Giovanni Pichi Graziani
Nell’opera di Riccardo Antonelli emerge con chiarezza e forza quanto il suo rapporto con l’arte sia istintivo e naturale, una necessità quella di gettare su tela tutto ciò che gli sta dentro. Qualche minuto, un’ora, forse poco più, ed il dipinto è esaurito, come probabilmente lo è anche lo stato d’animo che ha mosso per primo il segno dell’opera. Le forme, le misure, le dimensioni si dilatano sino a deformarsi, i colori si accumulano e stratificano dimenticandosi la sola apparenza.C’è Bergson, c’è Proust. E’ una pittura che ha come natura la dinamicità, la continua evoluzione, in quanto espressione immediata di un altro moto continuo ed incessante… il nostro io più profondo ed inconscio. Io che cela in sé la tacita memoria del passato, l’attenzione presente e l’aspettativa del futuro. Così Antonelli, proprio grazie alla sua efficiacia narrativa data dalla rapidità e dall’ istintività, riesce a cogliere l’attimo. Il momento. Lo stato d’animo unico ed irripetibile in quella data forma. E’ un attimo che ha in sé la carica del tempo nella sua dilatazione tra passato e futuro, eppure fisso in un preciso momento.