Critico d'Arte Andrea Domenico Taricco

Raffaele Cantone
La Pietra Filosofale

“ L’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è “
Paul Klee


L’universo pittorico di Raffaele Cantone è costellato da simboli archetipici che rinviano alle dimensioni ataviche della cosmogonia antropomorfica filtrata mediante la potenza dell’Ego.
Un discorso che dall’Universale scende al Particolare sino a liberarsi nuovamente nell’Universale. Percorsi suggestivi dettati dal desiderio profondo di riportare in superficie aspetti inconsci oramai obliati dalla
vita ordinaria in cui i criteri esistenziali di adattamento alla realtà quotidiana affondano le proprie radici nell’oggettività latente.
Un’oggettività che mette in discussione il soggetto pensante anche quando presume di essere sé stesso disperdendo il proprio Ego in stereotipi preconfezionati dalle masse o da una sotto-cultura di nicchia che ingloba matrici espressive prodotte dalla moda, dall’economia o dai mercati globalizzati.
La rivolta concettuale a queste formulazioni aggregative si è già strutturata nel secolo scorso attraverso la polemica artistica ai processi di standardizzazione conflagrando al nuovo millennio sotto una luce post-moderna, quanto destabilizzante in cui l’artista diviene intellettuale decadente di una realtà lontana, artefice coraggioso di intricati labirinti spirituali o cybernetici a metà strada tra il ready made duchampiano o di azioni pollockiane di matrice minimale. Secondo queste consuetudini la natura si estende nello spazio circostante sino a coinvolgere lo spettatore smarrito che forzatamente viene catapultato all’interno di opere asettiche che lo escludono per principio, esattamente come è escluso dalla civiltà di riferimento.
Il qualunquismo è imperante ed i codici ricettivi vengono sacrificati in nome del gusto preordinato e per essere ammessi nell’empireo dei profeti è necessario perdersi, abbandonare i sentimenti e condannare il mondo che ci ha creati.
Questi decani inconsapevoli hanno smesso di osservare la natura. Hanno smesso di soffrire: il loro ottimistico senso di frustrazione ricade costantemente nelle vecchie delucidazioni informali, nei concettualismi
neo-dadaistici o nelle dilatazioni intellettualistiche neo-avanguardiste sino a conflagrare in una serie di revisionismi post-modernisti.

Il percorso di Raffaele Cantone parte da fuori ed entra dentro. Poi, solo poi esce nuovamente fuori e torna alla realtà da cui era partito. Esattamente al contrario delle diffuse tendenze di adattamento forzato alle mode di cui parlavamo sopra. Gli eclettismi sincopati di tradizione novecentista sono presenti in lui come il riflesso della luna in uno specchio d’acqua sottostante ma la sua abilità nel tradurre questi linguaggi passatisti in qualcos’altro caratterizzano un modus operandi che corrisponde ad un modo di essere, ad un modo di pensare.
La sua visione dell’arte corrisponde proprio al modo di concepire la realtà di riferimento. Parte dall’amara consapevolezza che la carnevaleide imperante sia solo la conseguenza di un modo di vivere proiettato verso virtualizzazioni conseguite dalle nuove generazioni. Dividere gli elementi non vuol dire distruggerne la funzione ma mantenerne inalterati i presupposti per una cultura dello spirito che la contemporaneità ha via via minato.

Parliamo quindi di un "Processo Inverso" caratterizzato proprio dal tornare indietro attraverso le coordinate temporali, spaziali, esistenziali e giungere finalmente a ciò che si cela dentro ed attraverso l’uomo oltre il tempo, lo spazio ed i propri riferimenti oggettivanti ad un contesto concreto di riferimento logico.
Il Processo Inverso di Raffaele Cantone parte proprio da queste premesse intellettuali congelate strutturalmente nel suo fare artistico. Il modo in cui penalizza i volumi inserendoli in uno spazio mentale consolida un principio di astrazione fluida in cui i corpi bidimensionalizzati interagiscono tra loro come stereotipi d’un nuovo realismo che esclude a priori il senso d’una prospettiva spaziale mentre l’unico piano di riferimento contiene le dimensioni stratificate in un tutto armonico in costante mutamento conflagrando conseguentemente in vortici pluristratificati di getti emozionali.

