaro, questo messaggio: sia la creazione artistica che
il suo ricupero sono il frutto dell’appassionata «ricerca umana di verità e di
bellezza».
Sembra di risentire le parole con cui il giovane Alessandro Manzoni formulava il suo programma di poeta e di letterato: Il santo Vero / mai non tradir, né
proferir mai verbo / che plauda il vizio e la virtù derida. Quanto alla massima
di Marcel Proust: «Il mondo non è stato creato una volta sola, ma tutte le volte che è sopravvenuto un artista originale», diciamo che va estesa al lavoro
dei restauratori seri. Questo in sostanza ha dimostrato e va ripetendo Silvano
Lazzeri, pittore appassionato e restauratore invidiabile perché capace di ridare vita alla bellezza morta.
Francesco Pasetto
12 13
ad un sapiente uso di mezzi consoni, può riportare a recuperare la bellezza e la
verità dell’immagine originaria (per lo meno in parte), arricchendo il grande
patrimonio storico ed estetico prodotto dall’umanità fin dai suoi primordi. Così
facendo, l’uomo restauratore, opera in sé stesso un atto di verità che lo stimola
metaforicamente a ricercare le sue origini divine, soprattutto quando interviene
su capolavori che narrano della Storia della Salvezza portata dal Cristo con il
simbolo della sua Croce, come è narrato nel ciclo pittorico di Piero della Francesca, la Leggenda della Vera Croce.
Il terzo capitolo affronta il restauro del grande ciclo pittorico toccando sommariamente l’apporto di conoscenza che tutta l’operazione ha portato sull’opera, mettendoci in condizione di amare ancora di più il capolavoro di Piero della
Francesca con la bellezza in esso rivelata e recuperata. Il suo lungo restauro, ha
rivelato, recuperato, il nuovo Umanesimo messo in figura dal grande artista,
universale e sempre valido, nel suo valore, dove Cristo con la sua Croce, risulta
il vero restauratore dell’Immagine divina originale assieme a Maria, sua Madre
recuperata in tutta la sua grandezza ed umiltà di creatura vera che con il suo
‘sì’ ha permesso la realizzazione del piano divino.
Nel quarto capitolo si entra, grazie al restauro che opera un vero e proprio svelamento, in opere che erano perdute o di cui non si sapeva nemmeno l’esistenza.
Qui si coglie facilmente come il restauro nel suo complesso può essere metafora
della ricerca umana di verità e di bellezza sulla sua origine e sul suo fine.
L’appendice vuole ribadire l’importanza della tecnica messa a servizio, in
questo caso, del restauro, che potendo operare solamente sulla materia, deve
impiegarla, studiandone tutte le potenzialità, con competenza e permettere
così all’idea originale che l’artista, a suo tempo, ha fissato in quella data opera
d’arte, possa essere riconosciuta, goduta e contemplata da chiunque anche oggi.
In occasione della pubblicazione ho aggiunto una seconda ‘appendice’ dove
molto sinteticamente illustro altre opere ritrovate nel nostro territorio arricchendone la memoria storica e di fede.
Applicata a sé stessi e alla società, in tutte le sue forme associative, un’autentica ricerca della propria immagine divina, può operare un vero e proprio
cambiamento anche nella società e garantire un futuro più giusto ed umano
tendente alla realizzazione del progetto divino sul suo creato.
Verbo ) che lo Spirito getta nel creato a piene mani e che nel dialogo sincero
aperto con uomini di ‘altre fedi’, che il mondo sempre più globalizzato ci fa
quotidianamente incontrare, per costruire, insieme, vivendo le differenze come
reciproco arricchimento, quel Regno di giustizia, di amore e di pace che Cristo
nel Gesù storico è venuto a inaugurare. La Sua rivelazione di un Dio Padre misericordioso che ama tutta la Sua creazione, in particolare l’uomo e la donna,
creati a Sua Immagine, di ogni epoca e di ogni latitudine, resi tutti fratelli dal
Figlio mandato per salvare anche l’ultima pecorella smarrita, caricandosela
sulle spalle come fa il Bel Pastore, è talmente grande ed universale che da sola
può fare da legame con tutte le religioni storiche che cercano di dare una risposta alle domande fondamentali dell’esistenza umana. Questa, in un mondo
globalizzato, viene percepita come parte di un tutto, un universo in espansione,
sempre più grande e, contestualmente, abitante un pianeta sempre più piccolo
e fragile, che richiede grande capacità di dialogo e sinergia per salvare la ‘casa
comune’. La sensibilità ecologica è cresciuta sotto l’urgenza degli enormi problemi che la convivenza civile si trova ad affrontare e che sono causati anche
da un uso sconsiderato delle risorse energetiche.