Dunque non siamo più in presenza di binomi tradizionali finalizzati ad interagire sul piano della riconoscibilità o della traduzione soggettiva della stessa. Il bene ed il male, il vero ed il falso, il piacere ed il dispiacere si connaturano per significazioni profonde che rinviano a simboli archetipici atti a mettere in discussione le regole dettate da un Super-Io imperante che giace nelle profondità involontarie della psiche mentre il Sé tende a contrastarlo. Il graduale processo di liberazione formale mediante l’ausilio d’un rinnovato simbolismo gli consente di entrare sempre più in profondità servendosi proprio della realtà da cui è partito e verso cui sta muovendo, purificandola sistematicamente attraverso il Sé.

Parliamo di un Sé formalizzato a cui deve sottostare l’Io cromatico.
Non siamo più in presenza di atteggiamenti elusivi impregnati di criticismi che idealizzano o soppiantano il mondo ma lo rendono puro attraverso un livello animistico in tutte le sue forme tangibili attraverso la forma primaria o la forma mentis concepita come vettore emozionale di un mito. Le sue opere infatti, considerano la centralità di una narrazione sacralizzante in cui sono costantemente presenti le origini cosmogoniche del mondo in cui le creature rappresentate sono manifestazioni palpabili di mutazioni fantastiche dove sacro e profano divengono necessari.

Via via questi archetipi simbolizzati si intersecano nello spazio al limite d’una metafisica rigorosa che nel suo divenire sincronico direziona alla vita onirica.
Mito e sogno, in altre parole generano una nuova gnosi che quell’emozione reale ha suscitato nell’artista campano sino a costituirne una nuova che interagirà successivamente con il fruitore. Quanto più scende in profondità tanto più ci riporta in superficie servendosi appunto, della forma. Il suo Processo Inverso ispirato dalla realtà concreta viene filtrato dal fare artistico e sprofonda nelle regioni inesplorate dello spirito sino a tornare a galla nella piena consapevolezza della rinnovata conoscenza.
Una sorta di sogno lucido in cui il flusso involontario di una Natura agente viene inglobato da uno spiraglio di volontà ancestrale di cui il soggetto pensante, ovvero l’artista è in grado di cogliere pienamente veicolandone la significazione occulta.
Dunque il suo sguardo è rivolto dentro le cose quasi come se volesse carpirne l’aura e descriverne la storia pluristratificandone i singoli tratti espressivi che l’hanno generata nel corso dei millenni. Sotto questa
nuova luce il ricordo concreto ed il sogno trascendente si intersecano sino a calarsi nell’abisso e suggerirne la via d’uscita nell’opera finita. Opera unica, assoluta ed intravista in quell’unico momento di un divenire creativo. Ecco l’alba d’un nuovo iconismo dal sapore bizantineggiante, in questo medioevo romantico che attende la nascita di nuovi stilemi compositivi.
E questo è il punto focale della visione attuale: il medioevo romantico affonda le sue radici nel Settecento attraverso l’affermazione dell’Io decantato dalla filosofia illuministica. I connotati etici della nuova estetica del Soggetto hanno preso per mano le concezioni psicoanalitiche dell’Inconscio dilatandole ad un modo di concepire il mondo mediante la forza inequivocabile del Sé. L’iconismo fin qui descritto, trova una risposta concreta mediante il fare artistico.
Ma per arrivare ad esso Cantone attraversa quattro momenti che corrispondono alle fasi della sua Grande Opera. Parte da un Primo Periodo in cui la concezione sacralizzata delle cose avviene per mezzo dell’estrapolazione concettuale di fenomeni concreti esaltati poi nella loro teatralità espressiva. Da qui elabora il Secondo Periodo un percorso che scenderà in profondità sino a metafisicizzare questi canoni quasi ad
isolarli non più nello spazio, ma nell’essenza dello spirito. Il Terzo Periodo è inevitabile: ormai attraversa le cose e converte in spirito puro le visioni effimere del mondo e sublima in sogno. L’ultimo Periodo decanta questa mistica tornando al mondo da cui era partito e lo sacralizza per mezzo di un nuovo Iconismo.
L’oggettività viene filtrata da revisioni soggettive sino alla concretizzazione di una nuova oggettività radicata in qualcosa di più elevato che se un tempo veniva definito Sacro ora, invece può essere a
pieno titolo definito Universale.
Queste le premesse ideali, ora, solo ora possiamo analizzare queste fasi separandole sistematicamente in quattro gruppi essenziali e per comodità o per affinità comparativa le nominerò relazionandole alle quattro fasi dell’alchimia, ai quattro stadi trasformativi per giungere simbolicamente alla sua Pietra Filosofale.

Perché di un processo trasformativo si tratta. La materia prima, l’idea, viene da Cantone trasposta in fasi essenziali e la sottopone a stadi esecutivi sino a restituircela sublimata.
Definiremo il primo periodo Nigredo ovvero la morte iniziale corrispondente all’inverno, alla Terra e dal seme che nella terra marcisce. In questa sacralizzazione stilistica delle cose, le fissa espressionisticamente teatralizzandole nella loro aurea.
Il secondo periodo Albedo definisce la purificazione sublimante corrispondente all’acqua in cui avviene la resurrezione della materia comparandola alla primavera. L’aspetto coagulativo interseca manifestazioni metafisiche in cui realtà e sogno determinano nuovi slanci emozionali nello spazio circostante.
Il terzo periodo diviene Citrinitas ovvero nella mutazione all’aria ed all’estate definiti stilisticamente come il luogo dei sogni o di interrelazione a mondi superiori che si trovano in profondità.
Infine l’ultimo periodo Rubedo comparabile al fuoco ed all’autunno di cui il suo Iconismo incarna lo stadio della ricomposizione dello spirito fissandosi attraverso le cose.
I periodo. NIGREDO.
1980 – 1993.

L’atteggiamento eclettico dell’osservatore assiduo che traduce emozionalmente le proprie sensazioni veicolandole ad una sintesi razionalizzata predefinisce il suo stile iniziale che già sottintende ciò che raggiungerà in piena maturità creativa. I dati formali estrapolati dalla realtà storica, cabalistica o sacrale vengono suffragati in potenza riconducendoli attraverso la posa ad una connotazione mitizzata.
E’ il caso di opere come Streghe, ad esempio in cui il rito del sabba viene raffigurato da quattro matrone che, sotto la luna piena rinviano alle quattro età mistiche dell’uomo ma anche ai quattro elementi, alle stagioni, ai punti cardinali rapportabili alle fasi della grande opera che trasforma la materia in spirito.
I caratteri profani si intersecano a quelli sacri pensando all’Annunciazione, trasposta alla sua divinazione concettuale al punto di trasferire nell’etere un fatto storico di portata universale. Come universale è l’immagine della Maternità in cui è la scimmia la Grande Madre da cui tutto origina od ancora L’Albero della Vita, il cuore mistico del mondo trasposto oniricamente all’immagine della divinità celata tra i rami rigogliosi.
Queste opere sintetizzano questo desiderio psicologico di convertire in arte tutte quelle credenze che fanno parte di un determinato contesto di riferimento ma di mitizzarli, in modo da fissarne la grandezza, la  profondità così come il mistero. L’atto di religiosità ieratica induce l’artista a cercare in Sé stesso una spiritualità moderna rinviandola infatti ad un materialismo latente intriso di misticismi arcaici. Forma e colore sono al servizio dell’idea che predomina sul senso ultimo dell’opera atta a fissare nel mito una grande verità.
Arte ancora intesa come archetipo, visione estetica od estatica di un sapere partorito dalla storia e reinterpretato, riletto o rivisitato dall’artista. Siamo ancora in superficie perché l’artista è ancorato ad un profondo desiderio di essere riconosciuto come vero e per questo sulla via d’un espressionismo che non bada alla forma ma della quale si serve per esprimere la propria rilettura del mondo.
Il paesaggio è ancora presente quale luogo/contenitore dell’idea centrale che come su un palcoscenico arcaizzante mostra sin dalle fondamenta i tratti di una recitazione tumultuosa atta a risvegliare e condividere i
propri sentimenti. La catarsi di Cantone vuole indicare al mondo le ragioni di una prigionia inconsapevole.
Pensiamo all’opera intitolata La Mela in cui un’Eva, e non Eva, mangia la mela e non una mela. Il fatto biblico, dunque culturale, predomina sul fatto pittorico. L’opera incarna una scena universale scendendo nel  articolare di quel momento simbolico e lo riecheggia nella sua universalità di cui l’Io dell’artista così come quello del pubblico o della stessa Eva raffigurata viene completamente escluso consentendo di riconoscere in quelle strutture formali solo dei modelli congeniti che ne descrivono la mitizzazione ideale.
Dall’Alba al flusso emozionale della Metamorfosi, Cantone compie un salto spaziotemporale dentro sé stesso e nel suo modo di concepire la rinnovata realtà. La mutazione costante delle cose, il divenire ossessivo di  una natura dinamica e la direzionalità finalistica di un eterno ritorno, provocano una spaccatura con le rappresentazioni sacre precedenti. Sovverte la fissità e la posa ed fuoriesce dalla propria coerenza sino a calarsi dentro le verità che fino ad allora aveva solo rappresentato esternamente.
II Periodo. ALBEDO
1993 – 2001.