La contraddizione fra una tecnologia sempre più sviluppata e la consapevolezza che un suo uso non corretto e non guidato da una sapienza lungimirante,
possa condurre addirittura ad una distruzione totale del genere umano, sprona
il cristiano fedele al Vangelo e alla terra, a ritenere sempre più urgente un
restauro dell’Immagine Uomo come è stata concepita dal Suo Creatore, arricchita da tutti gli apporti che lo Spirito che aleggiava nelle acque primordiali e
che continua ad agire nella storia, a cominciare dall’Incarnazione del Verbo,
Alfa ed Omega, ha prodotto e produce nei cuori disposti a volare incontro all’
Amore che viene.
La tesi si compone di quattro capitoli e un’appendice. Nel primo si espone la
visione dell’uomo nell’ambito dell’antropologia cristiana che vede Dio sommo
artista che lo plasma, maschio e femmina, a sua immagine, capace di continuare la creazione con Lui: un’altissima concezione, storicamente inarrivabile
senza il soccorso della grazia divina manifestatasi pienamente nella figura
storica di Gesù. Egli realizzerà il piano divino sacrificandosi liberamente nella
Croce, che diventerà il segno più alto dell’amore di Dio per la sua creatura e
paradigma dell’amore disinteressato che i fratelli in Cristo devono avere verso
Dio Padre, fra di sé e nei confronti della creazione tutta, di cui l’uomo è umile
custode e coscienza critica, non padrone.
Il secondo capitolo prende in considerazione l’uomo artista che, plasmatore
anche lui della materia, crea opere d’arte, attraverso la cui bellezza manifesta
la sua trascendenza di spirito incarnato. Queste subiscono l’incuria del tempo,
che nello svolgersi spesso tumultuoso della storia, tende ad oscurare la scintilla
divina che in esse si manifesta. La sensibilità degli operatori nel restauro, unita ad un sapiente uso di mezzi consoni, può riportare a recuperare la bellezza e la
verità dell’immagine originaria (per lo meno in parte), arricchendo il grande
patrimonio storico ed estetico prodotto dall’umanità fin dai suoi primordi. Così
facendo, l’uomo restauratore, opera in sé stesso un atto di verità che lo stimola
metaforicamente a ricercare le sue origini divine, soprattutto quando interviene
su capolavori che narrano della Storia della Salvezza portata dal Cristo con il
simbolo della sua Croce, come è narrato nel ciclo pittorico di Piero della Francesca, la Leggenda della Vera Croce.
Il terzo capitolo affronta il restauro del grande ciclo pittorico toccando sommariamente l’apporto di conoscenza che tutta l’operazione ha portato sull’opera, mettendoci in condizione di amare ancora di più il capolavoro di Piero della
Francesca con la bellezza in esso rivelata e recuperata. Il suo lungo restauro, ha
rivelato, recuperato, il nuovo Umanesimo messo in figura dal grande artista,
universale e sempre valido, nel suo valore, dove Cristo con la sua Croce, risulta
il vero restauratore dell’Immagine divina originale assieme a Maria, sua Madre
recuperata in tutta la sua grandezza ed umiltà di creatura vera che con il suo
‘sì’ ha permesso la realizzazione del piano divino.
Nel quarto capitolo si entra, grazie al restauro che opera un vero e proprio svelamento, in opere che erano perdute o di cui non si sapeva nemmeno l’esistenza.
Qui si coglie facilmente come il restauro nel suo complesso può essere metafora
della ricerca umana di verità e di bellezza sulla sua origine e sul suo fine.
L’appendice vuole ribadire l’importanza della tecnica messa a servizio, in
questo caso, del restauro, che potendo operare solamente sulla materia, deve
impiegarla, studiandone tutte le potenzialità, con competenza e permettere
così all’idea originale che l’artista, a suo tempo, ha fissato in quella data opera
d’arte, possa essere riconosciuta, goduta e contemplata da chiunque anche oggi.
In occasione della pubblicazione ho aggiunto una seconda ‘appendice’ dove
molto sinteticamente illustro altre opere ritrovate nel nostro territorio arricchendone la memoria storica e di fede.
Applicata a sé stessi e alla società, in tutte le sue forme associative, un’autentica ricerca della propria immagine divina, può operare un vero e proprio
cambiamento anche nella società e garantire un futuro più giusto ed umano
tendente alla realizzazione del progetto divino sul suo creato