Potremmo partire da Maschera per definire qualcosa che ha ancora le proprie radici nella realtà storica e culturale d’un tempo specifico. Eppure il senso della posa va oltre ciò che rappresenta. Anzi non si limita a ciò che è immediatamente riconoscibile. La maschera descrive la condizione universale/particolare della condizione umana così come La Battaglia indica lo stato perenne dell’istinto atto a fare i conti con un’educazione storica imperante.
Un percorso che scende negli abissi oscuri dello spirito mettendone in risalto le zone d’ombra. In questo viaggio odisseico l’uomo è rappresentato anche se non citato direttamente. E’ il caso del ciclo della Natura in cui le lande desolate di una natura turbolenta vengono padroneggiate da una volontà struggente. La preponderanza formale del Sé dà spazio all’impeto cromatico di un Io rivoltoso. Da qui la liberazione dagli stereotipi
elaborati nel periodo precedente vengono definitivamente superati.
Inizia così un viaggio senza ritorno nei meandri della coscienza in cui il senso metafisico dell’Essere è finalmente proiettato centripetamente nei luoghi arcaici dell’onnipotenza annientata. Siamo nelle regioni del dolore, nei percorsi ancestrali della caduta, in cui la fissità delle cose sublima attraverso il sempiterno divenire. Guardando dentro vede fuori e lo spettatore diviene parte attiva degli universi espressi.
Estasi, rinvia ad un nuovo tipo di linguaggio in cui il paesaggio è parte della figura femminile che viaggia dentro sé stessa. Dentro e fuori si intersecano divenendo proiezione simbolica di una cosa sola.
Ed ecco giungere Cantone al talismano preponderante. La vecchia metamorfosi diviene una nuova Metamorfosi. Di quella natura non resta niente, forse solo un ricordo lontano. Tramontano per sempre gli antichi déi ed il nuovo giudizio universale si consolida in un processo di metafisicizzazione composita. Assistiamo infatti, all’alterazione del paesaggio di cui ne restano solo le componenti cromatizzate e la forma si cybernizza inglobando in sé la pregnanza significativa.
Quella specie di fantoccio adamitico seduto in basso a destra per quanto sia chiuso nel proprio universo cavalca l’onda del tempo escludendo tutto il resto. Eppure tra i flutti di uno spazio armonico, prende forma una farfalla di luce e l’anima trova finalmente la via della liberazione. A questo punto la sua arte imbocca la via plastica, minimale capace di combustionarsi ed implodere sino ad esplodere e reinterpretare ciò che
aveva precedentemente sviluppato.
III Periodo. CITRINITAS
2001 -2006.

Da questo momento in poi, l’artista campano ricerca la vastità dello spazio attraverso il colore e dispone il colore mediante la forma. Le precedenti connessioni stereotipe viaggiano sideralmente connaturandosi al puro desiderio di conflagrare in una nuova verità.
La serie degli animali come Tigre o come Cobra, ad esempio, accennano fisicamente soltanto in potenza ai codici concreti dell’animale poiché discende nell’essenza e di conseguenza nel simbolo che quell’animale
siderale incarna effettivamente.
La significazione è aperta a tutte le possibilità esattamente come il sogno che crea sé stesso nel suo divenire causale. Il nuovo ordine costituito è figlio degli impulsi primari ed una nuova religiosità, una
nuova mistica prende progressivamente forma.
Torniamo alle consuetudini della Metamorfosi, torniamo alle dinamiche fattuali dell’assemblare oggetti, materiali, cromie pure. Torniamo all’origine guardando avanti ed attraverso le cose.
La metafisica precedente connota una sorta di sogno ad occhi aperti pensando nuovamente a fantocci siderali che si dilatano sino ad assorbire il paesaggio o rappresentandolo senza rappresentarlo. La scena oggettivata del mondo oramai è scomparsa perché siamo calati nell’uomo oltre l’uomo ed abbiamo visto Dio negli occhi. Allora prende corpo l’importanza del gesto attraverso il segno ed una scritturalità delle cose viene a definire uno stato emotivo abolendo la serialità, la riconoscibilità o la preponderanza dei significanti.
Le figure chiudendosi nei propri mondi divengono vettori ancestrali di un universo mutevole, indeterminato, immanente e nel loro progressivo svuotarsi di materia si riempiono di una spiritualità pura.
E l’immanentismo partito dal proprio ego dà importanza assoluto alla simbologia del colore. Proprio quel colore che prima Cantone attribuiva alle figure disposte in posa. Proprio quel colore che prima doveva adattarsi alle cose. Ora il colore è portante e l’Io è finalmente capace di prendere le redini dell’opera e trascinarla là dove nessuno può arrivare attraverso la logica da cui eravamo partiti.
IV Periodo. RUBEDO
2006 - 2015.

Solo a questo punto possiamo trattare della serie di sette opere realizzate nel 2014. Nel ciclo intitolato Figli di Artemide mette finalmente in evidenza il suo ulteriore balzo in avanti. Partendo infatti dalle figure rosse dei
vasi della Grecia antica estrapola il senso della composizione nel divenire figurale della luna crescente.
Se pensiamo ad Artemide dea della Luna e della Caccia comprendiamo il significato di quei volti femminili stilizzati, primitivisti, archetipici che rinviano alle trasposizioni concettuali dell’animo umano, della mistica soggettiva sino alla comparazione onirica dei chakra. Il mito ha preso il sopravvento sulle convenzioni teogoniche del primo periodo come su quelle metafisiche del secondo periodo o quelle oniriche del terzo periodo. La sintesi delle esperienze precedenti hanno suscitato nell’artista un modo di concepire il mondo. Oramai i vettori compositivi sono incanalati in una nuova connotazione estetica finalizzata ad esorcizzare le proprie passioni in qualcosa di più profondo. E’ il caso di opere come Mental Feeling in cui la figura anagrammatica esprime un cyber-linguaggio destinata ad un vortice telematizzato. Scienza e fede si connaturano in una  nuova armonia al limite del visionario. Parametri che si intersecano anche in opere senza tempo come Fiore di Loto in cui troneggia l’implosiva figura umana nella notte eterna od in maniera ancor più incisiva in Ego Sum in cui il teatro del mondo è pienamente sceso in campo, mentre le matrici esistenziali della vita e della morte, del giorno e della notte, della mascolinità e della femminilità vengono proiettati idealmente nella religiosità della mano aperta entro la quale avviene l’alba dell’uomo nuovo. Un uomo chiuso in sé stesso mentre preordina il tempo.
Da queste convenzioni idealizzanti prende corpo il ciclo Global Effect del 2015. Anche qui siamo in presenza di sette opere che decantano il rischio che corre la nostra civiltà globalizzata in cui il senso comune od i
principi di egualità rischiano di distruggere proprio quell’Ego che per tutta una vita Cantone ha cercato. Le figure rappresentate infatti, sono simili ma non uguali mediante un discorso profondo che non vuole abbatterne la tipicità ed un ancoramento al proprio modo di essere. Era partito da una sacralità concreta ed è giunto ad una nuova sacralizzazione mediante un Iconismo stratificato che racchiude simbolicamente le
coordinate spaziali, temporali, cromo-formali.

Il Processo Inverso. L’inversalità di Raffaele Cantone muove dalle premesse sin qui descritte. Il nucleo del suo fare è l’ego. Lo è sempre stato ma lo ha attuato in formulazioni espressive differenti. Se gli stilemi  compositivi precedenti elaboravano la realtà concreta sublimandola spiritualmente hanno poi preso la via di una nuova metafisica accorpando animisticamente ciò che precedentemente era sono teatralizzato.
Ma questa metafisica ha generato spazi onirici in cui la realtà oggettiva era stata messa al bando delle interpretazioni intuizionali. Poi, entrando sempre più in profondità è uscita fuori ed ha inglobato il tutto seguitando i presupposti di una rinnovata sacralità.

Il Nuovo Iconismo conseguito è sempre stato presente il lui sin dai primi elaborati pittorici. Il suo Processo Inverso è tornato alla realtà di partenza restituendocela finalmente purificata.
L’inversalità cantoniana ha seguitato un procedimento alchemico che passando attraverso le fasi della cosiddetta Grande Opera è giunto alfine alla trasformazione della realtà pura in qualcosa di più profondo. La sua
Pietra Filosofale corrisponde al talismano essenziale capace di risanare la corruzione della materia.
In questo percorso senza precedenti Raffaele Cantone trae la sua linfa vitale dal viaggio siderale nei mondi metampsicotici della tradizione umana riportando in superficie culture lontane che affondano la loro sapienza nelle remote culture egiziane così come nelle misteriose teogonie aborigene.
Un salto spazio-temporale attraverso culture galattiche che hanno l’obiettivo di radicalizzare effetti di una sensibilità straordinaria e di una capacità tecnica ed esecutiva di portata universale. Visioni ancestrali che attribuivano la grandezza della Natura Madre ad un cosmo animato da forze spirituali che agivano tanto sulle cose che sull’uomo. E questo, quale immagine di una perfezione divina, aveva il compito di tornare a Dio mediante la scoperta dei propri poteri. Le civiltà galattiche in altre parole, rispecchiavano in terra i misteri olimpici del cielo e muovevano le proprie gesta in nome dell’eternità.
In maniera diversa ma più avanzata, considerando i progressi della scienza, agisce l’uomo contemporaneo che chiama le forze della natura con formule scientifiche tentando di svelarne i misteri. In questo percorso pone l’effimera figura umana ad un sotto-livello della Creazione, quale micro-parte di un Cosmo che ci ha dimenticati. Un pessimismo esistenzialistico che nell’epoca post-positivista dà spazio a paganesimi o  uperstizioni sincretistici.
La Pietra Filosofale di Cantone consiste proprio in questa presa di coscienza contemporanea. Il suo concetto di Arte assembla concettualmente i derivati di queste visioni spirituali, metafisiche o scientifiche  innovandole filosoficamente dall’interno proiettando nelle sue opere lo spettro dell’uomo, oltre l’uomo, in quel turbinio di forze ancestrali che mai potrà dominare ma solo incanalare nella ricerca del proprio Sé. La tetrafarmica consapevolezza dei propri limiti, la fragilità della sua finitudine e la grandezza di queste barriere, fanno dell’uomo e della sua arte il punto di convergenza alle esperienze artistiche che verranno. Il  talismano delle metamorfosi attua questo processo induttivo e lo eternizza come forma di pensiero.
I suoi processi trasformativi sono insiti in ogni dove, in ogni gesto, in ogni tratto delle sue composizioni spingendo l’atto emozionale ad autocitarsi e valorizzare lo stato perenne delle sue emozioni. Questa consapevolezza origina dalla forma e ad essa torna carica di quella poetica che ha determinato la luce stessa della Creazione: un talismano che racchiude il segreto della vita stessa.
Questo Talismano è la sua arte intrisa di logica, di mistero, di fantasia e fondamentalmente di sentimenti. Gli stessi sentimenti che hanno spinto la Natura/Dio a generare l’Universo, la materia e le cose ordinaria in
qualsiasi loro stato e livello. Da qui tutto comincia.